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Ciclismo

Ciao Vincenzo Nibali, “ci si incanterà il pennino”. Come faranno le stilografiche senza le tue imprese?

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Sembrerà strano alla mia vecchia stilografica, dopo tanti articoli dei quali sei stato protagonista, di non scrivere più il tuo nome, adesso che non corri più. Certe volte, lo so, si incanterà il pennino. Mormorerò, lo so, lo so, vecchia penna: ‘Pensi a Gino‘”. Queste furono le parole con cui Orio Vergani, uno dei padri fondatori del grande giornalismo italiano, diede omaggio all’immenso Gino Bartali nel momento del suo ritiro dall’attività agonistica. Era il 1953, un’altra epoca. Stilografiche e pennini ora sono finiti in buie cantine e in desolate soffitte, in un mondo che vive sul filo dell’instaneità, della contemporaneità, dell’imperante reality, fatto di computer, smartphone e social network.

Gino Bartali aveva unito l’Italia, la sua memorabile impresa al Tour de France del 1948 rieccheggia ancora adesso, la sua rivalità con Fausto Coppi è divenuta prima mito e poi leggenda. Era un Paese che viveva un’emozione galoppante e che era tornato a sognare in grande dopo gli anni bui sotto le bombe. Era il ritiro di un fuoriclasse assoluto, beniamino delle folle e idolo di nonni, papà e bambini. Bartali era il ciclismo incarnato a persona in una Nazione che idolatrava i pedali, vivendoli come una religione pagana, sentendoli nel proprio vivere quotidiano. Ora l’Italia sembra sprofondata in un baratro a livello agonistico, ma negli ultimi tre lustri ha saputo aggrapparsi a un fenomeno assoluto che ci ha riportato ai fasti più sognanti.

Sabato 8 ottobre, attorno alle ore 17.00, sul lungolago di Como, Vincenzo Nibali farà le sue ultime pedalate. Al termine del Giro di Lombardia, da lui vinto in due occasioni, alzerà il braccio dinnanzi alla folla e chiuderà la sua gloriosa epopea da professionista. Lo Squalo ha retto il ciclismo tricolore mentre il movimento perdeva colpi e ci ha fatto palpitare il cuore grazie alle sue azioni prodigiose, a un’inventiva fuori dal comune, a una classe innata e cristallina che è sempre andata oltre ogni limite.

Due Giri d’Italia (2013 e 2016), un Tour de France (2014), una Vuelta di Spagna (2010), due Giri di Lombardia (2015 e 2017), una Milano-Sanremo (2018). Ha vinto dominando, attaccando in salita, inventandosi azioni da finisseur, annichilendo gli avversari. Uno dei sette uomini ad avere vinto i tre Grandi Giri a tappe, l’ultimo atleta ad aver fatto risuonare l’Inno di Mameli a Parigi dopo 16 anni di digiuno. Un siciliano verace amatissimo in gruppo, che tra poche ore saluterà il ciclismo pedalato su strada, ma che rivedremo in altre vesti. A 37 anni è giunto il momento di salutare, meritandosi i massimi onori. E se dovesse arrivare una zampata nella Classica delle Foglie Morte…

Foto: Lapresse