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Atletica, Antonella Palmisano: “Il mio calvario da un anno e mezzo. Europei? 0,1% che ci sarò: mi si addormenta la gamba”

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Antonella Palmisano è stata una delle grandi assenti ai Campionati Mondiali di atletica andati in scena a Eugene, Oregon. Una stagione post olimpica decisamente sfortunata, per la marciatrice di Mottola, oro a Tokyo nella 20 km, che non ha potuto nemmeno provare a bissare l’alloro a Cinque Cerchi nella competizione iridata dov’è nuovamente salito sul gradino più alto del podio l’amico, corregionale e compagno di allenamenti Massimo Stano. Infatti, da più di un anno, la forte trentunenne delle Fiamme Gialle soffre di un problema fisico che le ha precluso la partecipazione ad ogni appuntamento agonistico ufficiale successivo alla trionfale kermesse giapponese.

Abbiamo virtualmente raggiunto Antonella Palmisano ad Ostia, dove vive e si allena, per parlarci un po’ di se stessa, soprattutto nell’ottica di un rientro in gara nel breve, medio e lungo termine con Monaco (Europei), Budapest (Mondiali) e Parigi (Olimpiadi) sullo sfondo, ma anche per commentare gesta e dediche del collega di fatiche “in rima”, Stano, che non ha di certo dimenticato l’amica-alleata prima e dopo i travolgenti 35 km d’oro statunitensi.

Antonella, innanzitutto come stai sia fisicamente che mentalmente?
A livello fisico, rispetto a tutti gli altri anni in cui ho sempre cercato di portare a casa delle gare anche realizzando dei ‘miracoli’, adesso è tutta un’altra storia, purtroppo. Di conseguenza, mentalmente non sto affatto bene e vedere le gare da casa non è facile. Ho sempre avuto e affrontato i problemi fisici, raggiungendo comunque gli obiettivi principali prefissi; invece, vengo da un lungo periodo in cui di costruttivo non ho vissuto nulla e a tre settimane circa dagli Europei, dopo aver già saltato i Mondiali, mi sono ritrovata a dover stoppare la preparazione. È la prima volta che mi capita una cosa simile e a livello psicologica è dura”.

Possiamo ricordare ai nostri lettori da quanto tempo e qual è stato esattamente il problema fisico che ha intralciato in pratica tutto il tuo cammino post-olimpico?
Da febbraio 2021, quindi prima delle Olimpiadi, ho iniziato a soffrire in forma lieve dell’addormentamento della gamba sinistra ma sono riuscita comunque a terminare regolarmente la preparazione per i Giochi, a maggio. Con l’allenamento e corricchiando il dolore passava, dopo è peggiorato, tanto che lo stesso appuntamento con Tokyo era diventato a rischio per me; i problemi più seri sono partiti con l’infiammazione del nervo genitofemorale, nella zona dell’inguine. Con delle infiltrazioni di cortisone e marciando in maniera diversa sono riuscita a partecipare – e vincere – alle Olimpiadi, senza però ancora renderci conto davvero quale fosse la causa e quale la conseguenza di quegli addormentamenti dell’arto inferiore sinistro. Dopo i due mesi abbondanti di stop post Tokyo l’infiammazione era passata, io avevo resettato un po’ tutto, a dicembre ci siamo rimessi in marcia per la preparazione invernale, ma a febbraio, con l’aumento dei chilometri in allenamento, si sono ripresentati puntuali i problemi alla gamba. Di qui è iniziato il ‘calvario’ delle visite mediche, tra dottori che mi consigliavano addirittura di smettere, un altro mi ha detto che soffro di displasia dell’anca (a marzo) e ho dovuto cambiare la mia postura per ovviare a questo problema; maggio, giugno e metà luglio sono andati via così, senza potermi allenare sul serio e dedicandomi solo alla mia nuova postura. Siamo nel frattempo anche andati a Roccaraso, convinti di poter iniziare un percorso, seppure più breve del previsto, che mi avrebbe permesso quantomeno di partecipare dignitosamente agli Europei, ma con l’inserimento dei chilometri di marcia in allenamento l’addormentamento della gamba sinistra è tornato. L’ennesimo consulto medico, stavolta fatto al ‘Rizzoli’ di Bologna dal Dott. Dallari, grazie ad un collega marciatore (il mitologico spagnolo Jesus Angel Garcia Bragado, ndr), mi ha portato a scoprire di non avere la displasia dell’anca, bensì una fibrosi al nervo sciatico da operare, perché viene ostruito il passaggio degli impulsi del nervo alla mia gamba sinistra, che di conseguenza si addormenta. Tutto questo due settimane fa. Per evitare l’immediato intervento chirurgico, il Dott. Dallari ha tentato una strada alternativa con infiltrazioni di cortisone, acqua fisiologica, Toradol e acido ialuronico, con la speranza che si possa “smollare” questa fibrosi e liberare il passaggio del nervo sciatico. Da una settimana non sento più dolori e con quelli io ci ho sempre convissuto in carriera, avendo anche una soglia del dolore molto alta, ma se mi si addormenta la gamba in gara è un macello perché non riesco a marciare, ma al massimo posso correre e mi squalificano!”.

A proposito di Cinque Cerchi, com’è cambiata (se è cambiata) la tua vita dopo l’oro di Tokyo?
Subito dopo Tokyo, ho girato tantissimo perché sono stati organizzati molti eventi mirati per continuare a far parlare in positivo della marcia, perché la nostra non è una disciplina sportiva di cui si parla abbastanza. Come ha detto lo stesso Massimo Stano, abbiamo fatto ‘rumore’ con i due ori olimpici ma poi ci si è un po’ dimenticati mediaticamente di noi, poi, quando ritornano vittorie, medaglie e risuona l’Inno, si risente parlare ovunque della marcia. È uno sport poco mandato in giro e non dobbiamo dare la colpa di ciò sempre al fatto che le nostre gare durano molto, perché anche le gare di ciclismo possono essere molto lunghe ma non le hanno mai cambiate né fatte partire alle sei del mattino (come la 35 km al recente Mondiale, ndr) o all’una del pomeriggio in piena estate, quando o non c’è nessuno a seguirti sul circuito o si muore di caldo. Tutto questo non ha senso nell’ottica di uno sviluppo mediatico della marcia, eppure queste problematiche ricorrenti ancora non si spiegano. Grazie anche al supporto delle Fiamme Gialle sono stata con enorme piacere nelle scuole per far conoscere a bambini e ragazzi che cosa sono davvero l’atletica e la marcia. Quindi, tornando alla tua domanda, la mia vita è cambiata in un certo senso soltanto nei primi due-tre mesi dopo Tokyo, nonostante io abbia portato avanti tutto l’anno il progetto ‘In marcia con Antonella’, ma ad oggi siamo di nuovo quelli che eravamo prima del titolo olimpico, eppure è stato dimostrato che il nostro movimento è ormai qualcosa di ben consolidato con tanto di medaglie pesanti arrivate in Italia a conferma di una tradizione che affonda le sue radici nel tempo”.

Ai recenti Mondiali statunitensi Stano ti ha dedicato la sua spettacolare vittoria nella 35 km, facendoti commuovere… Raccontaci un po’ il vostro rapporto umano e professionale, da quanto dura e che tipo è il corregionale Massimo Stano.
Sì, la sua dedica mi ha fatto commuovere abbastanza. Non me l’aspettavo. Poi c’è stata anche la telefonata il giorno prima della sua gara e non mi aspettavo nemmeno che volesse essere un pochino supportato con un confronto. Questo gesto non solo mi ha fatto molto piacere, ma mi ha dato anche motivazione e adrenalina nel continuare ad inseguire questa strada difficile che dovrà portarmi al rientro. Inoltre, siamo pugliesi entrambi e ci conosciamo da tantissimo tempo perché abbiamo iniziato insieme le prime gare tra i cadetti; lui è con Patrick Parcesepe da circa dieci anni, quindi oggi condividiamo ad Ostia pure l’allenatore e il gruppo d’allenamento da un bel po’ di tempo. Il nostro rapporto possiamo dire che si basa sullo stimolo reciproco: lui è il più competitivo del gruppo, ma anche io non sono da meno. Il mio allenatore mi diceva sempre che quando avrei imparato a stare con i maschi, mantenendo il loro ritmo in allenamento e magari anche superandoli, sarei diventata sul serio forte. Con Massimo, ecco, ho avuto la conferma che posso superare i miei limiti, è il mio stimolo quotidiano soprattutto quando riesco a dargli del ‘filo da torcere’ in allenamento. Io amo la competizione come e quanto la ama lui ed è lì che si è alimentato questo rapporto, siamo di riferimento e d’aiuto l’uno per l’altra”.

35 km, la grande novità della marcia internazionale per ambo i sessi. Cosa ne pensi, tu specialista vincente della 20 km?
È vero che si tratta di una grande e interessante novità, ma a discapito dei cinquantisti, questo va detto. Atleti e atlete, a Eugene, hanno dimostrato che in questa nuova distanza un buon ventista veloce riesce a fare anche una buona trentacinque, mentre questa distanza la soffrono un tantino i cinquantisti, che sono tendenzialmente più lenti. Il cinquantista classico rischia così di non poter partecipare ad una trentacinque con la propria Nazionale perché i ventisti competitivi possono doppiare tranquillamente la distanza. Io la reputo comunque una novità allettante e, non volendo mai pormi dei limiti, credo possa diventare una sfida stimolante per me, in un ipotetico futuro”.

La nuova distanza “ibrida” farà il suo esordio anche ai prossimi Europei di Monaco. Rompiamo gli indugi: c’è qualche speranza di vedere gareggiare Antonella Palmisano in Germania?
Come ti dicevo prima, siamo veramente a corto di allenamenti. Due settimane fa, molto probabilmente, ti avrei detto che in Germania ci sarei stata anch’io. Adesso, col fatto che mi è ritornato più che il dolore il problema dell’addormentamento, il miracolo è diventato pressoché impossibile. Valuteremo in questi con giorni con Patrick, ma siamo nell’ordine dello 0,1% sì e tutto il resto no. Mancano ormai tre settimane alla 20 km di Monaco e il mio processo di recupero è diventato veramente tortuoso”.

Invece, i tuoi programmi nel medio-lungo periodo, salute permettendo? Gli appuntamenti di Budapest 2023 e Parigi 2024 non sono poi così lontani, nella progettazione agonistica di un’atleta importante come te.
I progetti sono tanti e molto belli, ma ho bisogno di vivere stagioni più tranquille di questa. Ogni anno ci sediamo a tavolino con il mio allenatore e progettiamo di gareggiare di più, di metterci su qualche personale, di fare tantissime cose e ogni anno puntualmente mi capita qualcosa. In questa stagione sto vivendo la continuazione di quello che era iniziato l’anno scorso, perciò posso dirti che i progetti sarebbero tanti, ad esempio avrei voglia di provare una 35 km, avrei voglia di provare una 20 km internazionale, avrei voglia di bissare, avrei voglia di vincere Budapest nel 2023, dopo essere stata costretta già a saltare questi Mondiali. Avrei voglia di rivincere le Olimpiadi, però, il dato di fatto è che bisogna sempre lavorare tanto sperando di stare bene. Chiaramente, l’obiettivo del triennio è Parigi 2024, per confermarmi”.

Chiudiamo con una riflessione che, al contempo, ti farà “rosicare” dandoti comunque ulteriori motivazioni positive per il rientro in gara. In Oregon, è arrivata la clamorosa doppietta iridata della peruviana Garcia Leon, capace di mettersi alle spalle con grande autorevolezza le cinesi ed il resto del mondo sia nella 20 km sia nella 35 km. Che gare hai visto? Sinceramente, il livello delle tue colleghe a podio visto a Eugene sarebbe stato alla portata di Palmisano ammirata a Tokyo…
Sì, ho rosicato, quindi sono sincera. E penso di non averla ancora smaltita, digerita più che altro, perché già a maggio avevo notato che le cinesi non sarebbero arrivate ai Mondiali in una forma smagliante, soprattutto Qieyang Shijie. La polacca non credo che riuscirà a confermarsi ad altissimi livelli, francamente non mi fa paura. Al contrario, la peruviana nelle gare di quest’anno aveva mostrato una crescita decisa, quindi non mi sono meravigliata del suo oro nella 20 km, invece mi ha un po’ sorpresa che abbia doppiato la distanza con tanta facilità, senza alcun timore. La 20 km è stata vinta praticamente in un’ora e ventisette minuti, un tempo alla mia portata, se in condizione. Sicuramente, non avrei dato ‘vita facile’ a Garcia Leon, ma le gare bisogna farle e io in Oregon non c’ero, ma prima di Tokyo avevo coperto la 20 km di Podebrady in un’ora e ventisette alto con una gamba che si addormentava. Mi conosco e so quanto valgo, quindi oggi rosico, ma in previsione di Parigi ci sarò anche io, questo è da specificare”.

Foto: LaPresse