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Sergio Mignardi: “Non solo hockey prato: puntiamo sulla multidisciplina. Problema di impiantistica”
Da Federazione monodisciplinare a Federazione multidisciplinare. Questo è uno dei tanti contributi donati da Sergio Mignardi, personalità da poco confermata alla guida della Federazione Italiana Hockey. L’autorità è stata ospite di Focus, rubrica di approfondimento condotta da Alice Liverani e in onda sul canale YouTube di OA Sport, per parlare del passato e del presente della disciplina fornendo inoltre importanti spunti di riflessione su un grande problema che attanaglia il nostro Paese ormai da tanto tempo: l’impiantistica.
In prima battuta, il Presidente ha svelato parte del suo cammino sportivo che l’ha portato, anno dopo anno, a dedicarsi a ruoli dirigenziali: “La mia è una formazione legata all’educazione fisica. Finito il Liceo ho fatto l’ISEF, poi ho proseguito con altri studi Universitari. Successivamente mi sono impegnato nella formazione CONI. Ho cominciato a giocare in giovane età, quella liceale, ad hockey; a Roma abbiamo perfezionato questa abilità di gioco all’Acquacetosa, il centro olimpico. Siamo diventati con il tempo una bella squadrata: essendo una personalità all’interno del CONI ho deciso quindi di concentrarmi su questa disciplina. Ho dato la mia disponibilità e mi sono specializzato in tecnica e pratica del gioco dell’hockey, all’epoca una specializzazione biennale post universitaria, e sono entrato in Federazione. Sono stato allenatore Nazionale, ho fatto belle esperienze, mi sono dedicato allo sviluppo. Poi qualcuno mi ha consigliato di passare a livelli dirigenziali. Ed eccomi qui, è bene cambiare ruolo con gli anni che passano. Questa Federazione è riconosciuta dal CONI dal 1973, ma la sua storia è nobile ed antica. L’hockey su prato si è diffuso nel mondo grazie alla marina inglese. Dall’Inghilterra sono arrivati il calcio, molto vicino al popolo, poi il rugby che più legato al contesto universitario, e anche l’hockey, all’epoca legato a un contesto di alta borghesia. Al tempo delle Suffragette le donne, per dimostrare di essere uguali agli uomini, fondarono l’Associazione Nazionale Hockey esclusivamente femminile”.
L’hockey su prato, e da Los Angeles 2028 anche il lacrosse, fanno parte di quella grande cerchia di sport meno conosciuti, ma non per questo meno spettacolari di altri: “Chi ha la fortuna di poter vivere i Giochi Olimpici si rende conto che tutte le discipline sono bellissime e particolari; nel gioco dell’hockey il possesso del bastone significa avere un’arma in mano, perché se usato male fa molto male: deve quindi emergere il concetto di abilità, autocontrollo, bravura. Questo significa che è molto educativo. Alcune discipline hanno caratterizzazioni che sono molto utili: con il rugby abbracciando puoi invadere l’aspetto intimo di una persona, tu però in quel contesto lo accetti, questo ti aiuta. Il lacrosse è uno sport riconosciuto olimpico già delle prime edizioni, ora è stato ripreso. Il floor ball sarebbe l’hockey su ghiaccio senza ghiaccio. Noi come Federazione abbiamo preso tre discipline, due di queste olimpiche, in cui c’è un campo, un bastone, una pallina ed una rete per fare goal. Messe tutti insieme aiutano i ragazzi a sviluppare la capacità di convivere in società”.
Un contributo non indifferente sta arrivando invece dal para hockey, fresco di un risultato molto importante in ambito europeo: “Abbiamo costruito il parahockey che è legato al comitato paralimpico. Noi abbiamo questo sport che è centrato sulla disabilità intellettivo-relazionale. La classificazione è legata all’area cognitiva. Il possesso dell’attrezzo aiuta i ragazzi all’autocontrollo. Questo significa che abbiamo la possibilità di far giocare e divertire gli atleti, ma anche di offrire loro una prospettiva educativa. Fortuna ha voluto che è andato tutto bene, siamo Campioni d’Europa. I risultati arrivano grazie alle famiglie, alle società ed alla Federazione. Siamo contenti di far parte di quella categoria di attività sportiva che dà lustro all’Italia. Ascoltare l’Inno dà i brividi perché ti senti emozionato e responsabilizzato. Dietro c’è qualcosa da rappresentare. E bello perché sai che puoi far piacere a tanti connazionali. Nel giro di sei anni abbiamo raggiunto buoni risultati, ora vogliamo estenderlo anche a livello regionale”.
Ma la spada di Damocle di uno sport come l’hockey su prato, ma anche di tanti altri sport minori, è legato alla scarsità di impianti. Ma su questo argomento, Mignardi sembra offrire una soluzione interessante: “Per giocare, serve un tappeto particolare per consentire alla pallina di scorrere bene. Sono molto costosi. Molte volte gli enti locali, i veri proprietari dell’impiantistica, faticano ad accogliere queste esigenze, perché magari la comunità è composta da poche persone. Questo significa perdere delle occasioni, anche perché bisogna spiegare che nel nostro manto sintetico si possono fare altre attività soprattutto giovanili: questo è un argomento che porto quando parlo con le Istituzioni: si possono fare attività atletiche, ludiche, formative e sportive. Bisognerebbe riuscire a convincere gli enti che è importante attrezzare uno spazio, dove è possibile fare diverse attività. Questo contrasta una vecchia idea in cui si tende a fare campi specialistici. Servono invece quelli multidisciplinari. In una comunità un campo multidisciplinare è più gradito. Noi soffriamo questa specializzazione, c’è bisogno di altri spazi. Esempio: se andiamo in una superficie sintetica ed il pelo di questa è alto dieci centimetri escludi tante discipline; più abbassi il pelo, più hai la possibilità di accogliere altri sport. Da noi il pelo non arriva ad un centimetro, quindi possono giocarci quasi tutti. Noi però non possiamo giocare in peli troppo altri perché la pallina non scorre. Andrebbe fatto uno studio di questo tipo per convincere chi di dovere che più l’impianto è multidisciplinare più è utile per la comunità. Vedi ad esempio le Università americane che hanno un campo per tante discipline”.
Anni di sacrificio, progetti, iniziative. Ma per cosa vorrà essere ricordato il Presidente Sergio Mignardi a fine mandato? “Mi piacerebbe essere ricordato come il Presidente che ha fatto evolvere questa Federazione da monodisciplinare a multidisciplinare. Spero che si siano tutti divertiti, io ho fatto il mio tempo anche se farò altre cose. Stiamo lavorando ad una sponsorizzazione internazionale, queste sono le cose che vorrei seguire. L’hockey è presente in Italia da 70 anni, la cultura sportiva dovrebbe porci l’attenzione più spesso. Ma siamo contenti perché stiamo dando la possibilità a tanti giovanissimi ed adulti di dare benessere alla società italiana”.
