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Basket, gli USA in questi Mondiali non sono un ‘Dream Team’. Tanti ottimi giocatori di NBA, mancano diverse stelle

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Anthony Edwards

Nella storia del Team USA sono davvero poche le sconfitte a partire dal 1992, cioè il primo anno in cui le stelle della NBA hanno iniziato a giocare anche a livello internazionale con la maglia americana. Da allora, tranne che nel 1998 a causa della serrata dei proprietari che sfociò nel primo dei due lockout della lega professionistica, le stelle d’oltreoceano spesso hanno vinto. Ma non sempre.

E ieri è arrivata l’undicesima partita persa degli States da quelle notti iniziali di 31 anni fa, contro la Lituania. Peraltro, i baltici hanno così raggiunto Argentina e Francia (e Serbia, volendo dare continuità al discorso Jugoslavia) nel novero di quelle selezioni capaci di battere due volte gli Stati Uniti. Ed è accaduto tramite una partita di quelle da ricordare, con percentuali spaventosamente alte, un 9/9 iniziale da tre punti. Il 104-110, checché se ne dica, è espressione di una sola cosa: gli uomini di Steve Kerr per riprenderla hanno fatto di tutto, ma la Lituania di ieri era, semplicemente, su una nuvola.

In questo modo, e a tal punto contro i pronostici, sarà Italia-Stati Uniti. L’uomo che ha fatto la storia dei Golden State Warriors e, da giocatore, di ben precisi momenti dei Chicago Bulls di epoca Michael Jordan, di base ha avuto un’idea interessante, ben proposta anche a livello mediatico. Niente superstar conclamate, dentro giocatori che sono spesso prime o seconde opzioni offensive nelle rispettive franchigie, ma che non hanno ancora guadagnato il rispetto che meriterebbero in NBA. E, soprattutto, nessuna sfilza di rinunce annunciate.

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Tra questi, il go to guy è senza dubbio Anthony Edwards, che si è caricato sulle spalle molte responsabilità. Sarà il ventiduenne prima scelta assoluta al draft 2020 dei Minnesota Timberwolves, 24.6 punti di media nell’ultima stagione NBA e 20.2 finora in questa rassegna iridata, l’uomo da tenere d’occhio più di ogni altro. Passa da lui un’enorme quantità di palloni: si prende quasi 16 tiri di media, il doppio rispetto a chiunque altro nella squadra, che sostanzialmente si affida alle sue mani.

Il capitolo Paolo Banchero è quello che interessa di più in Italia, se non altro per tutta la vicenda che l’ha portato a vestire la maglia a stelle e strisce. Ebbene, la prima scelta assoluta del draft NBA 2022, nonché Rookie of the Year con gli Orlando Magic, è una valida opzione offensiva anche se non la prima. Ha poco meno di 16 minuti di media, una delle minori (di poco), ma li sfrutta bene con 10.2 punti ad allacciata di scarpe. Sono i quintetti con lui, Tyrese Haliburton e Austin Reaves quelli che in genere riescono a rendere di più: in teoria rischierebbe di servire più di un pallone per gestirli, in pratica s’integrano molto bene, fatto non scontato almeno per Haliburton.

Team USA ha in mano diversi piani, ma in generale la Lituania ha messo a nudo il serio problema che c’è a rimbalzo quando manca Jaren Jackson Jr. sul parquet. Sotto canestro è lui quello che in generale si prende le responsabilità, e anche Bobby Portis non è da meno, ma è un po’ particolare che a ricoprire il ruolo di miglior rimbalzista sia Josh Hart, che centro non è, ma guardia-ala. Un dato quasi paradossale, se si pensa al continuo di centri di grande valore avuti in passato dagli States (e chissà se, nel 2024, ci sarà anche Joel Embiid: nella storia del triplo passaporto la scelta è tra USA e Francia).

Reso meno importante del previsto l’apporto di Brandon Ingram, che comunque i suoi oltre 16 minuti di media in campo li ha, diverse sorti passano anche dalle chiavi in mano date a Jalen Brunson, che dai 24 di media a New York è passato ai 10.2 nelle Filippine, ma è utile soprattutto perché ottimo passatore, e dalla vena di Mikal Bridges, che quando si trova in campo ha il potere di essere l’uomo più in grado di dare sterzate positive al gruppo di Kerr.

Ci sono alcuni dati numerici particolari da rammentare: da tre le percentuali non sono spettacolari (36,8%), ma è un dato sporcato dal 26,3% della partita con il Montenegro, che anche se vinta rimane la peggiore degli USA a Manila, tolto l’approccio sbagliato contro la Lituania. Dalla lunetta la percentuale è del 78,3%, la settima del torneo, e sebbene il dato dei rimbalzi dica 39 di media la vera questione è quella messa in piedi dai baltici: se si trovano con dei guai, gli americani devono stare attenti sotto le plance contro giocatori di peso ed esperti.

Foto: fiba.basketball