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Sci Alpino

Sci alpino: il ritorno del Diavolo

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Numeri attorno al 70 non li vedevo dagli esordi“: Cristian Deville ha raccontato così, al Trentino Corriere Alpi, lo stupore per il pettorale con cui si è trovato a partire domenica a Levi. Eppure, essersi trovato tanto indietro nella start list deve averlo motivato a mille, perché sulla pista lappone si è rivisto il vero Diavolo della Val di Fassa,  quello che nel gennaio 2012 – non un’epoca fa – vinceva a Kitz.

Già, se la discesa della Streif è mitologica, anche lo slalom della Ganslern non scherza; e quell’anno Cristian metteva insieme altri tre podi (Beaver Creek, Flachau, Kranjska Gora) chiudendo al quarto posto della coppa di specialità, dietro a Marcel Hirscher e davanti a Stefano Gross. E chi vince a Kitzbühel, non può diventare scarso: può avere tutti i problemi del mondo, fisici, di convinzione o di materiali, ma non perde il talento. Pensate alla sensazione frustrante che il trentatreenne finanziere deve aver provato alla fine della passata stagione, quando non si qualificò nemmeno alla finale di specialità alla quale accedono i migliori 25 della disciplina: come ammette lui stesso in quell’intervista al Trentino Corriere Alpi, la parola “ritiro” gli è passata per la testa. Ma è stato più forte l’urlo “non voglio smettere con questo ricordo”.

Il Cristian Deville che conosciamo è quello visto a Levi, quello che si lancia senza paura e non si accontenta di una banale – per quanto possa esserlo col pettorale 70 – qualificazione alla seconda manche, ma si prende tutti i rischi del caso, risale passo dopo passo, arriva a sfiorare i primi dieci, come non gli era capitato per tutto lo scorso inverno. Davvero, il Diavolo non poteva chiudere la propria avventura con quel triste anonimato di fondo classifica, con quelle classifiche FIS impietose che gli hanno “regalato” quell’assurdo numero di partenza. Ha cambiato materiali, chiudendo un sodalizio storico con Völkl e passando a Blizzard. E s’è rialzato, sorretto dall’affetto dei suoi tifosi e della gente della Val di Fassa. Perché la sua storia deve avere una conclusione degna da re di Kitz.

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foto: Cristian Deville official fanpage

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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