Sochi 2014Sport Invernali
Sochi 2014, la domenica delle occasioni mancate
La domenica delle occasioni perse. Del vorrei, ma non posso. O meglio, non riesco.
L’attesa per il superG maschile di sci alpino era elevata. Dopo le due medaglie in discesa e combinata, Christof Innerhofer poteva davvero ben figurare nella disciplina a lui più congeniale. Peccato che la gara dell’altoatesino sia durata due porte, condizionato forse nella testa da un intrinseco senso di appagamento.
Ad uscire sconfitti da questi Giochi sono però Werner Heel e Peter Fill, anche oggi distanti dal vertice e per i quali con ogni probabilità Sochi ha rappresentato l’ultima occasione olimpica nella carriera: a Pyeongchang entrambi sarebbero alle soglie dei 36 anni. In Corea non è affatto detto che ci sia Innerhofer, classe 1984 (nato a dicembre), ma martoriato da endemici problemi alla schiena che ne hanno condizionato la carriera e potrebbero purtroppo sancirne una fine anticipata. Una generazione di Italijet, dunque, volge verso il capolinea. Una squadra che ha raccolto tanto, anche se decisamente meno rispetto al potenziale a disposizione. Un team che ha visto le apoteosi di Innerhofer, capace di agguantare 5 medaglie tra Mondiali e Olimpiadi, i due acuti iridati di Fill (argento in superG nel 2009 e bronzo in supercombinata nel 2011) ed un Heel regredito nel corso degli anni e cui è sempre mancato il guizzo nei grandi appuntamenti.
Difficile, ma non impossibile che questi ragazzi proseguano ancora per un quadriennio, anche se per i velocisti l’esperienza assume un valore determinante. Di sicuro, per non trovarsi scoperta al momento del ricambio generazionale, l’Italia dovrà velocemente correre ai ripari. E’ vero, le prossime potrebbero essere le Olimpiadi di Dominik Paris: ci arriverà a 28 anni, al top della carriera. Ma alle spalle dello sfortunato altoatesino, che quest’anno ha compromesso la sua stagione a cinque cerchi con la caduta in Val Gardena, non si intravedono sostituti all’altezza. Si è un po’ perso Siegmar Klotz, mentre il promettente Mattia Casse ha subito una serie incredibile di infortuni che ne hanno frenato la crescita. In generale, poi, tra i più giovani non si intravedono grandi prospetti. La Federazione dovrà rapdiamente per far sì che l’Italia non torni a vivere la stessa situazione del dopo-Ghedina, quando attraversò alcune stagioni di anonimato o quasi.
La staffetta italiana di sci di fondo ha chiuso quinta con l’amaro in bocca per un bronzo che sembrava alla portata, accentuato dal fatto che sul podio ci sia finita una Francia non certo superiore ai nostri alfieri. Certo, un risultato su cui si sarebbe comunque messa la firma alla vigilia. E questo la dice lunga sul livello attuale dello sci di fondo tricolore, la cui crisi non accenna ad interrompersi. Da Sarajevo 1984 questa disciplina non tornava a casa da un’Olimpiade senza medaglie. A fine stagione servirà un cambio radicale di cultura, mentalità e organizzazione. Siamo rimasti ancorati ai fasti di un passato sempre più lontano, non avendo compreso le dinamiche di uno sport in rapida evoluzione. I nostri atleti ‘distance’ di buon livello sono sempre meno, oltretutto non adatti al format con partenza di massa, ovvero quello che assegna la stragrande maggioranza delle medaglie olimpiche. Gli sprinter, invece, troppo spesso calano alla distanza e con il passare delle batterie. Le strade sono due: o impostare i migliori giovani a disposizione sulla strada della polivalenza, rendendoli competitivi in tutte le distanze; oppure è necessario puntare sulla specializzazione, creando due gruppi di lavoro ben distinti, ma supportati da staff tecnici moderni ed al passo con i tempi. Probabilmente per l’Italia, che al momento non ha un Northug o un Cologna neppure potenziale, la soluzione più fattibile sarebbe la seconda.
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federico.militello@olimpiazzurra.com
