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Sci di fondo

Sochi 2014 | Gaia e Federico, è soltanto l’inizio

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Verrà il tempo delle analisi, di capire gli errori commessi e di porvi rimedio. Verrà anche il rammarico per non essere riusciti a compiere quel ulteriore passettino verso le porte del paradiso, ma non oggi, non nel giorno in cui lo sci di fondo italiano ha posto un’altra vera e propria pietra miliare per la rinascita del movimento; non nel giorno in cui Federico Pellegrino e Gaia Vuerich hanno dimostrato di poter prendere per mano l’intera squadra azzurra e condurla verso nuovi (vecchi) orizzonti.

Encomiabile la prestazione del 23enne valdostano per generosità e forza di volontà in ogni turno, dalle qualificazioni sino alla semifinale, nonostante il lungo anello potesse riservargli qualche sgradita complicazione. Ma Chicco ha saputo andare oltre, ha sgombrato la mente da ogni timore e ha spinto finché il fisico lo ha sorretto con la massima intensità, affidandosi più al cuore che alla tattica, in una gara in cui è risultato fondamentale spingere dall’inizio alla fine, senza mai tirare i remi in barca. E Federico ci è riuscito nelle qualificazioni e nel suo quarto di finale, vinto perché, semplicemente, era il più forte. Anche Cologna, con molta probabilità, avrebbe avuto pane per i suoi denti se non fosse caduto contro la tenacia e la caparbietà di un osso duro come il poliziotto di Nus. A spegnere i sogni di finale ci ha pensato l’acido lattico accumulato in due turni massacranti su una pista di immane difficoltà, che ha condizionato irreversibilmente la semifinale ma che non ha intaccato la prestazione complessiva del talento azzurro, l’ancora di salvezza per il fondo maschile negli anni a venire. E poca importanza hanno i tifosi e gli appassionati ‘delusi’ dalla sua mancata finale e, addirittura, da una sua mancata medaglia: confermarsi tra i primi 12 sprinter al mondo, conservando degli ampi margini di miglioramento, è una delle risposte migliori che l’erede di Cristian Zorzi poteva dare.

Emozioni forti, invece, per la prova della trentina, entrata ormai nel cuore di chi ama questo sport per fantasia e talento, per astuzia e coraggio. A Sochi è arrivata per stupire una volta di più il mondo dopo un gennaio da favola e non ha steccato l’appuntamento più importante, regalando un sogno ad una Nazione intera. Il suo rendimento ha seguito una linea diversa rispetto al ritmo tenuto da Pellegrino, con una qualificazione maggiormente controllata, conclusa in tredicesima posizione. La vera Vuerich è saltata prepotentemente fuori nelle batterie, quando ha fatto esplodere (aiutata da un pizzico di buona sorte per il ripescaggio) tutta la sua classe bruciando un fenomeno come Kikkan Randall, potenziale medaglia d’oro ed eliminata proprio dall’azzurra di Predazzo. Un carattere forte il suo, che rispecchia in pieno anche il modo con cui fa viaggiare gli sci: sicura dei propri mezzi, consapevole di poter raggiungere qualunque obiettivo. Anche la finale. Ma è un traguardo che la 22enne vede sfumare per soli due decimi, per un’altra terza posizione questa volta beffarda e magari difficile da digerire a caldo, ma in realtà soltanto il primo passo verso la definitiva maturazione. Che il talento sia esploso, d’altronde, non ci siano dubbi e l’essersi confermata una volta di più tra le migliori interpreti della velocità a skating non è che l’ulteriore prova per testimoniare il volo spiccato quest’anno. E considerando anche i progressi della positiva Greta Laurent, i ritiri di Arianna Follis e Marianna Longa, ora, appaiono sempre meno soffocanti.

daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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