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Sochi 2014, le 6 medaglie ora non siano un alibi

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Un solo bronzo nella giornata decisiva dell’Olimpiade azzurra, quella che avrebbe potuto far assumere al medagliere una fisionomia di tutt’altro spessore in vista dei bilanci finali.

Che l’Italia giungesse in Russia senza grandi chance di portarsi a casa un oro era cosa nota da tempo. Non a caso, la stessa Olimpiazzurra aveva assegnato 8 podi al Bel Paese nel ‘medagliere virtuale’ della vigilia, ma con nessuna vittoria (clicca qui per prenderne visione). Non siamo stati profetici, semplicemente la realtà parla chiaro: in tutte le discipline, attualmente, c’è sempre qualcuno più forte di noi.

E’ quanto avvenuto, ad esempio, nel gigante femminile di sci alpino. Nadia Fanchini non ha nulla da recriminare, avendo disputato la sua miglior gara stagionale proprio alle Olimpiadi (come accaduto a tanti nostri portacolori, è bene sottolinearlo). Maze, Fenninger e Rebensburg, tuttavia, si sono rivelate migliori, seppur di poco, ed hanno occupato con merito il podio.

In un panorama che ci vede out-sider un po’ ovunque, le reali chance di oro erano oggettivamente due: Arianna Fontana nei 500 metri e Omar Visintin nello snowboardcross. In entrambi i casi, i nostri due alfieri non hanno potuto giocarsela fino in fondo. Arianna, vista l’assenza della fuoriclasse Meng Wang e l’uscita in semifinale di Fan Ke Xin, era la grande favorita della finale della distanza più breve. Purtroppo alla seconda curva è stata incolpevolmente stesa dall’inglese Elise Christie, raccogliendo comunque un argento.
Lo stesso Visintin, leader di Coppa del Mondo, è stato steso a seguito di un contatto provocato dall’australiano Bolton, riportando oltretutto un infortunio che dovrebbe precluderne la conquista della sfera di cristallo: insomma, oltre al danno la beffa.

Ricapitolando, la fortuna forse non esiste o, anche se ci fosse, deve essersi dimenticata dell’Italia, ricordando anche i 6 centesimi che hanno diviso Christof Innerhofer in discesa.

La Dea Bendata forse ha deciso di porci una mano…bronzea, come dimostra il podio delle ragazze dello short track, quarte all’arrivo, ma avanzate dopo la squalifica della Cina. Sulla carta le azzurre, vista anche la condizione non ottimale di Martina Valcepina, erano la quarta forza in campo, dunque si può sorridere per un risultato non scontato alla vigilia.

Un podio che fa salire il numero degli allori a sei, migliorando il bottino di 4 anni fa, ma non il medagliere attuale che ci vede tristemente al 20mo posto.

E’ bene poi sottolineare come il 50% delle medaglie conquistate sinora giungano dalla stessa disciplina, mentre soli tre sport ci hanno visto brindare (slittino, sci alpino e short track).

Non vorremmo che il carniere numericamente più ricco di Vancouver venisse utilizzato dai dirigenti e dal Coni per dipingere come positiva una spedizione che (sinora) lo è per atteggiamento generale, ma non per i risultati. Tante, troppe discipline attraversano un periodo buio (bob, skeleton, sci di fondo, speed skating…), in altre non si fa nulla per emergere (in primis freestyle tout court, ma anche curling e hockey ghiaccio dove non siamo neppure presenti), in altre ancora non si intravede un ricambio generazionale all’altezza.

Fermarsi ai numeri e (auto) convincersi che va tutto bene, sarebbe un errore letale.

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federico.militello@olimpiazzurra.com

 

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