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MotoGP, l’oscura resurrezione di Alex Rins. Può essere un rivale di Francesco Bagnaia per il titolo o è solo l’ennesimo fuoco di paglia?

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Alex Rins

Facciamo un gioco e prendiamo in considerazione le ultime 6 gare di MotoGP disputate. Dunque i Gran Premi di Australia, Malesia e Valencia 2022, nonché i tre appuntamenti andati in scena nel 2023. Sapete chi è il pilota che ha marcato più punti? Avete qualche istante per pensarci senza andare a controllare i risultati. Fatto? Se la vostra risposta è Alex Rins, complimenti! Siete perspicaci a sufficienza per collegare questa dinamica al titolo dell’articolo!

Tornando seri, nel succitato periodo di riferimento, sono 108 i punti marcati da Rins. Seguono Francesco Bagnaia (101) e Marco Bezzecchi (95). Molto più staccati tutti gli altri, perché poi si scende a Brad Binder (64) e Fabio Quartararo (63). Peraltro va rimarcato come Rins abbia cambiato moto, passando dalla Suzuki di fine 2022 alla Honda di inizio 2023.

Chi scrive è consapevole di come (A) si stia parlando di una base ridotta di gare e quanto esposto potrebbe anche essere classificato come gerrymandering matematico; (B) Bagnaia corse “sulle uova” a Valencia perché conscio di come gli sarebbe stato sufficiente qualche punticino per vincere il titolo; (C) il monte punti delle prime tre gare del 2023 è superiore alle ultime tre del 2022 in virtù della presenza delle sprint. Non per caso lo si è definito “un gioco”, propedeutico però a mettere in luce una dinamica inequivocabile.

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Le ultime 6 gare si dividono equamente fra quelle vinte da Rins (Phillip Island, Valencia, Austin) e quelle in cui si è imposto qualcun altro. Situazione da non sottovalutare, perché non si può certo affermare che il ventisettenne catalano abbia raccolto successi a raffica nell’arco della carriera. Anzi, ha trionfato 3 volte nei cinque anni e mezzo che vanno dal marzo 2017 al settembre 2022, imponendosi poi in altre 3 occasioni negli ultimi sette mesi!

Si tratta di un estemporaneo periodo di grazia, oppure è finalmente stata raggiunta la tanto agognata maturità agonistica? I problemi dello spagnolo sono sempre stati la discontinuità e la propensione all’errore. Il 2020 avrebbe potuto (dovuto?) essere il suo anno. Però un infortunio a Jerez de la Frontera e un inopinato ruzzolone a Spielberg, quando si stava giocando la vittoria con Andrea Dovizioso, hanno pesato oltremodo. Così il titolo è andato al meno appariscente, ma più solido, compagno di box Joan Mir.

Nel 2022, dopo quattro gare, Rins era al comando della classifica iridata, ex aequo con Fabio Quartararo. Poi Suzuki ha annunciato il ritiro dalla MotoGP e lui si è eclissato. Letteralmente. Almeno fino al GP d’Australia, dove è risorto all’improvviso e ha cominciato la sequenza di cui si è scritto. Vincere un Mondiale in un team satellite, soprattutto se non si ha un trattamento factory, è quasi impossibile. Dunque, si prenda l’ipotesi come un pour parler. Un ‘gioco’ si è detto in apertura.

“Guerrieri, giochiamo a fare la guerra?” è una delle citazioni più famose tratte da “I Guerrieri della notte” (The Warriors), film di culto del 1979 diretto da Walter Hill. Se Rins si dipingesse la faccia e si mettesse addosso una divisa dei New York Yankees, potrebbe benissimo essere un membro dei Baseball Furies. Guardare per credere! I Furies erano agguerriti, belli da vedere e affascinanti come nessun altra gang, ma alla fine prendevano un sacco di mazzate. Un po’ come è sempre capitato ad Alex nella sua carriera. Almeno finora.

Siamo di fronte al proverbiale salto di qualità? Troppo presto per dirlo, servono conferme. Per adesso si prende atto di come, mettendo insieme la coda del 2022 e l’avanguardia del 2023, il catalano sia il pilota più incisivo in assoluto. Se questa dinamica avrà qualche evoluzione pregnante, ce lo dirà solo la pista, a partire da domenica.

Foto: La Presse