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Sci di fondo

Testa e cuore: a Val Mustair Federico Pellegrino è diventato grande

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Da Davos a Val Mustair, un piccolo passo geograficamente parlando (poco più di 70km), ma un gigantesco passo per Federico Pellegrino. Non sarà sbarcato sulla Luna, ma il valdostano è certamente entrato in una nuova dimensione grazie alla straordinaria vittoria in terra elvetica, per come è arrivata e per cosa ha significato. Nessun italiano aveva mai raccolto due successi consecutivi nello stesso format di gara, a testimonianza della grande qualità raggiunta da Chicco nella velocità. Ma, soprattutto, Pellegrino ha lanciato un chiaro segnale ai big della disciplina: considerarlo un outsider, ora, rappresenterebbe un grave errore.

Come ha sottolineato lo stesso azzurro nelle dichiarazioni post-gara, d’altronde, questa è la vittoria della certezza”, perché dopo quanto fatto vedere a Davos tutti – tra tifosi, appassionati ed addetti ai lavori – attendevano con ansia una conferma dal nuovo Federico Pellegrino. Probabilmente per la prima volta in carriera, rimanendo nei confini della Coppa del Mondo, il poliziotto di Nus partiva infatti con i favori del pronostico: vuoi per l’assenza di qualche sprinter di alto livello, vuoi per un tracciato evidentemente adatto alle proprie caratteristiche, in virtù del podio già conquistato nel 2013, vuoi in particolare per la grande condizione fisica dimostrata anche in una gara non sua, ovvero l’inseguimento in classico di Oberstdorf (dal 56° al 32° posto finale). L’uomo più atteso, di fatto, era lui. Dopotutto, è inutile nascondersi dietro un dito: non vederlo salire quantomeno sul podio sarebbe stata una grande delusione, visto il talento e i tanti piazzamenti conquistati nell’ultima stagione e mezzo. Con la vittoria di Davos, però, il 24enne (è bene ricordarlo…) ha compiuto quel definitivo salto di qualità anche a livello mentale, aggiungendo al puzzle anche quel tassello fondamentale per diventare un big anche nella testa. Nelle gambe, peraltro, lo era già da tempo.

Una metamorfosi capace di stupire anche Giuseppe Chenetti, abituato da sempre ad assistere alle imprese della squadra italiana azzurra: ” Federico ha corso in modo intelligente ogni manche, dando grande impressione di sicurezza. Mi è sembrato di rivedere le vittorie italiane dei tempi d’oro, evidentemente il ragazzo sta acquisendo grande fiducia nei propri mezzi”. E la consapevolezza, si sa, è un’arma fondamentale per poter primeggiare e per poter risalire la china anche nelle situazioni più intricate. Come quella di oggi del resto. Perché non si recupera un tale svantaggio da uno come Martin Johnsrud Sundby (fuoriclasse a 360 gradi) solo ‘facendo andare’ le gambe, oltre a bruciare un fenomeno della velocità come Petter Northug nel rush finale. No. Servono nervi saldi, freddezza e una dose massiccia di coraggio. Testa e cuore insomma, proprio dove ha indicato Federico dopo aver tagliato il traguardo. Testa e cuore per la seconda vittoria in carriera, ma la prima da vero big.

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daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

Credit Fisi

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