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Sci alpino: tra trionfi e caprioli, l’epopea di Ghedina sulla Saslong

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Il confine che porta un atleta a far parte del mito dello sport, e non solo della storia, non è dato dai risultati. Né dalla loro quantità, né dalla loro qualità: no, il mito è qualcosa che va oltre le medaglie, le coppe, i trofei. Il mito è dato dalla personalità, dal carattere, soprattutto dai gesti, magari istintivi, che consacrano uno sportivo per i secoli a venire. Kristian Ghedina è un mito dello sport: per la spaccata fatta a Kitzbühel, più che per le tredici vittorie in Coppa del Mondo e le tre medaglie mondiali.

Prima di diventare mito, Kristian era già storia. Storia della discesa e della Val Gardena in modo particolare: quattro vittorie sulla Saslong, al pari di Franz Klammer e Michael Walchhofer, lo rendono il re assoluto della pista che scende verso una delle valli più spettacolari dell’intero arco alpino. Del resto Ghedina era un discesista straordinario: aveva una sensibilità, una propensione alla scorrevolezza con pochi eguali. Mai un minimo dubbio sui salti…anche perché altrimenti non avrebbe provato quella spaccata. E linee sempre efficaci in curva, magari estratte dal cilindro all’ultimo, con un colpo di genio, altre volte più pulite, più studiate, più meticolose. Nel 1996 si mette dietro Luc Alphand e Josef Pepi Strobl; nel 1998, sono Lasse Kjus e Werner Franz a fargli compagnia sul podio; nel 1999, ancora Strobl ed Ed Podivinski. E forse è questa la vittoria più straordinaria, con ben un secondo e trentacinque centesimi sull’austriaco, a testimonianza di una gara dominata dal primo all’ultimo metro, di passaggi fatti ad occhi chiusi. Poi, siccome comunque alla storia ci tiene, il Ghedo completa il poker beffando ancora Kjus e l’altro azzurro Kurt Sulzenbacher nel 2001. L’ultimo successo in carriera, guarda caso sulla Saslong.

Ma non l’ultimo passo verso la porta del mito, che si era già aperta nel gennaio 2004 con l’acrobazia sulla Streif. A dicembre dello stesso anno, la sua penultima stagione in Coppa del Mondo, si lancia ancora dall’amata pista gardenese. No, la vittoria non può arrivare stavolta. Tuttavia, Madre Natura decide ugualmente di fargli un regalo inaspettato. E nello schuss finale, affianco al Ghedo, mozzando il fiato a milioni di spettatori, s’affianca un magnifico capriolo. Corrono assieme, per pochi secondi, regalando un’immagine ancora oggi nella mente e nei cuori di ogni appassionato. Il capriolo porta fortuna: un mese dopo, Kristian sale sul podio nella libera di Chamonix, per l’ultima volta in carriera. A 35 anni e 49 giorni, diventa il più vecchio di sempre tra i primi tre di una gara del massimo circuito. E pazienza se, poco meno di un anno dopo, Fredrik Nyberg gli porterà via quel primato. Perché lo svedese è un pezzo di storia dello sci, Ghedina è mito. 

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foto: pagina Facebook Kristian Ghedina

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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