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America’s Cup, Luna Rossa e Team Up for the Ocean: il recupero dei rifiuti in mare

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Luna Rossa

Luna Rossa si sta preparando per prendere parte alla America’s Cup 2024. Manca un anno e mezzo alla prossima edizione della competizione sportiva più antica al mondo, che andrà in scena a Barcellona tra settembre e ottobre della prossima stagione. Il sodalizio italiano sogna di conquistare la Vecchia Brocca, strappandola a Team New Zealand contro cui ha perso la finale nel 2021 nella baia di Auckland, dopo aver fatto tremare i Kiwi.

L’equipaggio guidato dallo skipper Max Sirena si sta allenando alacremente a Cagliari, utilizzando il prototipo LEQ 12: i dati che stanno raccogliendo in queste settimane serviranno per costruire l’AC75, ovvero la barca che sarà effettivamente protagonista nella prossima Coppa America. In essere c’è anche il progetto ambientalista Team Up for The Ocean.

LUNA ROSSA – TEAM UP FOR THE OCEAN

Il Mediterraneo è una piccolissima porzione di oceano, appena lo 0,32% delle acque che ricoprono il nostro pianeta, eppure ben il 7% delle microplastiche del mondo è qui, nei fondali del mare in cui siamo cresciuti, dove facciamo il bagno d’estate, il mare che ci nutre e che navighiamo: il nostro mare.

Indignarsi è giusto, ma non basta: ognuno di noi può e deve contribuire a invertire la rotta per salvare l’oceano o, almeno, per limitare i danni. Non ci vuole molto, basta solo mettersi in gioco. Come fanno i ragazzi di Luna Rossa Prada Pirelli, che hanno vissuto con gli uomini di Ogyre delle sessioni di pesca molto particolari: recuperare quanti più rifiuti possibili e smaltirli in modo corretto. Oggi è il turno di Bruno Rosetti, cyclor di Luna Rossa Prada Pirelli, che si imbarca sul peschereccio di Ogyre a Santa Margerita Ligure, dove è cresciuto e ha imparato a nuotare.

Anche per lui vedere così tanti rifiuti nella nassa e toccare con mano lo stato di degrado in cui versa il nostro mare è una brutta sorpresa: «Mi sono imbarcato con Lorenzo e Daniele su un peschereccio del 1945, il più “anziano” della flotta di Santa Margherita e ho trascorso una giornata interessantissima, che mi ha fatto molto riflettere».

«Ogni volta che tiravamo su la rete, dal fondo del mare emergevano i segni della nostra inciviltà: bottiglie di plastica, bidoni, scarpe, perfino un cappello da cow-boy e, soprattutto, una quantità impressionante di cimette di nylon, residui di lenze utilizzate per la pesca in notturna. Non me l’aspettavo perché in superficie non si vede niente, le plastiche, infatti, si depositano sul fondo. Siamo stati fuori in mare dall’alba al primo pomeriggio e in totale abbiamo raccolto 12 kg di plastica. Tornati in banchina, Lorenzo e Daniele hanno prima fotografato e pesato il “raccolto” e poi lo hanno depositato nei cassonetti che Ogyre ha messo a disposizione dei pescatori aderenti al progetto: le plastiche riutilizzabili saranno riciclate; le altre saranno smaltite nella maniera e nei luoghi più appropriati. Sono contento di aver fatto la mia parte e spero di essere coinvolto nuovamente in questo progetto con Ogyre che mi sta particolarmente a cuore. Se ci mettiamo d’impegno, forse non è troppo tardi per salvare il mare».

Durante l’uscita in mare con Lorenzo e Daniele, tra una pescata e l’altra, c’è stato anche il tempo per fare due chiacchiere su come il mare sia cambiato negli ultimi anni. Chi meglio dei due pescatori della flotta di Ogyre poteva raccontare a Bruno di come il fondale marino sia, in alcuni punti, ricoperto di plastica? Purtroppo riescono ad individuare subito la parte più inquinata, perché di solito è sempre quella meno pescosa. Ma hanno anche aggiunto: «Grazie ad Ogyre riusciamo a portare a terra e a smaltire correttamente tutta la plastica che troviamo nelle nostre reti e il mare è riconoscente, perché ci ricompensa di nuovo con il suo dono più grande: il pesce».

Foto: Ivo Rovira/America’s Cup