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Editoriali

‘Italia, come stai?’; canoa: giovani in crescita, ma il mondo è lontano

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Va in archivio un fine settimana che lascia un velo di nubi sulla canoa italiana, alla vigilia di 14 giorni in cui atletica e nuoto diranno moltissimo sulla reale consistenza del movimento olimpico tricolore.

Mondiali di Darmouth 2009. Josefa Idem conquista la medaglia di bronzo nel K1 500 metri. Ad oggi resta l’ultimo podio iridato della canoa azzurra in una distanza olimpica. I fasti degli anni Novanta (tre volte tra le prime cinque del medagliere nel decennio 1991-2001) appaiono ormai un ricordo sbiadito, mentre nel Nuovo Millennio i successi dell’intramontabile (ed irripetibile) Idem hanno messo il paraocchi ad un panorama che solo con il ritiro della fuoriclasse italo-tedesca è apparso in tutta la sua inquietante realtà.
Senza voler dar vita ad alcun processo di sorta, i fatti testimoniano come il difficile progetto di rinnovamento iniziato dal direttore tecnico Mauro Baron sia ancora ben lungi dall’approdare ad un livello di competitività tale da poter quanto meno impensierire grandi potenze del remo come Ungheria, Germania e Slovacchia.
Parlare di possibilità di podio verso Rio 2016 appare attualmente utopistico e fuori luogo. La realtà dice che qualificarsi ai Giochi sarà tutt’altro che agevole (clicca qui per i criteri), come testimonia la totale assenza di imbarcazioni italiane nelle finali ‘olimpiche’. 
Inatteso e fragoroso il naufragio del K4 1000 metri di Nicola Ripamonti, Albino Battelli, Mauro Crenna e Alberto Ricchetti, costantemente tra i migliori otto nella stagione di Coppa del Mondo (e non così distanti dai big), prima di evaporare proprio nell’appuntamento cardine dell’annata. Uno smacco difficile da assorbire per l’Italia e per lo stesso Baron che aveva riposto grandi speranze e aspettative nella ‘barca ammiraglia’.
Prosegue invece il percorso di crescita di Dressino-Torneo (K2 1000), N. Craciun-Santini (C2 1000) e Rizza-Florio (K2 200, questi ultimi fuori dall’atto conclusivo per 52 millesimi), giovani che hanno già lasciato intravedere delle potenzialità interessanti, ma attualmente ancora un passo indietro rispetto ai mostri sacri delle rispettive specialità. Tanta sfortuna, poi, per l’italo-rumeno Sergiu Craciun, fuori dalla finale malgrado il quinto tempo assoluto delle semifinali.

Insomma, se il quadro dipinto nella rassegna iridata moscovita appare a prima vista desolante, l’impressione è che l’Italia della canoa non possa (e non debba) essere questa. Eseguite le opportune riflessioni del caso sulle cause che hanno prodotto un Mondiale ben al di sotto dei propositi della vigilia, l’obiettivo primario, oltretutto rimarcato più volte dallo stesso Baron, diventa a questo punto qualificare più barche possibili alle prossime Olimpiadi. Il fatto che i Mondiali che assegneranno i pass a cinque cerchi si svolgeranno all’Idroscalo di Milano nel maggio 2015 potrebbe rappresentare un vantaggio non da poco per i nostri portacolori, con un anno in più di esperienza e spesso esaltatisi in passato grazie al fattore campo.

Molto meno rosea la situazione del settore femminile, dove il vuoto lasciato da Josefa Idem continua a risultare incolmabile. In questo caso la ricostruzione è partita dalle fondamenta e guarda ad una scadenza di lungo periodo. Preoccupano, al di là dei piazzamenti in sé, i pesanti distacchi accusati dalle azzurre nei confronti delle grandi campionesse straniere, lontane anni luce. Servirà tempo e due anni sembrano oggettivamente troppo pochi, mentre per Tokyo 2020 esiste lo spazio per creare una squadra competitiva, magari coinvolgendo proprio la Idem, più volte dichiaratasi disponibile a fornire il suo contributo per la crescita di giovani campionesse in erba.

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federico.militello@olimpiazzurra.com

3 Commenti

1 Commento

  1. Federico Militello

    12 Agosto 2014 at 00:15

    E’ un problema anche di conformazione fisica, indubbiamente. Ma il gap fisico non può sempre rappresentare un alibi. In Italia abbiamo anche noi delle ‘ragazzotte’ perfette per questo tipo di sport, il problema è che spesso non sappiamo reclutarle.

    • Gabriele Dente

      12 Agosto 2014 at 18:03

      Indubbiamente è così. Da noi ci sono grandi pregiudizi sugli sport di fatica. Si pensa che rovinino il fisico femminile. Ora, a parte il fatto che non tutte possono diventare modelle o show-girl, in ogni caso non mi pare (per fare un paragone con discipline affini) che le azzurre del canottaggio abbiano un brutto fisico. Anzi… 🙂
      Secondo me però il deficit non è solo di pura conformazione fisica. Forse è anche una questione di “chi ha iniziato prima”. Non so se mi sono spiegato. Parliamo di paesi dove l’attitudine allo sforzo e alla fatica nello sport sono molto più curati che da noi… Ma su questo penso che ne sai più di me 🙂

  2. Gabriele Dente

    11 Agosto 2014 at 18:29

    Quando i distacchi dalle migliori sono così pesanti, spesso c’è un deficit di forza fisica difficile da colmare a livello senior. Il problema parte da lontano…

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