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‘Cogito, ergo sport’: L’impresa di An-Nibali sulle Alpi

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“L’uomo vive per lasciare impronte nella neve, nell’illusione di fare traccia di sé”.
Filippo Timi

Ci sono impronte sulla neve che restano fin quando non giungono la pioggia o il vento a cancellarle; ci sono poi quelle impronte che neppure l’inesorabile forza del tempo è in grado di rimuovere.
Un’impresa, quella di Vincenzo Nibali sulle Tre Cime di Lavaredo, le più famose delle Alpi, che resterà come traccia di un passaggio sofferto quanto meritato, che riecheggerà, con quell’arrivo in solitario nella ventesima tappa del Giro d’Italia 2013, per molte nevicate ancora.

Tre Cime di Lavaredo, Giro d'Italia 2013

Le cime tempestose che i campioni del ciclismo mondiale hanno dovuto affrontare lo scorso maggio sono state tormentate tanto quanto l’amore di Heathcliff per la sua Catherine, ed in quei frangenti persino la minaccia incombente di doping, squalifiche più o meno recenti, delusioni che spesso hanno colpito il mondo dei velocipedisti, fa largo alla fascinazione estatica per un trionfo che ha dell’incredibile.
Se le Alpi avessero voce racconterebbero di imprese millenarie di cui sono state protagoniste; non si spingerebbero, forse, al paragone con la traversata cartaginese nel lontano 218 a.C., ma di certo avrebbero percepito lo spirito di grandezza, il sacrificio e la volontà di farcela dello Squalo dello Stretto, il siciliano “maglia rosa” che si è aggiudicato il 96° Giro d’Italia.

Vincenzo Nibali

Vincenzo Nibali

AnnibaleEra autunno quando bufere di neve, piogge violente, raffiche di vento tentavano di ostruire il passaggio a uno dei più grandi condottieri della storia, generale che divenne leggenda per la strategia fantasiosa, prima ancora che vincente, attuata contro i Romani, presi alla sprovvista dall’arrivo di un esercito dalle più alte e insidiose vette del Nord. Nessuno mai avrebbe rischiato tanto, portando con sé 37 elefanti nell’epica valicata delle Alpi della seconda guerra punica, nessuno tranne quell’ingegnoso stratega che, secoli e secoli più tardi, avrebbe trovato in un ciclista siciliano una sorta di erede della sua impresa.

Protagonista sportivo del 2013, An-Nibali si è ritagliato un posto nella storia, riavvolgendo il nastro del tempo a quel Dopoguerra italiano, quando un’intera popolazione correva, soffriva, vinceva e perdeva, pedalava tra il vento e la neve al fianco di Coppi e Bartali, gli eroi del Novecento.

Aprire il nuovo anno con la figura-simbolo di quello appena passato, Vincenza Nibali, è un modo di augurarsi che il mondo dello sport torni ad essere quello di cui lo Squalo è entrato a far parte, il mondo del ciclismo vero, onesto, appassionato, capace di emozionarsi per una falcata, un sorpasso, per l’arrivo al traguardo col viso imbiancato e il pugno rivolto ad un cielo già da ore in festa, fioccante di tanti coriandoli bianchi che hanno contribuito a fare del siciliano la leggenda del 2013 e la promessa di questo 2014.

Vincenzo Nibali

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