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Ciclismo

Il Giro d’Italia degli italiani: promossi e bocciati

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Jonathan Milan

Va in archivio la 106a edizione del Giro d’Italia: una Corsa Rosa non spettacolare per diverse tappe, ma palpitante nel finale, e sicuramente da leggere in chiave positiva per diversi italiani. È arrivato il momento di tracciare bilanci su quello che è stato il Giro dei corridori nostrani, tra promozioni e bocciature.

PROMOSSI

JONATHAN MILAN – Indubbiamente la stella più luminosa del ciclismo italiano in questo Giro d’Italia. Il corridore della Bahrain-Victorious si era presentato in punta di piedi, senza particolari aspettative, anche se i messaggi positivi erano già arrivati all’inizio della stagione vincendo una volata al Saudi Tour. Il 22enne di Buja torna a casa vincendo una tappa, piazzandosi quattro volte secondo e con una maglia ciclamino in più. E anche i successi di tappa potevano essere di più se non si fosse trovato troppo indietro sul rettilineo finale. Potenziale enorme, esploso già al suo primo Grande Giro della carriera: un biglietto da visita eccelso per un’attività agonistica in strada che si preannuncia florida.

FILIPPO ZANA – Il nativo di Thiene ha dimostrato di non essere campione nazionale italiano per caso. Dopo tre anni da Reverberi alla Bardiani-CSF-Faizanè, quest’anno è arrivato il grande salto con il Team Jayco AlLula nel Pro Tour. Un salto che quanto mai ha meritato di meritare: finale di Giro d’Italia decisamente in crescendo con un’ottima tappa sul Monte Bondone, nella quale ha anticipato tutti gli altri componenti della fuga, il terzo posto nella tappa di Fossombrone e la vittoria meravigliosa a Val di Zoldo davanti a Thibaut Pinot, oltre a una buona cronoscalata sul Monte Lussari. “Il ragazzo ha stoffa”, ha detto Francesco Moser. Evidentemente questa stoffa c’è eccome e in salita pedala forte.

MARCO FRIGO – Un’altra piacevole rivelazione delle tre settimane in rosa. Classe 2000 di Bassano del Grappa, il corridore della Israel Premier Tech è stato protagonista di tantissime fughe, non riuscendo mai a cogliere il successo di tappa, ma interpretando questo Giro all’insegna del coraggio e della spregiudicatezza, specie nelle frazioni più mosse. Nelle prime due settimane piuttosto bloccate, è stato uno dei pochi a movimentare la corsa. Per poco non riesce nel capolavoro nella tappa di Bergamo, quando riesce a rientrare in discesa e va vicino a sorprendere in volata McNulty e Healy. Ragazzo sicuramente da tenere d’occhio per i prossimi anni.

DAMIANO CARUSO – Il veterano della Bahrain-Victorious era chiamato all’appello e non ha deluso le aspettative. Un quarto posto di assoluto valore per il siciliano che era salito sul podio nel Giro di due anni fa. Sicuramente il ragusano non era brillante come nel 2021, ma ha limitato i danni specie nelle prime due settimane e nelle ultime tappe, tra le Tre Cime di Lavaredo e il Monte Lussari, è uscito alla distanza. Ha gestito alla grande le tre settimane grazie alla sua esperienza e alla sagacia tattica: può uscire assolutamente contento di ciò che ha realizzato.

ALBERTO DAINESE – Una Corsa Rosa all’insegna della reazione per il corridore della DSM. Reazione nei confronti dei problemi di salute che ha avuto al termine della seconda settimana: a Bergamo aveva la bronchite, eppure ha stretto i denti per continuare il suo Giro. Rivalsa anche nei confronti della sua squadra, che non gli ha permesso di giocarsi le volate per privilegiare il tedesco Mayrhofer, mai oltre il quinto posto. Non appena è stata data fiducia a Dainese, ecco che è arrivato il trionfo nella tappa di Caorle: insieme a Milan rappresenta il presente e il futuro dei velocisti italiani.

DAVIDE BAIS – Nel suo Giro d’Italia spicca il successo meraviglioso a Campo Imperatore. Una vittoria che fa splendere un Giro tutt’altro che semplice per la Eolo-Kometa. Spesso all’attacco e in evidenza, conclude anche in quarta posizione nella classifica della maglia azzurra dei gran premi della montagna. Anche alla Tirreno-Adriatico si era reso protagonista di diverse azioni e nella Corsa Rosa ha confermato questo canovaccio, impreziosendolo con la prima vittoria della carriera.

BOCCIATI

LORENZO FORTUNATO – La delusione principale di questo Giro d’Italia. C’erano aspettative su di lui, c’era la speranza che potesse fare classifica e puntare almeno alla top 10. Il risultato finale è stato un mesto ventunesimo posto a 38’37” da Primoz Roglic: sempre staccato dai migliori nelle tappe di montagna, mai protagonista nei pochi tentativi di fuga. Il bolognese ha compiuto 27 anni lo scorso maggio e deve capire ancora quale sia la sua reale dimensione: indubbiamente questo Giro non induce all’ottimismo per vederlo protagonista a fare classifica in un Grande Giro a tappe. L’avvicinamento era stato buono con la vittoria alla Vuelta Asturias, ma la forma è stata precaria sin dai primi giorni, con una cronometro disastrosa che dalla prima tappa l’ha posto a minuti dai big.

ALBERTO BETTIOL – Si fa notare, ma nel suo bilancio finale pesa la possibilità di vittoria non colta sul traguardo di Cassano Magnago, quando, dopo aver fatto parte della fuga buona, avrebbe probabilmente dovuto gestire meglio il finale, facendosi battere da Denz e Gee. Anche a Rivoli, tappa in cui era andato all’attacco insieme a un gruppetto numeroso, non ha avuto poi il modo di lasciare il segno all’arrivo: ci si poteva aspettare un qualcosa in più da un corridore che nel curriculum ha un Giro delle Fiandre, una tappa dal Giro e una vittoria sfiorata al Tour dello scorso anno.

SIMONE CONSONNI – Nelle volate ci prova sempre, ma non va oltre un quinto posto come miglior risultato. Perde dopo poche tappe l’appoggio di Davide Cimolai, non riuscendo poi a lasciare il segno in un campo velocisti che qualche spazio lo lasciava, soprattutto nella seconda metà della Corsa Rosa quando sono venuti a mancare dei protagonisti.

Foto: Lapresse