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Calcio

Calciatori con partita IVA: come cambierebbe il calcio?

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Per ora suona come una provocazione, ma chissà che in futuro l’idea non possa diventare concreta. Parliamo dei giocatori con partita Iva, inquadrati in uno status ben diverso da quello di lavoratori subordinati che li caratterizza ora.

L’idea era iniziata a circolare già nel 2020 quando Andrea Gabrielli, presidente del Cittadella, aveva dichiarato: “Dovessi dire la mia vedrei la figura professionale del calciatore da partita IVA più che da dipendente. Secondo la legge invece è un dipendente a tutti gli effetti e il carico contributivo è importante, la questione però riguarda anche l’Associazione Calciatori che non credo sia d’accordo”.

Come cambierebbe il calcio, se i calciatori diventassero lavoratori autonomi? Quali risvolti ci sarebbero in un sistema che, ad oggi, è fondamentale anche per l’economia del Paese?

Per prima cosa, andrebbe rivista la legge che regola il rapporto tra società e giocatore, cioè la legge n.01 del 23 marzo 1981, e quindi la forma dei contratti base tra le due parti in causa.

Si dovrebbe dar vita a una nuova figura autonoma di ‘professionista sportivo’, in cui afferirebbero tutti coloro che animano questo mondo: non solo i calciatori, ma anche i dirigenti sportivi, i direttori tecnici, gli allenatori, i medici e i vari collaboratori.

Per loro, il nuovo status comporterebbe oneri e onori: meno tutele, ad esempio, ma il privilegio di poter scegliere, senza alcun vincolo, della propria carriera. Pensiamo, infatti, a quante volte durante le sessioni di calciomercato, i giocatori finiscono per diventare veri e propri ostaggi dei club, finendo fuori rosa per valutazioni eccessive o per la mancanza di proposte.

Diventando liberi professionisti (BeProf è la migliore app per professionisti), situazioni di questo tipo non si verificherebbero e, anzi, il calciomercato filerebbe via liscio. Allo stesso tempo, i calciatori dovrebbero assumersi la responsabilità patrimoniale verso la società in caso di mancata cooperazione o di comportamenti idonei a cagionare pregiudizio.

Cambierebbe anche il ruolo degli agenti o procuratori: i club sarebbero più liberi dal giogo degli agenti, che si portano via ingenti fette di ogni trattativa che viene chiusa e intavolata, mentre i giocatori potrebbero decidere di curare i propri interessi senza alcuna intermediazione.

Sarebbe un calcio senza parametri di valutazione decisi dai club, come accade ora quando si acquista un talento svincolato. La squadra interessata si interfaccia direttamente con il giocatore, senza dover sborsare i soldi solitamente richiesti per il cartellino.

Il nodo più importante, come si legge da un approfondimento pubblicato su Calcio e Finanza, riguarderebbe l’aspetto economico-finanziario e la redazione del bilancio d’esercizio, obbligatorio secondo le NOIF, ovvero le Norme Organizzative Interne della Federazione.

Ad oggi, le società sopravvivono, tra le altre cose, grazie alle plusvalenze realizzate in fase di compravendita dei giocatori che, figurando come attività patrimoniali, portano ad un relativo aumento del reddito d’esercizio della società stessa.

Togliendo le trattative tra i club e prevedendo lo status di libero professionista dei calciatori, il sistema si esaurirebbe. Per i club diventerebbe impossibile inquadrare i componenti della squadra come un’attività patrimoniale e, sul bilancio d’esercizio, il loro costo d’acquisto verrebbe considerato come un vero e proprio componente negativo di reddito.

Il risultato? Le trattative spettacolari che, durante tutto l’anno, popolano pagine e pagine di giornali verrebbero limitate e l’idea del calciomercato come lo intendiamo oggi verrebbe stravolta. Con una riduzione dei costi per i presidenti, è vero, ma anche molti meno ricavi.

Foto: Lapresse