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La Polinesia Francese tra le Olimpiadi di Parigi 2024 e l’indipendenza

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Teahupo'o

La vittoria del partito indipendentista in Polinesia Francese potrebbe cambiare il futuro del territorio che il prossimo anno ospiterà le gare di surf nell’ambito delle Olimpiadi di Parigi 2024.

Nel 1956, i Giochi della XVI Olimpiade si svolsero a Melbourne, in Australia, ma le competizioni di equitazione furono organizzate a Stoccolma. L’Australia, infatti, aveva delle regole molto severe per la quarantena degli animali, e dunque le prove degli sport equestri vennero assegnate alla capitale svedese per ragioni logistiche. Quella del 1956 resta ad oggi l’unica edizione olimpica ad essersi tenuta in due continenti diversi, almeno fino al 2024.

Tra poco più di un anno, infatti, il mondo dello sport si riunirà a Parigi, ma le prove di surf, previste dal 27 al 30 luglio, si svolgeranno dall’altra parte del pianeta, precisamente nelle acque di Teahupo’o, sull’isola di Tahiti, in Polinesia Francese. Dal punto di vista sportivo, la scelta è sicuramente giustificata dall’altezza delle onde, decisamente superiore rispetto a quelle che si possono trovare sulla costa atlantica francese, e dunque lo spettacolo sarà garantito. Allo stesso tempo, la scelta della collettività d’oltremare ha anche ragioni politiche, soprattutto quella di far sentire i territori della Francia d’oltremare più vicini alla madrepatria.

Proprio in questi giorni, in Polinesia Francese le elezioni hanno fatto registrare una storica vittoria del partito indipendentista, che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi nel parlamento locale e la presidenza con Moetai Brotherson. Il presidente eletto ha affermato che il cammino per l’indipendenza sarà lungo, e che questa non avverrà certo nell’arco di poche settimane, ma l’esito elettorale deve aver preoccupato il governo di Parigi, che non molto tempo fa ha già dovuto affrontare un referendum per l’indipendenza della Nuova Caledonia, risoltosi però in favore dello status quo.

Dal punto di vista politico, in Francia ci sono diversi punti di vista circa la questione dell’oltremare: la maggioranza degli esponenti politici pensa che l’indipendenza di questi territori porterebbe assestare un duro colpo al prestigio del Paese; alcuni elementi dell’estrema destra nazionalista, invece, pensano che questi territori siano solo un fardello, visto che il governo centrale elargisce importanti fondi economici per il loro sviluppo, senza ricevere nulla in cambio (posizione che ricalca la vecchia corrente politica del cartierismo); infine, la sinistra radicale ritiene giusto che i popoli ex coloniali possano svolgere un referendum per la propria autodeterminazione, indipendentemente dall’esito finale, in base ai principi del diritto internazionale.

Limitandoci al punto di vista sportivo, indubbiamente il governo francese ha investito molto per lo sviluppo della pratica sportiva in questi territori, compresa la Polinesia Francese, come abbiamo sottolineato in un nostro articolo precedente. Viste le sue caratteristiche geografiche e ambientali, la Polinesia Francese è divenuta una delle principali destinazioni del circuito mondiale di surf, con l’atleta locale Michel Bourez che ha partecipato alle Olimpiadi di Tokyo 2020, e che punta a ripetere l’esperienza olimpica nelle acque di casa il prossimo anno. In Polinesia sono molto sviluppati anche la canoa e il beach soccer, la cui Nazionale ha raggiunto la finale mondiale nel 2015 e nel 2017, oltre ad alcune discipline sportive tradizionali e all’immancabile calcio.

Sebbene dal 1973 esista un Comité Olympique de Polynésie Française (COPF), e la Polinesia Francese sia autorizzata a partecipare sotto la propria bandiera in alcune competizioni internazionali, generalmente con la denominazione di Tahiti, il COPF non ha il riconoscimento del CIO, e dunque gli atleti polinesiani possono partecipare alle Olimpiadi solo sotto i colori francesi, come nel caso di Michel Bourez. I primi polinesiani a partecipare alla rassegna a cinque cerchi sotto l’egida della madrepatria furono i pugili Maurice Apeang e Maco Nena, in occasione della rassegna di Monaco 1972, anche se il secondo fu costretto a dare forfait; l’ultimo, come detto, il surfista Michel Bourez a Tokyo 2020.

Nel complesso, sono stati solo otto i polinesiani ad aver calcato il palcoscenico olimpico. La più vincente è certamente la taekwondoka Anne-Caroline Graffe, medagliata d’argento a Londra 2012, che nella sua bacheca vanta anche un oro e un bronzo mondiali, ed una medaglia di ogni colore a livello di Campionati Europei. Il velista Billy Besson ha ottenuto invece un titolo mondiale vinto nel 2014 nella classe Nacra 17 insieme a Marie Riou, ma i due, considerati come i favoriti della vigilia, chiusero solo settimi a Rio 2016, a causa di un’ernia del disco patita dallo stesso Besson.

Curiosamente, la Polinesia Francese vanta anche un olimpionico invernale, Gary Tamatoa Zebrowski, specialista dello snowboard halfpipe che ha preso parte ai Giochi di Torino 2006 e Vancouver 2010, chiudendo sesto nell’edizione piemontese. Nato sull’isola di Raiatea, Zebrowski venne adottato da una famiglia di Serre Chevalier, dove ha iniziato la pratica dello snowboard.

Un vero e proprio idolo dei polinesiani è il calciatore Marama Vahirua, un attaccante che ha segnato più di cento reti da professionista in Francia, militando in squadre come Nantes (con il quale ha vinto il Campionato nel 2001 e la Coppa di Francia nel 2000), Nizza, Lorient, Nancy e Monaco. Eletto miglior calciatore d’Oceania nel 2005, Vahirua ha disputato anche sette partite con la Nazionale francese U21, mettendo a segno due reti.

Infine, nella categoria promesse dello sport polinesiano dobbiamo inserire il giavellottista Teuraiterai Tupaia, due volte campione nazionale francese e medagliato di bronzo europeo U23 nel 2021, che vanta un primato di 80,86 metri, e che potrebbe puntare alla qualificazione per la rassegna a cinque cerchi parigina.

Rispetto ad altri territori francesi d’oltremare, dunque, la Polinesia Francese non vanta risultati sportivi di grande rilievo, se pensiamo alle numerose medaglie vinte dagli atleti di Guadalupa e Martinica. La sua eventuale indipendenza non porterebbe troppi dolori allo sport francese, se non dal punto di vista del prestigio e della perdita di un ottimo campo gara per il surf. Detto questo, l’ipotesi indipendentista resta per il momento piuttosto remota, considerando che secondo gli analisti ci vorranno almeno 15-20 anni prima che si possa iniziare a pensare ad un referendum, per via della forte dipendenza economica e in materia di difesa nei confronti di Parigi.

Giulio Chinappi

Foto: Shutterstock

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