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F1, la nuova pista di Zandvoort. Un circuito che alla Ferrari potrebbe piacere

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Domenica 4 settembre la Formula Uno affronterà il Gran Premio d’Olanda. Si correrà quindi nella “Tana del Lupo”, poiché l’appuntamento rappresenterà in tutto e per tutto quello di casa per Max Verstappen. Proprio l’enorme popolarità guadagnata in patria dall’ormai venticinquenne dei Paesi Bassi, ha permesso all’evento, scomparso in maniera apparentemente definitiva a metà anni ’80, di risorgere. Affinché questo potesse avvenire, è però stato necessario concepire in maniera totalmente diversa l’autodromo di Zandvoort.

La pista originale, ideata nel 1939 e ultimata nel 1948, risulta subito particolarmente apprezzata da piloti e team. È un tracciato veloce, situato a soli 25 km da Amsterdam e con la particolarità di essere edificato letteralmente sulle spiagge del Mare del Nord. L’evoluzione della massima categoria automobilistica rende però progressivamente obsoleto l’impianto, che diventa sempre più pericoloso in seguito alle accresciute prestazioni delle vetture. A inizio anni ’70 si verificano infatti due incidenti mortali in cui perdono la vita Piers Courage (1970) e Roger Williamson (1973).

Inoltre il contesto non aiuta. La salsedine e la sabbia richiedono una manutenzione estremamente attenta. Come se non bastasse, l’espansione urbana comincia a “soffocare” la pista, circondata da sempre più case e, di conseguenza, di abitanti infastiditi dalle rumorose attività motoristiche. Con l’avvento degli anni ’80, sembra giungere la fine di Zandvoort. Il GP d’Olanda, ormai caratterizzato dal disinteresse di spettatori e sponsor, esce dal calendario dopo il 1985. Così, nel 1987, la quasi totalità dell’autodromo viene dismessa, allo scopo di realizzare una nuova zona residenziale e un campo dal golf.

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Cionondimeno, negli anni successivi si riesce a recuperare quantomeno la parte settentrionale del tracciato, i cui connotati vengono però stravolti, poiché passa da veloce a tortuoso. Nuovi investitori e, soprattutto, l’avvento di Max Verstappen consentono alla società organizzatrice di accarezzare l’idea di riportare la F1 a Zandvoort. È però necessario un completo restyling dell’autodromo. In particolare la FIA chiede di allungare il rettilineo principale, la cui lunghezza è inferiore ai 700 metri. C’è un problema… Manca lo spazio fisico, poiché il rettifilo è incastonato tra una zona residenziale e una riserva naturale. La necessità aguzza l’ingegno e si arriva a una soluzione geniale.

Grazie al progettista italiano Jarno Zaffelli, si decide di dotare di banking alcune curve, compresa l’ultima. In questo modo cambiano completamente le dinamiche fisiche delle pieghe, consentendo ai piloti di poter aprire il gas in anticipo e in tutta sicurezza. La nuova Zandvoort ha quindi caratteristiche uniche, essendo sì tracciato nervoso e privo di grandi rettilinei, ma al tempo stesso forte di un’identità tutta propria, essendo una sorta di toboga che si sviluppa anche in una terza dimensione.

La domanda è se l’habitat possa dire bene alla Ferrari. La risposta è . Vuoi perché la trazione e il carico aerodinamico hanno un peso specifico elevato, vuoi perché la F1-75 è stata evoluta in maniera produttiva. Sarà però fondamentale trovare il giusto assetto. Come detto, i connotati di Zandvoort sono singolari e bisognerà essere bravi a regolare la monoposto nel migliore dei modi, soprattutto per sfruttare al meglio gli pneumatici. Questa sarà la chiave di volta per primeggiare in Olanda, raggiungere l’optimum sul set-up della vettura, in maniera tale da sfruttarne appieno il potenziale.

Un tema d’interesse sarà rappresentato dal modo in cui le F1 a effetto suolo si comporteranno nei Paesi Bassi. Lo scorso anno è emerso come sorpassare sia molto complicato. La rivoluzione tecnica permetterà di avere un GP più spettacolare, oppure le qualifiche risulteranno determinanti, come accaduto nel 2021?

Foto: La Presse