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Rugby, i Mondiali hanno confermato l’Italia nel limbo: troppo debole per le forti, troppo ‘forte’ con le deboli

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Pierre Bruno

L’Italia del rugby ha chiuso anticipatamente la propria Rugby World Cup non qualificandosi ai quarti di finale. Per gli azzurri tutto come previsto, con le vittorie contro Namibia e Uruguay e le pesanti sconfitte contro Nuova Zelanda e Francia. Un refrain che va avanti da decenni e che conferma che l’Italia del rugby vive in un limbo, dove è troppo debole per le forti e troppo forte con le deboli.

Guardiamo, infatti, ai Mondiali in questo millennio. Nel 2003 l’Italia vinse con Tonga e Canada e venne sconfitta da Nuova Zelanda e Galles. Nel 2007 le vittorie arrivarono con Romania e Portogallo, i ko con Nuova Zelanda e Scozia. Refrain che si conferma anche nel 2011, con i successi contro Russia e Usa e i ko con Australia e Irlanda, mentre nel 2015 l’Italia batté di nuovo Romania e Canada per perdere contro Irlanda e Francia. Infine, nel 2019, arrivarono le vittorie contro Namibia e Canada e il ko con il Sudafrica (con gli All Blacks non si giocò per colpa del tifone).

Insomma, l’Italia chiude regolarmente i suoi Mondiali al terzo posto. Due vittorie abbastanza agevoli contro le due outsider del girone e due ko, spesso pesanti come quest’anno, con le prime due della classe. E, di fondo, il ranking mondiale odierno racconta proprio questo. L’Italia è undicesima, dietro alle cinque compagne di viaggio del Sei Nazioni e le quattro partecipanti della Rugby Championship. Con loro le Fiji a questo giro, mentre dietro gli azzurri tutte le altre nazionali.

Dal 2000, anno in cui gli azzurri entrarono nel Sei Nazioni, la storia non è cambiata. Il gap con le migliori non si è particolarmente accorciato, mentre nessuna delle “altre” ha ricucito il divario con gli azzurri. Certo, negli anni si è vinto con Francia, Irlanda, Galles, Scozia, Australia e Sudafrica; così come si è perso con Georgia, Tonga o Samoa. Ma mai ai Mondiali, cioè dove nessuno lascia nulla al caso. Quando i giochi si fanno seri l’Italia torna lì, nel limbo.

Foto: LaPresse