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L’Italia e l’equitazione, un passato glorioso ed un futuro da scrivere

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Con sette ori, nove argenti e sette bronzi, l’Italia figura all’ottavo posto delle nazioni più medagliate nella storia dell’equitazione alle Olimpiadi. Un bottino frutto di un passato glorioso, che stenta a rinnovarsi negli ultimi anni, e che quindi vede questo palmarès per ora congelato dall’edizione di Monaco 1972.

Andando in ordine cronologico, l’Italia fece la sua prima apparizione su un podio olimpico a Parigi 1900, quando questo sport esordì nella rassegna a cinque cerchi. Allora, il sottotenente Giovanni Giorgio Trissini si aggiudicò l’argento nel salto in lungo e l’oro nel salto in alto, a pari merito con il francese Dominique Gardères, divenendo anche il primo campione olimpico italiano della storia.

Ad Anversa 1920, invece, il grande protagonista azzurro fu Ettore Caffaratti, bronzo individuale al completo e medagliato con la squadra sia nel completo (argento) che nel salto ostacoli (bronzo). Nel salto ostacoli individuale, inoltre, vi fu la doppietta con Tommaso Lequio di Assaba che vinse l’oro davanti ad Alessandro Valerio. Lo stesso Lequio Di Assaba fu argento individuale nel salto ostacoli e bronzo a squadre nel completo a Parigi 1924.

L’Italia tornò protagonista a partire dal 1954, quando a Stoccolma iniziò l’epopea dei fratelli Piero e Raimondo d’Inzeo, entrambi capaci di collezionare sei medaglie olimpiche tra l’edizione svedese e quella di Monaco 1972, compreso l’oro individuale di Raimondo a Roma 1960 proprio davanti al fratello.

Nel frattempo l’Italia continuò a brillare anche nel completo, e nel 1964, a Tokyo, Mauro Checcoli vinse l’oro sia individuale che a squadre, mentre a Monaco 1972 Alessandro Argenton fu, nomen omen, argento. L’ultima medaglia d’oro arrivò proprio nella città bavarese, con Graziano Mancinelli che si laureò campione olimpico del salto ostacoli.

Quarant’anni dopo le ultime medaglie, a Londra 2012, l’Italia non è ancora riuscita a rimpinguare la propria bacheca olimpica. Ed, in prospettiva, visti anche i risultati dei recenti World Equestrian Games, non sembrano esserci le basi per rompere il digiuno a Rio 2016, competizione per la quale gli Azzurri non hanno ancora ottenuto la qualificazione in nessuna delle tre specialità in programma. Difficile sapere quale sia la ricetta per riportare l’Italia ai fasti del passato, ma certamente sarà necessario puntare su un gruppo di atleti di alto livello per un futuro a lungo termine, magari in vista di Tokyo 2020, quando i binomi azzurri ritroveranno quella terra dove fecero tanto bene nel 1964.

 

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Immagine: cavalcando.it

giulio.chinappi@olimpiazzurra.com

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