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Wimbledon 2022: Novak Djokovic e Nick Kyrgios, la finale degli opposti che si attraggono

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L’uno, Novak Djokovic, ha 20 Slam all’attivo, di cui sei a Wimbledon. L’altro, Nick Kyrgios, è alla sua prima finale in un torneo maggiore della sua vita. Il serbo è diventato qualcuno, tra i prati, col tempo. L’australiano tra i prati aveva iniziato a dipingere la sua parabola, ma non l’aveva mai completata. I due si presentano oggi sul Centre Court da, se non amici, quantomeno persone che si rispettano: Kyrgios ha difeso Djokovic durante i giorni che l’hanno trascinato fuori dagli Australian Open. E nelle ore di ieri, su Instagram, si sono divertiti a scambiarsi storie.

Ultimo atto numero 32 in uno Slam per il numero 1 del seeding, che al termine del torneo non sarà più nemmeno 3 del mondo, ma 7, per l’ormai fin troppo nota decisione dell’ATP in merito ai punti. Il danno più elevato, però, è per l’aussie: poteva essere ampiamente dentro i 20, e invece scenderà al 45° posto. Ancora più paradossalmente, questi sono risultati che andranno palesemente a inficiare la Race, dato che non manca un piccolo torneo qualsiasi, ma uno che di punti ne assegna 2000 al vincitore, 1200 al finalista e altri pesantissimi soprattutto dagli ottavi in poi. Altro dettaglio interessante: per giocare le ATP Finals, chi ha vinto uno Slam deve trovarsi tra l’ottava e la ventesima posizione proprio della Race.

Diversamente lineare il torneo di Djokovic: delle 6 partite vinte, una (quella dei quarti con Jannik Sinner) l’ha portata a casa in cinque set, altre tre in quattro e soltanto due in tre. Il tutto lo ha portato a rimanere in campo per 15 ore e 9 minuti, contro le 13 e 11 minuti di Kyrgios. Al quale, però, manca un match intero, quello della semifinale contro Rafael Nadal, che non si è presentato in virtù dell’infortunio patito nel confronto, poi vinto, contro l’americano Taylor Fritz nei quarti. Questo porta a cercare proprio qui una possibile chiave della finale.

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L’australiano si sarà mantenuto “caldo” dopo un intervallo non comune di tre giorni nei quali non è sceso in campo, invece del tradizionale unico? Si tratta di una situazione non banale, vissuta dallo stesso Djokovic più di una volta in passato. Soprattutto al Roland Garros 2011, quando si trovò a non giocare i quarti causa forfait di Fabio Fognini (che contro lo spagnolo Albert Montanes aveva vinto giocando la fine del quinto set su una gamba sola, dato che l’altra aveva smesso di funzionare). Si trovò davanti un Roger Federer in una tra le tre migliori versioni di sempre sul rosso.

Per Kyrgios, però, questa situazione potrebbe essere arrivata come un vantaggio. Dopo il vulcanico match con il greco Stefanos Tsitsipas, infatti, aveva accusato più di un problema fisico con l’americano Brandon Nakashima agli ottavi, mentre ha sfruttato un avversario forte, ma abbordabile per lui sui prati come il cileno Cristian Garin ai quarti, lui che doveva affrontare Matteo Berrettini al primo turno e invece ha avuto una signora fortuna ben sfruttata (anche oltre le previsioni, va detto). Tutto questo intervallo potrebbe avergli permesso di rimettere a posto qualche dettaglio e di farsi trovare pronto per una delle sfide più difficili del tennis.

Sono due i precedenti, e sono entrambi a favore dell’australiano. Risalgono a cinque anni fa, cioè a quel 2017 in cui furono pesantissime le difficoltà del serbo nello stare al passo coi migliori. Risorse un anno dopo, proprio a Wimbledon, e il resto lo si conosce. Sono passati vent’anni dal successo di Lleyton Hewitt in una delle finali più a senso unico della storia (con David Nalbandian, e l’argentino aveva faticato tanto per battere il belga Xavier Malisse in una semifinale troppo drammatica per essere riassunta in due parole). Kyrgios ha la possibilità di compiere due imprese in una: la prima è diventare erede di “Rusty”, la seconda riguarda la chance di interrompere l’imbattibilità di Djokovic a Wimbledon, che dura da ben oltre 1800 giorni.

Foto: LaPresse