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Hockey prato, Marta De Guio: “Voglio andare a giocare all’estero. Per Rio…”

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A 26 anni uno sportivo raggiunge il momento di massimo splendore della sua carriera, anche per Marta De Guio è così. La ragazza sarda, capitano dell’Amsicora e perno fondamentale della nazionale di hockey prato femminile di Fernando Ferrara, si è raccontata in esclusiva ad Olimpiazzurra.

Come hai iniziato a giocare ad hockey?

“Ho iniziato a giocare a 12 anni grazie ad un’attività di promozione alle scuole medie, prima facevo calcio e atletica, sempre in ambito scolastico. Non conoscevo assolutamente l’hockey su prato, ma dopo poche lezioni a scuola me ne sono innamorata e ho iniziato il mio percorso nelle giovanili dell’Amsicora”.

Da capitano, come valuti la stagione dell’Amsicora, seconda in campionato?

“Valuto questa stagione come una delle migliori. Abbiamo migliorato partita dopo partita e c’è stata una crescita reale e visibile soprattutto nella seconda parte. La società ha investito molto ingaggiando due nuovi attaccanti che si sono dimostrati fondamentali, Gloria Scenna e Olena Derkach, oltre a confermare il nostro centrale di centrocampo Maryna Vynohradova. Reputo importantissimo aver centrato il 2º posto perché ci dà la possibilità di andare a disputare il Challenge il prossimo anno, dove incontreremo altri club provenienti da tutta Europa. Rimane certo il rammarico per non essere riuscite a riportare lo scudetto in terra sarda (manca da 27 anni), pur arrivando prime in campionato, ma si sa, le finali sono una storia a parte. Nella finale contro l’HCU Catania è mancata lucidità in fase offensiva e nella scelta dei corner corti, ma sicuramente non siamo state inferiori, e questo, in una visione di crescita, a parer mio è molto importante”.

Qual è il tuo giudizio sull’hockey italiano?

“L’hockey in Italia è ancora poco conosciuto e Il livello è medio/basso forse perché si comincia a giocare tardi, anche se devo dire che ultimamente vedo passi avanti in ambito di promozione. Molti ragazzi/e quando vengono a contatto col mondo hockeystico praticano già un’altra attività, quindi inevitabilmente quando crescono e gli impegni scolastici e sportivi si fanno più impegnativi, devono decidere su quale disciplina concentrarsi e spesso l’hockey viene messo da parte. C’è una carenza importante sul piano tecnico e questo purtroppo può essere modificato solo avendo molta pazienza e improntando tipologie di allenamento che diano più spazio allo sviluppo della tecnica individuale oltre che alla tattica collettiva. La differenza più grande rispetto agli altri paesi è il numero delle squadre ed il modo in cui è strutturato il campionato (l’A1 femminile ormai è composto solo da 7/8 squadre, quindi massimo 14 partite in un anno, oltretutto divise tra andata e ritorno). Ci sono Paesi come la Germania che giocano partite di campionato sia il sabato che la domenica e questo aumenta in maniera consistente il numero di partite giocate”.

Lo scorso anno la nazionale femminile (con te protagonista) ha disputato una World League e un Europeo fantastici: cos’hai provato nel 2013 strepitoso in azzurro?

“Il 2013 in azzurro è stato un anno davvero importante. Con il primo posto maturato alla World League 2 abbiamo avuto il pass per la WL3 di Londra che abbiamo disputato alla fine di giugno. La qualificazione al Mondiale ci è sfuggita per una sola partita, ma abbiamo giocato alla pari di nazioni che vantano squadre professioniste e che si allenano tutto l’anno insieme, questo deve far capire quanto potenziale c’è ancora. È stato un anno di soddisfazioni: a luglio, a Cambrai, abbiamo vinto l’Europeo di pool B. Vittoria che ci porterà a disputare l’Europeo di massima serie nel 2015 dove incontreremo nazionali come Olanda, Germania e Inghilterra. Poter indossare la maglia azzurra per me è motivo di orgoglio e non nego che cantare l’inno d’Italia stretta alle mie compagne è un’emozione indescrivibile. Quel “SI” gridato a squarciagola alla fine è carico di tutte le speranze, i sogni, il sacrificio e il lavoro di ogni singolo componente della squadra”.

L’Italia con alla guida Fernando Ferrara si sta sempre più “argentinizzando”, cosa ne pensi?

“Su questo tema so che c’è molta critica dal mondo dell’hockey italiano. Sento di tutto e leggo di tutto. Ritengo che la qualificazione alle Olimpiadi del 2016 solo con le nostre forze “interne” non sia possibile. La qualità delle giocatrici italoargentine di anno in anno è sempre più alta e questo è fondamentale in vista degli impegni che ci aspettano nei prossimi due anni. Sento dire che questo tipo di gestione non porterà a niente di utile e che si potrebbe fare in modo di allenare le italiane “doc”. In quanto tempo si potrebbero avere giocatrici del livello di queste ragazze? Quante ragazze sarebbero disposte a lasciare da parte la loro vita e dare disponibilità completa? La soluzione forse ci sarebbe, ma non certo per obiettivi imminenti come Rio. Si è optato per questa soluzione per cercare di raggiungere l’obiettivo nel minor tempo possibile, il tutto per garantire al nostro sport visibilità, sponsor e più tesseramenti, ovvero “ossigeno” in termini economici e possibilità di avere un bacino di giocatori più ampio a cui attingere”.

Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?

“I miei progetti per il futuro al momento sono due: terminare l’università e andare a giocare all’estero. Sto frequentando l’ultimo semestre della specialistica in scienze motorie, poi vorrei andare a giocare fuori dall’Italia, per ora penso all’Europa, ma mio fratello maggiore vive in Australia e non mi dispiacerebbe, tra qualche anno, cogliere l’occasione di andare a trovarlo e magari cercare un club dove poter continuare a giocare a buon livello”.

Ultima domanda: anche tua sorella gemella Giulia gioca ad hockey, carriere parallele le vostre, sempre insieme sia in nazionale che all’Amsicora, qual è il vostro rapporto?

“Il mio rapporto con Giulia è davvero unico, ci vogliamo un mondo di bene, ma se litighiamo lo facciamo alla grande: insomma un “odi et amo” fraterno. È capitato in passato che stessi fuori qualche settimana e la cosa più bella nel tornare era sapere che lei sarebbe stata lì ad aspettarmi sulla porta di casa pronta ad abbracciarmi. Oltre all’hockey non abbiamo molti altri interessi in comune e lei è molto impegnata perché studia medicina (le mancano 6 esami) quindi, soprattutto in periodo di esami, capita spesso che ci si veda solo la sera tardi al campo. Sappiamo bene che non potremo stare sempre insieme, un giorno ognuna di noi due prenderà la sua strada, ma il nostro rapporto non cambierà, ne sono certa”.

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gianluca.bruno@olimpiazzurra.com

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