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Atletica, Manuela Oliveri racconta il grande Pietro Mennea: “Era un uomo libero, lavorava per gli altri”

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Manuela Oliveri

Nel nome di Pietro. Il 21 marzo del 2013 Pietro Mennea ci lasciò, ma il ricordo di quanto è stato sulle piste e nella vita di tutti i giorni rimane. La sue straordinarie qualità, che gli hanno consentito di scrivere la storia dello sport italiano, sono state tali che l’uomo abbia fatto parlare di sé come e, forse, anche più dell’atleta. Spesso noi riteniamo che un campione nello sport lo sia anche nel viver quotidiano, ma per fare questo è necessario guardare oltre e non limitarsi alla propria confort zone.

L’insegnamento di Mennea è questo e per tale ragione che l’anno prossimo, allo Stadio dei Marmi a Roma, ci sarà un Museo multimediale che vorrà ricordare cosa l’atleta e l’uomo siano stati. Di questo e anche di altro si è parlato nell’ultima puntata di Athletics2u, su Sport2u (in collaborazione con OA Sport), condotta da Christian Marchetti e con ospite Manuela Oliveri (moglie di Pietro Mennea).

Si è partiti, leggendo un piccolo brano del libro di MennaMonaco 1972, una tragedia che poteva essere evitata“, nella quale Pietro, ventenne e alle sue prime Olimpiadi, viveva il suo sogno a Cinque Cerchi che gli fu improvvisamente strappato dalla tragedia di quell’edizione dei Giochi. Un commando dell’organizzazione terroristica socialista palestinese “Settembre Nero”, infatti, irruppe negli alloggi destinati agli atleti israeliani del villaggio olimpico, che tra l’altro erano vicini a quelli italiani, uccidendo subito due atleti che avevano tentato di opporre resistenza e prendendo in ostaggio altri nove membri della squadra olimpica di Israele. Un successivo tentativo di liberazione da parte delle autorità tedesche portò alla morte di tutti gli atleti sequestrati, di cinque Fedayyin e di un poliziotto teutonico.

Si tratta di un libro che ho tenuto gelosamente perché era l’ultimo ricordo che mi lega a lui, visto che la correzione dell’ultima bozza era stata nel gennaio 2013. Temevo che questo testo non fosse compreso nella sua essenza in quanto si parla dell’attentato, dei motivi politici e soprattutto della necessità di ricordare ciò che fosse accaduto e che per tante ragioni facciamo finta che non ci sia stato. Si parla di quei ragazzi uccisi, cercando una spiegazione, in una situazione molto particolare, visto che Pietro in quell’edizione vinse il bronzo nella Finale dei 200 metri, la notte prima di quella tragedia. E lui, quindi, vuol rappresentare quel sogno infranto“, ha ricordato la signora Manuela.

10 anni dalla scomparsa da chi si è tanto amato, passati però velocemente: “Immergersi nelle sue cose, ha fatto trascorrere velocemente i giorni e mi sono resa conto di quanto fosse importante. Per lui la giornata era corta, non c’era un momento in cui fosse inattivo, un vero e proprio fiume in piena“, il ricordo.

Parlando del Museo, la signora Manuela ha chiarito il fine e l’idea: “Per me è come uno sogno che si avvera perché Pietro ci teneva moltissimo. Lui diceva che dalle cose buone possono nascere cose migliori e secondo lui queste cose devono essere messe al servizio degli altri. L’obiettivo non è solo quello di parlare di cosa lui abbia fatto a livello sportivo, ma anche delle sue vittorie nella vita di tutti i giorni, dalle quattro lauree, passando per tutto quello che è riuscito a costruirsi nel tempo. Spesso tanti ne parlano come di una persona schiva, ma in realtà dipende dal contesto, in quanto lui era una persona che, soprattutto quando era più giovane, temeva quasi di far emergere il suo lato più divertente, credendo di perdere autorevolezza. Con gli anni, poi, ha compreso che questa parte di lui poteva benissimo emergere. Per questo, il Museo è rivolto soprattutto alle nuove generazioni per far arrivare il Mennea atleta e uomo, descrivendo la sua storia di sacrificio e di passione“.

A conclusione, la disamina di come e di quanto Pietro fosse un personaggio anche scomodo per il suo modo di interagire e di parlare: “Quando si ritirò dopo Los Angeles ’84, comprese quanto fosse diffusa la pratica del doping e tanti non videro bene le sue esternazioni, accusandolo di sputare nel piatto in cui aveva mangiato. Io gli chiesi perché non fosse stato zitto e la sua risposta fu: ‘Lo facevo per gli altri, non per me’. Pietro era un uomo libero e come tale ha sempre agito per raggiungere i suoi traguardi“.

VIDEO INTERVISTA A MANUELA OLIVERI

 

Foto: Lapresse