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Ciclismo

Ciclismo: AAA cercasi giovani italiani

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Quante volte ci è capitato di dire “quel ragazzo è forte” salvo poi vederlo sparire dalla scena sportiva? Quante volte ci è capitato, in periodi recenti, con i ciclisti azzurri? Quante volte un giovane di buone o ottime speranze fatica una volta passato al professionismo a raccogliere i risultati che ci si potrebbero aspettare?

Sono tanti i nomi che possono venire in mente, ma proviamo a suffermarci sulle cause di questo trend del pedale azzurro. Una motivazione potrebbe derivare dal fatto che rispetto a qualche anno fa sono molte di più le nazioni che si affacciano con molti giovani sul palcoscenico internazionale. Basti pensare all’esplosione avvenuta nei paesi anglosassoni, ormai tra le primissime potenze mondiali, e dal numero sempre maggiore di corridori di spessore provenienti da nazioni come la Colombia, dove sta sorgendo una vera  e propria generazione di fenomeni, da Rigoberto Uran Uran a Nairo Quintana.

A parte Diego Ulissi e Moreno Moser gli altri italiani non riescono a mantenere le aspettative, specialmente nei primi anni di professionismo, e spesso sono coloro meno entusiasmanti a livello giovanile a farsi vedere di più al “piano di sopra”. Anche lo stesso Fabio Aru, che ha un palmares di alto livello da Under23, nei primi mesi tra i pro non ha fatto vedere quello che ci si poteva aspettare. Qualche sprazzo, certo, di classe, ma nulla di significativo ancora. La stagione in corso è ancora all’inizio ma si attendono delle risposte importanti anche da parte del sardo.

Un altra causa potrebbe essere un’eccessiva competitività tra i dilettanti che di fatto fa entrare i giovani nel circuito più importante quando si sentono già arrivati, con degli obiettivi importanti alle spalle avendo vinto da Under. Probabilmente, quello che deve cambiare è quest’interpretazione: le gare juniores e Under devono essere dei trampolini di lancio verso una bella carriera tra i grandi, non una carriera vera e propria.

Foto: bicibg

gianluca.santo@olimpiazzurra.com

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