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Sci Alpino

Sci alpino: l’Italia c’è, ma può fare di più

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Certo non si può dire che i tecnici della nazionale azzurra di sci alpino si accontentino. La strigliata del direttore tecnico della formazione maschile, Claudio Ravetto, è emblematica in tal senso: tutti devono rischiare al massimo, in ogni occasione, senza preoccuparsi troppo di contingenti olimpici e senza cercare alibi nelle particolari condizioni di gara.

Chiaro riferimento, quest’ultimo (come del resto specificato dallo stesso allenatore biellese), alla squadra di velocità: la particolarissima discesa di Wengen, su un tracciato dimezzato e su una neve sì dura ma non ghiacciata, ha messo in difficoltà quello che potenzialmente è il team di discesisti più forte al mondo. Con l’eccezione di Peter Fill, settimo solamente a causa di un errore che lo ha privato del podio, gli altri sono sembrati sin troppo lontani dai migliori; ognuno con le sue legittime motivazioni, sia ben chiaro, come un Dominik Paris al ritorno in gara dopo aver saltato le prove di Gardena e Bormio e dunque certamente non al top della condizione. Tuttavia, quando si ha la consapevolezza di poter contare su quattro campioni, perché Peter, Werner, Dominik e Christof lo sono e lo hanno dimostrato infinite volte, sarebbe legittimo attendersi qualcosa di più di un settimo posto, indipendentemente dalle condizioni di gara. A Sochi, d’altronde, non potremo certo aspettarci tracciati troppo favorevoli alle nostre doti…

Nel complesso, forse, gli slalomisti hanno mostrato qualcosa di meglio. Patrick Thaler sorprende gara dopo gara per l’incredibile regolarità ad alto livello che dimostra nonostante l’età; soprattutto, mette in luce una sciata davvero bella, d’alta scuola ma efficace, rischiosa ma in sicurezza. Stefano Gross, si sa, vale più di un dodicesimo posto: tuttavia, sarebbe ingeneroso non notare come nelle ultime prove abbia quantomeno mostrato più cattiveria, più convinzione, più determinazione-anche a costo di sbagliare, come accaduto nella seconda manche-per cercare di ripetere in gara quanto fa in allenamento. Cristian Deville ha fatto quello che ha potuto, nel primo slalom dopo tanti anni affrontato con un pettorale superiore al 30:  certo il fassano non sta vivendo la sua stagione più entusiasmante, ma riparte da un piazzamento nei primi venti per cercare di risalire. Manfred Moelgg è sembrato leggermente più appannato, pur riuscendo a chiudere ugualmente nella top ten, e se un atleta in giornata non ideale riesce comunque ad ottenere certi piazzamenti significa che è un campione. Buio pesto per Giuliano Razzoli: certamente la sfortuna non gli manca, soprattutto sotto forma di guai fisici, ma quattro anni dopo l’olimpionico reggiano sembra ben lontano dallo stato di grazia del periodo di Vancouver.

Insomma, nel complesso la squadra azzurra ha ottenuto buoni risultati anche in questo weekend: ma Ravetto conosce ben il valore dei suoi ragazzi, in ogni disciplina e non solo in queste due, dunque legittimamente chiede ancora di più, soprattutto sul piano dell’approccio mentale alla gara.

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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