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MotoGP, per Marc Marquez ha senso proseguire? La ricerca della resurrezione agonistica rischia di portare alla pateticità

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Marc Marquez

“Annamo Libano, è questo er momento de ritirarse. Questo. Quanno se vince”. La frase viene pronunciata nella serie TV capolavoro “Romanzo Criminale” dal personaggio di “Freddo” al suo capobanda e amico “Libanese”. Si parla di affari, ma  il concetto è applicabile anche allo sport. Un punto di vista particolare, quello di pronunciare il proverbiale ‘No mas’ quando si è ancora al vertice, che parte dall’idea di non incappare in alcun declino e lasciare un ricordo mistico di sé.

Se pensiamo al motociclismo, in pochi hanno scelto di comportarsi in questo modo, dicendo addio precocemente. L’esempio più eclatante è quello di Casey Stoner, che nel 2012 smise a 27 anni, quando era ancora all’apogeo. Proprio l’improvvisa e sorprendente decisione dell’australiano, consentì a Marc Marquez di entrare in MotoGP dalla porta principale, il Team Repsol Honda, andando a scardinare gli equilibri della categoria.

Lo spagnolo si laureò Campione del Mondo da rookie, ripetendo un’impresa apparentemente irripetibile, verificatasi per l’ultima volta con Kenny Roberts senior nel 1978. Inoltre, strappò a Freddie Spencer il record di iridato più giovane di sempre. Un ruolo che l’americano sembrava destinato a ricoprire per sempre nel proseguo della storia, di cui invece l’iberico seppe cambiare il corso.

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Marquez ha vinto 6 dei 7 Mondiali messi in palio tra il 2013 e il 2019, in alcuni casi dominando in maniera eclatante e polverizzando qualsiasi primato di precocità. Ci si chiedeva dove avrebbe potuto spingersi e quanto tempo avrebbe impiegato a scavalcare Valentino Rossi. Però, tutto è cambiato il 19 luglio 2020, giorno dell’incidente di Jerez de la Frontera. Da allora, complice anche un recupero oltremodo affrettato, lo spagnolo non è più stato lo stesso.

Non sono mancati i lampi, talvolta abbaglianti, a dimostrazione di una classe ancora intatta al di sotto di una scorza ammaccata e malconcia. Cionondimeno, il guaio non è rappresentato dal declino velocistico, bensì da quello fisico. Ormai da tre anni, il centauro di Cervera è in perenne convalescenza. Ogni qualvolta prova a rientrare, incappa in una nuova (ri)caduta. Gli stop forzati e prolungati stanno diventando troppi per non avanzare la domanda: “Ha senso continuare così?”.

Dal 2013 al 2019 i Gran Premi possono essere divisi in due categorie, quelli vinti da Marquez (44%) e quelli conquistati da tutti gli altri. Dal 2020, viceversa, le gare sono distinte fra quelle a cui Marc ha partecipato (50%) e quelle dalle quali è stato assente.

Il quesito di cui sopra, “ha senso continuare così?”, assume quindi vigore. Se la discriminante passa dalla vittoria alla mera partecipazione, significa aver subito un autentico tracollo nel rendimento, ridottosi di almeno due ordini di grandezza.

Alla luce del ruolo assunto nella storia del Motomondiale, l’interrogativo “ha senso continuare così?” diviene  quanto mai d’attualità. Lui sicuramente ritiene ne abbia, altrimenti avrebbe già alzato bandiera bianca. Magari la motivazione è rappresentata dal voler quantomeno appaiare Valentino Rossi a quota 7 titoli iridati nella classe regina. Un obiettivo che però, guardando all’andamento dell’ultimo triennio, si sta facendo viepiù utopistico.

D’altronde cosa ha ancora da dimostrare MM93? È stato uno dei migliori di sempre e come tale passerà alla storia. Certo, tornare Campione dopo il calvario attraversato, gli consentirebbe di assumere contorni soprannaturali, da ‘morto’ e ‘risorto’ agonisticamente. Sarebbe un addio ancor più mistico di chi saluta la compagnia dall’apice del successo. Quel momento per Marquez è, però, ormai passato definitivamente.

Se lo spagnolo dovesse risorgere appieno, dovrebbe essere considerato il più grande di sempre senza se e senza ma. Si parla, in potenza e con ottimismo massimo, del 2024. Il titolo 2023 ormai è andato. Peraltro, al cospetto di Ducati, Honda è quella che è.

“Ha senso continuare così?”. Caro Marc, per il tuo bene ci si augura di sì, perché il rischio è quello di diventare la personificazione della canzone “The Memory Remains” dei Metallica. E quello sarebbe sì un peccato, soprattutto pensando a ciò che hai saputo essere.

Foto: MotoGPpress.com