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‘Cogito, ergo sport’: l’Impero di Francesco Totti, il nuovo Cesare di Roma

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“La mia Nazionale è la Roma”.
Francesco Totti

Non è un poeta né un campione d’aforismi Francesco Totti, il “Capitanoper eccellenza, nonostante quella frase, detta in conferenza stampa lo scorso settembre, abbia lo stesso effetto di un’epigrafe d’altri tempi. Verrebbe quasi naturale paragonarla all‘iscrizione sull’Arco di Costantino il quale “vendicò ad un tempo lo stato su un tiranno e su tutta la sua fazione con giuste armi”. Fu addirittura un tedesco come Goethe a scrivere “Roma è la capitale del mondo”, ma qualche tempo dopo è arrivato un giovane del quartiere Appio-Latino, nato e cresciuto nella Urbs Aeterna, a esprimere il proprio spirito patriottico esaltando la sua città attraverso quella che è sempre stata la sua squadra.

 

Totti, Mondiali 2006

Totti, Mondiali 2006

Aveva dodici anni quando, nel 1989, Totti comincia a militare nella squadra giovanile della Roma e da lì molte cose sono cambiate, molte tranne una: la Roma. Cinque volte miglior calciatore italiano, Oro ai Mondiali del 2006, Scudetto nel 2001, pochi giorni fa premiato “Capitano dei Capitani” dell’anno 2013.
230 goal in serie A, stessa maglia giallorossa, Scarpa d’oro e Pallone d’argento, al Bimbo De Oro non manca molto per battere il record del calciatore turco Sait Altinordu che giocò nella stessa squadra per 27 stagioni. Ma qui non si tratta di stabilire primati o sommare premi, bensì di aprire gli occhi su un giocatore che prima ancora del talento lascia emergere la passione per la maglia che non sfocia in un gretto sciovinismo, ma in un amor di patria paragonabile a quella stessa devozione augustea per la propria terra e la propria cultura. La Caput Mundis l’ha sempre considerato una leggenda vivente per la sua tecnica, certo, e la fantasia in campo, per gli storici cucchiai capaci di raggelare il sangue l’attimo prima di riscaldarlo, ma non sottovalutando mai, innanzitutto, quell’attaccamento, quella “devozione” ai colori della Roma.
Totti ha scelto di onorare la maglia per cui ha sempre tifato anche a scapito di eventuali premi individuali, come Palloni d’oro, più conseguibili giocando, ad esempio, nel Real Madrid”, ha affermato Jim Pallotta, presidente dell’ A.S. Roma.

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Nel mondo del calcio non è facile diventare dei simboli in senso assoluto: spietata competizione interna, agonismo spesso violento, esempi inimitabili del passato, concorrenza mondiale esasperata.  Sembra quasi di vedere un mondo corrispondente, tanto vicino nello spazio quanto lontano nel tempo, a quell’immenso Impero romano che in secoli di storia ha vantato le imprese dei più grandi generali e Principi che tuttora rimangono l’emblema di una politica e una condotta difficili da eguagliare. E tuttavia è possibile trovare quelle stesse qualità spostandosi su un piano diverso, su una sorta di universo parallelo, dove a distanza di millenni la nostra generazione ha conosciuto, in un campo di battaglia alternativo, un Cesare, combattivo e spregiudicato, che si è dimostrato un Augusto in tempo di pace, patriottico e aggregante, col numero dieci, come i Re di Roma, l‘instinctu divinitatis di un Costantino nel momento decisivo dei rigori, e una fiducia riposta nei propri compagni come un vero Diocleziano che scelse di governare il vasto Regno con la collaborazione dei suoi fidi tetrarchi.

In un altro tempo forse Francesco Totti sarebbe stato un valente legionario ricordato dagli Annales di Tacito o nella Storia di Livio e avrebbe vestito gli stessi colori sfilando nella celebrazione del trionfo con la toga picta, rossa a strisce oro, ma in questo tempo non servono libri o enciclopedie per esaltare quel giocatore tanto adorato dai tifosi quanto stimato dagli avversari. Persino un interista come Valentino Rossi ha ammesso che “Totti è un grandissimo” e che lo inviterebbe a fare un giro in moto con lui qualora vincesse lo scudetto. Se poi è uno come Pelé a dire che “Francesco Totti è il miglior giocatore del mondo”, non v’è molto altro d’aggiungere.

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Come il vittorioso condottiero Mario, Francesco Totti, in anni di esperienza, con le sue imprese gloriose nel mondo del calcio, le parole di affetto per la propria terra (“Sono cresciuto nella Roma e morirò nella Roma”), le dimostrazioni, nei fatti, del suo attaccamento alla maglia (la firma del contratto con l’A.S. Roma fino al 2017), può vantare oggi un esercito di fedelissimi di cui ha sempre voluto far parte egli stesso perché d’altronde, come qualcuno una volta disse, “ti arruoli nell’esercito solo se non puoi immaginarti a fare nient’altro”.
E Totti nient’altro ha fatto, se non riportare in auge un Impero là dove questo è nato: nella Caput Mundis.

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