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Ciclismo

Giro d’Italia 2016: tutto l’amore per lo sport più pazzo del mondo

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Quante volte, ogni appassionato di ciclismo, si è sentito ripetere questa frase: “Ma cosa ci provi a passare ore a guardare 200 persone che pedalano?“. Una risposta non esiste, esiste solo la pazienza di avvicinarsi ad uno sport che assomiglia tanto ad una forma d’arte quanto ad una tradizione popolare, un sport che unisce l’elitarismo del professionismo alla popolarità di una bicicletta. Che sia usata per allenarsi, fare la spesa o sognare anche solo per un giorno di essere circondati dalla folla dei passi alpini poco importa.

La tappa odierna, la 19esima del Giro d’Italia 2016, è la risposta migliore, anche se non l’unica all’interno di questa stagione pensando, per esempio, alla Parigi-Roubaix vinta da Mathew Hayman. Lo svolgersi dei nodi creati nei 18 giorni precedenti, tre ore di pura passione sul Colle dell’Agnello o sul divano. Un Giro che è già finito tre volte e che è ancora aperto a tante, tantissime soluzioni. Una corsa lunga 21 giorni e che, a poco meno di 300 chilometri dalla conclusione, si mantiene ben lontano dal potersi definire chiusa. Un viaggio per i corridori come per gli spettatori, un insieme di insidie e trappole, inconvenienti dietro ogni curva anche per gli inattaccabili.

È quello che è successo oggi alla maglia rosa Steven Kruijswijk. Con il Colle dell’Agnello ormai alle spalle sembrava involato verso Torino, il Trofeo senza fine ad aspettarlo. Un attimo di incertezza, una caduta, un lungo inseguimento. La crisi sull’ascesa di Risoul e il simbolo del primato da abbandonare al colombiano Esteban Chaves. Poi la vittoria di Vincenzo Nibali, la resurrezione dello Squalo che è tornato a volare proprio quando conta di più riaprendo violentemente il suo Giro e mettendosi nelle condizioni di coronare una rimonta da leggenda. E alzi la mano chi si aspettava anche una sola di queste cose per limitarci alle più importanti di questo 27 maggio.

Una scarica di adrenalina senza fine, tutto grazie alla bicicletta. L’amore per il ciclismo non si può spiegare. Va vissuto, apprezzato, conosciuto. E ogni dettaglio, ogni piccolo particolare è una dichiarazione d’amore ad uno sport senza certezze. Una battaglia di 5 ore che si può decidere in pochi decimi di secondo, l’imprevisto che non solo fa parte del gioco ma è previsto per evitare ogni effetto negativo. Il risultato che corre sempre sulla lama di un coltello, l’attesa spasmodica per il finale ad incendiare i cuori e la passione.

Ecco cosa provo a passare tutte quelle ore sul divano o sulla strada in attesa di un effimero quanto indimenticabile passaggio di quei 200 pazzi. 

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gianluca.santo@oasport.it

Twitter: Santo_Gianluca

Foto: Cometto Boschetti

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