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Beach Volley

Beach volley. Le motivazioni della sentenza della CAF sul ricorso respinto di Greta Cicolari

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Pubblicato ieri sul sito della Fipav il testo con le motivazioni per cui la CAF ha respinto il ricorso di Greta Cicolari contro la squalifica di sette mesi. Eccolo in versione integrale.

Riunione dell’8 maggio 2014

Presidente:                              Avv. Antonio Ricciulli
Vice Presidente:                     Avv. Massimo Vergara Caffarelli
Componente:                          Avv. Fabio Gullotta (relatore)

CAF/12/2014 – Appello dell’atleta Greta Cicolari avverso la decisione della Commissione Giudicante Nazionale C.U. n.31 dell’11 marzo 2014 mediante la quale è stata comminata la sanzione della sospensione da ogni attività federale per mesi sette, da scontarsi alla scadenza del periodo di sospensione già precedentemente comminato per altro procedimento.

La CAF
– Letti gli atti ed esaminati i documenti
– Udite le richieste della Procura Federale, rassegnate dal Procuratore avv. Giorgio Guarnaschelli, che ha concluso per il rigetto del gravame.
– Udito il difensore dell’appellante, Avv. Michele Pontecorvo, che ha concluso per l’accoglimento dell’appello.

* * * * *
Con ricorso in appello datato 25.2.2014, l’atleta Greta Cicolari adiva questa Commissione chiedendo il riesame della decisione adottata 11.3.2014 dalla Commissione Giudicante Nazionale nei propri confronti, in relazione ai capi di incolpazione regolarmente contestati dalla Procura Federale con relazione ex art. 72 Reg. Giur.
La CGN, in ordine a tali fatti, deliberava di procedere all’instaurazione del procedimento disciplinare e disponeva la convocazione per l’udienza del 24 febbraio 2014, nella quale l’incolpata compariva di persona unitamente al legale di fiducia Avv. Michele Pontecorvo.
Il procedimento si concludeva con la condanna della Cicolari alla sospensione da ogni attività federale di mesi sette, da scontarsi alla scadenza del periodo di sospensione già precedentemente comminato per altro procedimento.
A fondamento dell’istanza di riesame l’atleta articolava due distinti tipi di doglianze. Sul capo A, in particolare, la Cicolari assumeva che il proprio pensiero non fosse stato fedelmente riprodotto dal giornalista Adriano Stabile, responsabile di avere stravolto le dichiarazioni rilasciate in seno ad un’intervista telefonica e successivamente riportate dallo stesso giornalista sul portale web “Roma Post” in modo non coerente rispetto quanto dall’atleta riferito.
Sotto tale profilo, ad avvalorare la propria tesi difensiva, l’appellante depositava altresì il testo di una propria e-mail datata 18-04-2014 e indirizzata al giornalista, Adriano Stabile.  Con tale e-mail la Cicolari invitava il giornalista a chiarire quale fosse realmente il senso
delle dichiarazioni a suo tempo rilasciate.
Con e-mail di risposta datata 18-4-2014, dopo circa un’ora dall’invio della precedente da parte della Cicolari, il giornalista chiariva quale dovesse essere il senso delle dichiarazioni rese dalla Cicolari e manifestava la propria disponibilità ad una eventuale comunicazione congiunta di chiarimento.
Va premesso che nel procedimento d’impugnazione (cfr. art. 90 n. 3 R.Giur.) possono proporsi nuove prove o richiedere ulteriori accertamenti unicamente quando la necessità sia emersa successivamente alla conclusione del giudizio di primo grado.
Orbene, alla luce del tenore inequivoco delle contestazioni ricevute dalla Procura Federale già nella fase d’indagine, pedissequamente replicate nei capi d’incolpazione oggetto del procedimento dinanzi la CGN, deve escludersi che la “necessità” di procurarsi e/o di produrre lo scambio epistolare in questione (la cui mancanza, non a caso, è stata espressamente censurata e valutata ai fini del decidere da parte del primo Giudice, come detto nella parte motiva della decisione impugnata) sia “emersa” solo successivamente al concludersi del primo giudizio, con quanto ne consegue in ordine all’inammissibilità dell’allegazione in esame, avvenuta, per la prima volta, nel presente grado di appello.
Del resto, a prescindere dall’ammissibilità o meno di tale documento – di cui la Commissione Giudicante Nazionale non ha potuto tener conto perché evidentemente di formazione successiva – resta il fatto che le dichiarazioni contestate all’atleta risalgono al 2013 e che essa, prima della condanna, o comunque prima del 18-04-2014, mai ha ritenuto di attivarsi presso l’organo di stampa per smentire o chiedere di meglio chiarire il senso e la portata delle affermazioni rese durante l’intervista.
In altri termini, risulta innegabile che la tesserata non ha avvertito, anteriormente alla condanna, l’esigenza di rettificare ovvero prendere le distanze dalle dichiarazioni che, a torto o a ragione, le erano state attribuite.
Il vunlus rappresentato dal discredito della FIPAV, assimilata ad una consorteria di stampo mafioso, si era già verificato con gravi conseguenze agli occhi della collettività, anche fuori dal contesto meramente sportivo e ben oltre i confini nazionali.
La tardiva richiesta di chiarimento rivolta al giornalista, che ha manifestato la propria disponibilità in tal senso, non può in nulla modificare la situazione che si è creata a seguito dell’intervista pubblicata, che ha creato un ingiusto discredito della Federazione innanzi a coloro che seguono l’attività federale e lo sport che la Federazione è impegnata a diffondere.
Vi è da notare, poi, che la missiva rappresenta un mero atto interno tra la tesserata e il giornalista e non ha avuto alcun risalto presso quanti hanno appreso le dichiarazioni rilasciate dalla tesserata, la cui diffusione è avvenuta con ben altra ampiezza e risonanza.
Pertanto, anche a voler prescindere dalla tempestività o meno di tale deposito documentale, appare insormontabile il problema dell’inidoneità di una simile corrispondenza interna a giustificare il comportamento sino a quel momento tenuto dall’atleta.
La gravità della affermazioni adoperate e la mancanza di un’immediata smentita, si pongono indubbiamente in violazione dei principi di lealtà e correttezza stabiliti dall’art. 16 dello Statuto FIPAV nonché dall’art. 19 R.A.T. e dall’art.2 Codice Comportamento Sportivo CONI.
Quanto al secondo capo d’incolpazione, va detto come in primo grado la Cicolari sia stata prosciolta, per insufficienza della prova raggiunta nel corso del giudizio, dall’accusa più grave; quella cioè di avere illecitamente registrato il contenuto della riunione tenutasi in seno alla FIPAV
L’autore della registrazione è infatti rimasto ignoto. 
La sanzione è stata invece quantificata ed irrogata solo perché all’atleta è stata contestata la divulgazione del contenuto di quella registrazione abusiva; addebito che rispetto al primo capo di incolpazione, per la sua diversa natura e minor attinenza alla sfera strettamente sportiva, ha comunque concorso, sia pure in misura marginale, a determinare la pronunzia di condanna.
Visto che l’accusa non si sostanzia in altro se non nell’avere poi diffuso il contenuto dell’incontro illegittimamente registrato, a nulla valgono le difese svolte dalla Cicolari in ordine alla durezza e aggressività del comportamento che assume tenuto nei propri confronti da altri tesserati FIPAV non essendovi alcuna immediatezza tra quest’ultimo fatto e la condotta disciplinarmente rilevante tenuta dalla Cicolari stessa.
La scusante dell’asserita illegittimità del comportamento tenuto da altri non può valere a giustificare un comportamente obiettivamente illecito tenuto dalla tesserata a distanza di tempo ed a mente lucida.
Ed invero il contenuto della discussione è stato dapprima pubblicato sul web dal Sig. Alessio Cicolari e successivamente condiviso da Greta Cicolari, il cui sito è frequentato con assiduità dai suoi numerosi appassionati.
E’ quindi fuor di dubbio che la tesserata si sia appropriata del materiale illecitamente formato e lo abbia divulgato non nell’immediatezza dell’aggressione che assume avere subito, ma in epoca successiva. Ne consegue che l’addebito che le è stato mosso limitatamente dalla diffusione di tale materiale non viene scalfito in nessun modo dalle difese svolte dalla Cicolari.
Le sanzioni inflitte sono infine coerenti con la natura e la gravità delle contestazioni. 

Per tali motivi la CAF

RESPINGE 

L’appello proposto da Greta Cicolari confermando la sanzione irrogata dalla Commissione Giudicante Nazionale.

Dispone incamerarsi la tassa ricorsi.

F.to Il Presidente
Avv. Antonio Ricciulli

AFFISSO 26.05.2014

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