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Volley, cosa è mancato agli azzurri nel torneo di qualificazione olimpica a Rio?

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Yuri Romanò

Due tornei a confronto, l’Europeo e quello di qualificazione olimpica a Rio. L’Italia ha chiuso al secondo posto la competizione continentale e non è riuscita ad entrare fra le prime due del torneo in programma al Maracanazinho che semplificava la strada che porta a Parigi 2023. La comparazione non è campata in aria perchè entrambi i tornei presentavano una fase più ampia di partite alla portata degli azzurri e una parte più complicata concentrata in due o tre gare.

Il dato che salta all’occhio è quello dell’attacco. All’Europeo l’Italia ha chiuso il suo torneo con un’efficienza del 57% in fase offensiva. E’ vero che la lunga serie di partite del girone preliminare contro squadre di seconda o terza fascia ha sicuramente alzato questa percentuale ma bisogna dire che anche nelle partite decisive, dai quarti di finale in poi, la formazione di De Giorgi, anche nella finale persa nettamente contro la Polonia, è riuscita a tenere altissimo il livello dell’attacco. Cosa che non è riuscita a Rio, dove solo in un paio di partite, contro Qatar e Ucraina, gli azzurri sono riusciti a superare il 50% di positività in attacco, mentre in alcune partite non sono riusciti ad andare oltre il 45%.

Un calo dovuto in particolare al torneo sottotono di Romanò, non sempre positivo ma anche alla discontinuità degli attaccanti di palla alta, in particolare Michieletto, capace di prestazioni di altissimo spessore, alternate a partite giocate un po’ in affanno. Al calo dell’efficienza offensiva ha contribuito anche un’assenza importante, quella di Russo che è stato sostituito da Sanguinetti e da Mosca che però non sono riusciti a dare l’impulso sperato in termini di qualità in attacco dal primo tempo.

Sorprendente, invece, la crescita di efficienza in ricezione per gli azzurri che hanno faticato di più mediamente nel torneo continentale (chiuso con un 31% di positività) rispetto a quello di qualificazione olimpica dove in diverse sfide hanno superato anche il 50%. Un altro problema di Rio sono state le troppe battute sbagliate a fronte di pochi ace. Se il servizio all’Europeo ha funzionato piuttosto bene, escludendo la finale con la Polonia, a Rio gli azzurri hanno raccolto poco in battuta e sbagliato tanto, regalando interi set (vedi la sfida con Cuba e con il Brasile) ad avversari che non avevano bisogno di essere premiati in questo modo. Sostanziale equilibrio, invece, a muro, con un efficienza di quasi 3 muri di media a set sia all’Europeo che al torneo di qualificazione olimpica.

Un capitolo a parte merita il fattore stanchezza, tirato in ballo più volte durante il torneo di qualificazione olimpica dentro e fuori l’ambiente della Nazionale. Gli azzurri hanno iniziato a lavorare esattamente come tutte le altre squadre che si sono trovate a giocare le qualificazioni olimpiche e questo è il ruolino di marcia degli azzurri confrontato con quello delle altre Nazionali che hanno già staccato il pass per Parigi 2024: Italia 15 VNL, 9 Europeo, 7 Preolimpico. Germania 12 VNL, 6 Europeo, 7 Preolimpico. Brasile 13 VNL, 4 Sudamericano, 7 Preolimpico. Polonia 15 VNL, 9 Europeo, 7 Preolimpico. Usa 14 VNL, 6 Nordamericano, 7 Preolimpico. Canada 12 VNL, 5 Nordamericano, 7 Preolimpico. Si va dalle 31 partite della Polonia e dell’Italia alle 25 della Germania e 24 del Brasile e del Canada, spalmate in 4 mesi: non certo una differenza abissale.

Foto Fivb

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