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Filippo Pozzato: “Scelta saggia per Finn, Pellizzari ha margini enormi, Tiberi più adatto alle brevi corse a tappe”
L’edizione numero cinque di Ride the Dreamland, organizzata dalla PP Sport Events di Filippo Pozzato, si è chiusa con un bilancio decisamente positivo. Il Giro del Veneto, la Serenissima Gravel e la Veneto Classic hanno confermato la loro crescita, diventando appuntamenti di riferimento nel calendario di fine stagione del grande ciclismo. A completare il quadro, la novità più importante: la Veneto Women che ha segnato un ulteriore passo avanti verso un ciclismo sempre più inclusivo e completo. Ne abbiamo parlato insieme a Pippo Pozzato che traccia un bilancio e guarda al futuro con ambizione e realismo.
Che bilancio tracci per Giro del Veneto e Veneto Classic, e qual è il percorso per continuare a crescere?
“Il bilancio è sicuramente molto positivo. Quest’anno è andata davvero bene, soprattutto per il Giro del Veneto e la Veneto Classic, che hanno confermato di essere due corse ormai consolidate. La novità della Veneto Women ci tenevamo particolarmente a realizzarla, perché rappresenta un segnale importante per il movimento femminile.
Il percorso di crescita è quello che stiamo seguendo da anni: lavorare sulla qualità organizzativa, sul pubblico e sull’identità delle corse. Forse l’unico vero passo da fare ora è cambiare la data, per collocarci in un periodo del calendario che ci permetta di attirare ancora più squadre e grandi nomi”.
Appuntamento al 2026…
“Assolutamente sì! Tutti insieme formiamo una grande squadra che lavora con un unico obiettivo: continuare a crescere, anno dopo anno. Siamo già al lavoro per il 2026, con tante nuove idee e iniziative che renderanno la nostra “settimana santa” del ciclismo veneto un evento sempre più ricco e coinvolgente, non solo sportivamente ma anche come esperienza per il pubblico e per il territorio. Ci ispiriamo al Giro delle Fiandre, che rappresenta un modello straordinario di cultura ciclistica e partecipazione popolare. Da loro c’è molto da imparare: lì si respira la vera essenza del ciclismo, quella passione autentica che unisce sport, festa e identità. È proprio quella direzione che vogliamo continuare a seguire anche noi“.
Il sogno, prima o poi, è di portare Pogacar a una delle due corse?
“Beh, è chiaro che sarebbe un sogno. Cambiando la data diventerebbe anche più naturale e automatico vedere al via corridori di quel livello. Ma la nostra filosofia è chiara: non vogliamo pagare i corridori per farli venire, vogliamo creare una corsa bella, credibile e con una sua identità. Se poi arrivano anche i grandi campioni, tanto meglio: sono un plus che dà prestigio, ma il nostro obiettivo resta far crescere l’evento in modo organico”.
Del Toro ha dominato con facilità il Giro del Veneto: sarà lui a raccogliere il testimone di Pogacar?
“Del Toro ha fatto un numero straordinario. Parlando con Matxin, mi ha sempre parlato benissimo di lui: è un ragazzo giovane, con un futuro roseo davanti. È chiaro che Pogacar è ancora giovane e non sappiamo per quanti anni continuerà a dominare soprattutto con questa immensa facilità, ma Del Toro ha tutto per diventare uno dei protagonisti dei prossimi anni. È completo, ha grinta e una mentalità da vincente”.
Giulio Pellizzari è stato sesto al Giro e alla Vuelta. Quanti margini di crescita pensi che abbia?
“Giulio ha margini enormi. È un corridore che può fare molto bene e che ha già dimostrato di avere una grande solidità su corse di tre settimane. Mi è dispiaciuto che si sia ammalato, perché avrebbe potuto fare un ottimo Mondiale. Ora arriverà Remco (Evenepoel, ndr) in squadra e bisognerà capire quale sarà il suo ruolo, ma penso che Giulio possa ancora crescere molto e magari puntare a un Giro d’Italia da protagonista, quindi curando la classifica generale, al posto di andare al Tour da gregario”.
Cosa pensi in generale di Lorenzo Finn e della sua decisione di rimanere un altro anno tra gli U23?
“Penso che sia una scelta molto saggia. Spesso si ha fretta di passare tra i professionisti, ma la maturazione nel ciclismo richiede tempo. Lorenzo ha deciso di fare un percorso graduale, come ho fatto anche io quando sono passato prof, quindi di crescere senza bruciare le tappe, che secondo me è la strada migliore. È importante arrivare nel World Tour quando si è davvero pronti, fisicamente e mentalmente”.
Con il “senno di poi”, Ganna avrebbe fatto meglio a rimanere su pista, dove avrebbe potuto ancora vincere tanto?
“È sempre difficile conciliare la doppia attività, soprattutto a livello così alto. Ganna ha vinto tutto quello che poteva su pista e ha deciso di concentrarsi sulla strada per cercare un grande risultato. Credo che sia stata la scelta giusta”.
Stagione ‘no’ invece per Tiberi…
“Antonio è un ottimo corridore, ma credo che definirlo un uomo da corse a tappe non sia corretto. Il ciclismo di oggi è davvero di un’altra categoria: per vincere Grandi Giri bisogna essere dei fuoriclasse assoluti. Tiberi ha qualità, ma forse lo vedo più adatto per le brevi corse a tappe, come una Tirreno per esempio, dove può esprimere meglio le sue doti. Deve continuare a crescere, ma non va sottovalutato”.
