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Editoriali

Volley, Fefé De Giorgi il demiurgo della nuova Generazione dei Fenomeni

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Due grandi eventi e altrettante vittorie: Ferdinando De Giorgi, per gli amici ‘Fefé’, va ormai considerato come il vero Re Mida della pallavolo italiana. Subentrato a Gianlorenzo Blengini al termine delle Olimpiadi di Tokyo 2020, il ct pugliese ha riportato nel Bel Paese l’Europeo che mancava dal 2005 ed il Mondiale atteso per 24 anni.

Proprio ai Giochi del Sol Levante si era chiuso un ciclo per il volley tricolore, con il sipario calato sull’era dei vari Zaytsev, Juantorena e Colaci. De Giorgi ha rifondato completamente il gruppo, puntando su giocatori giovani e di grande talento. D’altronde i ricambi non mancano, come testimoniano i successi a raffica che l’Italia sta collezionando nelle competizioni riservate alle varie Under.

Il classe 1961 ha portato entusiasmo, convinzione e voglia di divertirsi. Persino durante la finale iridata i suoi ragazzi non hanno mai perso il sorriso, neppure quando si sono ritrovati in svantaggio. Anche la batosta incassata lo scorso luglio in Nations League non ha sgretolato le certezze, bensì ha ulteriormente consolidato la forza di una squadra che ha saputo lavorare con umiltà sulle proprie lacune.

De Giorgi non ha guardato in faccia nessuno, è andato diritto per la sua strada, come quando ha escluso il veterano Ivan Zaytsev all’inizio del raduno verso i Mondiali: una presenza carismatica ed ingombrante al tempo stesso, la cui rinuncia ha rappresentato un chiaro messaggio di fiducia nei confronti di Yuri Romanò, opposto titolare designato. Ha avuto ragione lui. Peraltro va dato atto all’allenatore pugliese di aver creduto in un ragazzo che ha scaldato la panchina per quasi tutta la stagione scorsa in Superlega, visto che a Milano gli veniva preferito il francese Patry: è incredibile come sovente dilaghi la miopia nei confronti dei giovani nostrani, forse semplicemente colpevoli di avere il passaporto italiano…

Ferdinando De Giorgi ha fatto parte di quella meravigliosa nidiata di talenti che vinsero tre Mondiali consecutivi tra il 1990 e il 1998. Oggi è il demiurgo di quella che, a tutti gli effetti, può essere considerata la nuova Generazione dei Fenomeni, perché vincere nell’arco di due stagioni un Europeo ed un Mondiale significa aver aperto un nuovo ciclo, peraltro con una Nazionale giovanissima e con margini di miglioramento ancora enormi. Daniele Lavia è un classe 1999, Alessandro Michieletto deve ancora compiere 21 anni, Yuri Romanò ne ha 25, senza dimenticare i tanti giovani che spingono alle spalle come Bottolo, Recine, Stefani e Porro: i ricambi sono già pronti, la concorrenza interna non farà altro che aumentare la competitività ed il livello complessivo. La speranza è che ora questo nuovo gruppo di campioni sappia riuscire nell’impresa che era sempre sfuggita come una maledizione ai predecessori: vincere le Olimpiadi. Intanto un passo enorme, se non quasi decisivo, verso la qualificazione a Parigi 2024 è già stato fatto con il successo iridato che ha proiettato gli azzurri al secondo posto del ranking mondiale.

Foto: Lapresse