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Sci Alpino

Sci alpino, il Mondiale di Marta Bassino e la gioia di un oro condiviso – VIDEO

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Il 16 febbraio 2021 andava in scena una delle “gare” più indecenti che lo sport moderno abbia mai contemplato, ma quasi tutti gli appassionati (specialmente chi segue lo sci in maniera occasionale, diciamocelo) vantano un ricordo tremendamente piacevole di quel parallelo ai Mondiali di Cortina. Già, perché a vincere fu la nostra Marta Bassino al termine di un evento a dir poco rocambolesco, pieno di ribaltoni e sorprese come l’ex-aequo finale, di cui si ebbe notizia a gara conclusa, con Katharina Liensberger.

Prima di ripercorrere le gesta dell’azzurra che merita senz’altro di essere elogiata per quanto ha saputo conquistare, è doveroso offrire una motivazione all’aggettivo “indecente” utilizzato nel paragrafo di apertura. Lasciamo stare le critiche alla disciplina del parallelo, bersagliata a più riprese per un milione di motivi validi ma pur sempre assegnatrice di titoli olimpici e mondiali che pesano come macigni. Quel 16 febbraio si sommarono molteplici errori e leggerezze da parte degli organizzatori che, uniti ad un regolamento inappropriato, regalarono uno spettacolo pietoso agli amanti dello sci alpino.

La svista più clamorosa fu preparare due tracciati totalmente iniqui, uno più veloce dell’altro di almeno sei decimi (e su una gara poco più lunga di venti secondi ce ne vuole). Col senno di poi sarebbe stato opportuno disegnare il percorso senza inutili diagonali sul pendio che hanno marcato ulteriormente la differenza tra pista blu e pista rossa, d’altronde stavamo assistendo ad un Campionato del Mondo e non ai giochi senza frontiere delle sagre di paese.

Inoltre il manto nevoso non era preparato nel migliore dei modi a causa di comprensibili difficoltà legate alle condizioni esterne ed il lentissimo tracciato blu è stato soggetto a maggior degrado, evidenziando in maniera ancor più palese le differenze della pista.

A coronare il trionfo dell’ingiustizia sportiva ci pensò il regolamento: il distacco di un’atleta non poteva essere superiore ai cinquanta centesimi dopo la prima manche, quindi se uno sciatore non partiva o accumulava tre secondi al termine della discesa sarebbe comunque rimasto a ridosso dell’avversario e in gioco per il passaggio del turno. L’occasione di recuperare veniva data però (e qui casca l’asino) solo a coloro che scendevano sul percorso rosso nella seconda run, poiché tornare sotto su pista blu era oggettivamente impossibile. Insomma chi si destreggiava sulla pista rossa nel secondo scontro era indiscutibilmente avvantaggiato. E da regolamento a chi spettava il privilegio di beneficiare del tracciato rosso nelle seconde manche durante la fase finale? Spettava a chi meno lo meritava, ovvero all’atleta qualificato con il sedicesimo ed ultimo tempo disponibile.

Da questo mix esplosivo di fattori nasce una buona fetta dell’oro mondiale di Marta Bassino, favorita proprio perché qualificata con il sedicesimo crono, strappato tra l’altro alla compagna Lara Della Mea, estromessa dalle fasi finali di un solo centesimo.

Proviamo a spiegare il significato di questa lunga e durissima critica all’evento del 16 febbraio. Lo sport, a qualunque livello lo si pratichi, è basato sui valori di equità e giustizia e a tutti deve essere concesso di competere e primeggiare al massimo delle proprie potenzialità. Se la fortuna (derivata da chiari errori organizzativi) gioca un ruolo troppo rilevante viene commesso un torto nei riguardi degli sconfitti e dello stesso vincitore, che rischia di essere ricordato più per la buona sorte che per le doti tecniche messe in campo. E’ vero che ha vinto un’italiana, ma non per questo possiamo soprassedere allo scempio: se al posto di Marta ci fosse stata un’altra atleta avremmo gridato per giorni all’ingiustizia, non è contemplabile dunque tacere sullo svolgimento arbitrario della gara e lodare chi ha trionfato solo perché è un connazionale: si commetterebbe un torto nei riguardi degli atleti che hanno speso ore e ore ad allenarsi per poi essere ingiustamente traditi dalle circostanze.

Sperando di non avervi annoiati con questa analisi doverosa, passiamo a descrivere l’andamento della gara. La pressione sugli azzurri era tanta dato che, fino a quel momento, la rassegna non aveva ancora regalato medaglie agli atleti di casa. I tifosi speravano in un grande risultato ma le incognite del parallelo tenevano tutti sulle spine, centrare la qualificazione tra i migliori sedici era già di per sé impresa ostica. Nel comparto femminile passarono il taglio Federica Brignone e la cuneese Marta Bassino capace di scippare, come detto in precedenza, l’ultimo tempo utile a Lara Della Mea. Marta si ritrovò nella stessa parte di tabellone della compagna e fu contrapposta alla miglior atleta della qualifica, la slovena Meta Hrovat.

Una sfida sulla carta molto godibile poiché si scontravano due ragazze con caratteristiche fisiche e doti tecniche simili, che spesso avevano battagliato l’una contro l’altra nelle gare di slalom gigante. Marta fu bravissima a limitare i danni nella prima manche, sfruttando una discesa non perfetta della rivale, per poi usufruire dei vantaggi del tracciato rosso nella seconda run, rifilare oltre otto decimi a Hrovat e aggiudicarsi il passaggio del turno, dove la attendeva uno scontro fratricida con Federica Brignone.

La cuneese venne nettamente sconfitta all’andata ma era ben consapevole che i giochi non erano ancora fatti. Il cancelletto si aprì come da programma mezzo secondo dopo quello della valdostana e andò in scena la più classica delle rimonte, coronata quasi al fotofinish: Bassino vinse grazie ad un tempo complessivo migliore per un misero decimo, scatenando la rabbia incontenibile di Brignone nei confronti degli organizzatori. Eloquenti le parole della figlia di “Ninna” Quario ai microfoni RAI dopo il traguardo: “Penso sia una delle gare più indecenti che abbiano organizzato, ad un Mondiale per di più. Indecente davvero”.

Mentre iniziavano ad accumularsi le polemiche degli sconfitti al parco chiuso il parallelo iridato procedeva spedito verso le semifinali. A separare Bassino dal duello per l’oro c’era Tessa Worley, una delle atlete più toste del circuito e talento indiscutibile delle porte strette, già capace di vincere quattro titoli mondiali prima di allora. L’impresa dell’azzurra si materializzò sul tracciato blu, dove il distacco inflitto dalla transalpina non oltrepassò il mezzo secondo attestandosi sui 48 centesimi. La seconda manche come da pronostico vide la rimonta di Marta, brava a recuperare metro dopo metro finalizzando il recupero sulla linea del traguardo. Il verdetto del cronometro recitò 46”67 per entrambe, ma si dovette attendere la grafica per capire chi avrebbe avuto accesso alla finalissima. Passò Bassino in virtù dell’ennesima falla regolamentaria: a parità di tempo va avanti chi era in svantaggio dopo la prima manche. Perché? Boh.

Fatto sta che nel giro di poche ore Bassino era pronta a giocarsi un titolo mondiale nonostante avesse acciuffato la qualificazione in mattinata per un pelo. Tanto valeva a quel punto dare il massimo per portarsi a casa la medaglia più pregiata. La sfidante rispondeva al nome di Katharina Liensberger, che qualche giorno più tardi si sarebbe laureata Campionessa del Mondo nello slalom: l’austriaca vantava una condizione di forma invidiabile e ne diede prova seminando la padrona di casa nella run iniziale. Bassino sapeva di poter comunque contare sul tracciato migliore per la seconda manche.

Anche questa volta andò in scena una super (e poco sorprendente) rimonta, che vi riproponiamo qui sotto.

Come testimoniano le immagini Bassino aveva colmato il distacco già nella prima parte di gara, ciononostante un paio di sbavature causate dal manto distrutto la fecero rallentare permettendo il recupero dell’avversaria. Le tre porte finali sono da cardiopalma: Liensberger pare avanti di un’incollatura, Marta si schiaccia sulle gambe per profondere il massimo sforzo sfruttando la velocità di uscita curva e viene premiata proprio sulla linea di arrivo. Di nuovo ex-aequo dice il cronometro, ma la grafica che appare con qualche secondo di ritardo è ancora una volta è rivelatrice: trionfa l’italiana, scatta la grande festa azzurra sull’Olimpia delle Tofane mentre i tecnici austriaci dopo aver lanciato un’occhiataccia al tabellone vanno a inveire giustificatamente contro la direzione gara. Nel computo delle due manche non ci sarebbe stata storia, Liensberger avrebbe vinto oltre ogni ragionevole dubbio sommando i tempi, purtroppo per lei la regola del mezzo secondo di distacco massimo vale anche in finale. Ciò che non si sapeva (e che si è scoperto solo parecchi minuti dopo la conclusione della gara) è che nell’atto conclusivo il pari merito non premia l’atleta partito in svantaggio, ma da diritto alla vittoria a entrambi gli sciatori. Tra i volti attoniti dei presenti (atleti inclusi) il successo viene assegnato in coabitazione a Bassino e Liensberger, vincitrici di una delle gare più cervellotiche che la storia ricordi.

Di quella giornata vorremmo dimenticare le polemiche e le obbrobriosità a cui abbiamo assistito per ricordarci solamente del sorriso delle trionfatrici, ritrovatesi sul gradino più alto del podio a coronare insieme il sogno di una carriera. A noi addetti ai lavori spetta l’ingrato compito di condannare gli sbagli degli organizzatori quando questi sono evidentissimi e ingiustificabili, ma non possiamo non celebrare i sacrifici di due giovani ragazze che hanno lottato fin da quando erano bambine per arrivare così in alto. Comunque vada le gare passano, la fortuna gira, le occasioni sfumano e non sempre tornano, ma le medaglie restano. Auguriamo a Katharina Linesberger e Marta Bassino di ammirare l’oro che hanno vinto gratificando i propri sacrifici senza rimembrare il modo ingiusto in cui quegli stessi sacrifici sono stati ripagati il 16 febbraio, nonostante il trionfo. Oltre la fortuna sono due atlete straordinarie, che in futuro si renderanno protagoniste di altri successi di grandissimo rilievo, forse già dalle Olimpiadi di Pechino 2022. In bocca al lupo a entrambe!

Foto: Lapresse