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Italrugby, post-Australia: tra note liete (poche) e problemi irrisolti

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Pochissime note liete, peraltro quasi completamente offuscate dai tanti aspetti negativi venuti alla luce durante la sconfitta per mano di una rivitalizzata Australia. E per Jacques Brunel quella appena iniziata potrebbe essere una delle settimane più intense della sua gestione, con numerose falle da turare in vista della delicata sfida contro Fiji, che molto dirà delle reali ambizioni azzurre da qui a febbraio e dei prossimi movimenti nella classifica mondiale. Ma dove dovrà intervenire il tecnico francese? E in che settori, invece, può dormire sonni tranquilli?

COSA VA

Lo scozzese che avanza: a giugno fu la volta di Morisi e Sarto, questa volta a far parlare di sé è quel Tommaso Allan atteso quasi come un Messia per la maglia n°10, con la speranza di aver trovato (finalmente) quello giusto per compiere il salto di qualità. Le premesse – una meta e qualche ottimo spunto – sono confortanti, per un biglietto da visita di tutto rispetto con cui potrebbe aver già convinto Brunel. Per una chance da titolare, probabilmente, è ancora prematuro, ma contro le Fiji ci sono pochi dubbi sul suo impiego, seppur dalla panchina.

L’orgoglio: durante i moti di rabbia e di grinta che contraddistinguono da sempre gli azzurri, raramente l’Italrugby esce dai 22 avversari senza aver marcato punti e, in particolare, mete. Contro l’Australia ne sono arrivate due, certo, a match ormai archiviato, ma – se vogliamo – sono la dimostrazione di come l’Italia riesca ad ottenere qualcosa con la giusta intensità e determinazione. Un dettaglio non trascurabile, su cui Brunel può ancora lavorare.

COSA NON VA

Mischia ko: dopotutto non è nemmeno una grande sorpresa, alla luce delle performance poco brillanti delle mischie di Zebre e Benetton Treviso, rappresentati da sei uomini nel pacchetto iniziale che ha clamorosamente sofferto contro gli avanti australiani, mai al top in questo fondamentale prima dell’avvento delle nuove regole. Quest’ultime, infatti, sembrano aver depotenziato la mischia italica, la storica arma in più della nostra nazionale, rendendola vulnerabile e facilmente attaccabile anche da chi non è certo maestro dell’ingaggio. Al momento, il grattacapo forse principale per Brunel.

I punti d’incontro: un problema che la Banda si trascina dietro dalla tournée estiva in Sudafrica, dove fu surclassata nel breakdown. Evidentemente non si trattò di una tantum, perché a distanza di cinque mesi anche i primi 5 uomini Wallabies hanno dominato gli azzurri nelle collisioni e nelle ruck, rallentando spesso e volentieri gli attacchi di Parisse&co. e uscendo dai punti d’incontro sempre a velocità doppia rispetto ai padroni di casa. Il tutto accompagnato da una preoccupante mancanza di aggressività; insomma, un’Italia lontana parente di quella apprezzata e lodata nemmeno un anno fa.

Difesa ballerina: da Mallett a Brunel, il cambio di mentalità è stato lampante. Maggior propensione al gioco al largo e a fasi offensive ricercate e mai banali, ma un occhio di riguardo in più per l’attacco sembra aver trascurato la difesa, palesemente in difficoltà al cospetto degli scatenati trequarti australiani, contenuti soltanto per i primi 15 minuti. Poi lo sbando, vuoi per alcune scelte di formazione sbagliate da parte di Brunel, vuoi per degli errori di posizionamento della linea grossolani, che hanno spalancato le porte a Cummins&co., vuoi per la troppa voglia di strafare e di scoprirsi, un tipo di rugby che forse l’Italia non può ancora permettersi.

 

daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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