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Scacchi, Mondiale 2021: Carlsen-Nepomniachtchi, tra precisione, novità teorica e psicologia

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Dopo le prime quattro partite, una cosa è certa: chi si attendeva un’istantanea defaillance di Ian Nepomniachtchi contro Magnus Carlsen è rimasto smentito. I due stanno dando vita a un match molto interessante, figlio anche degli stili completamente diversi dei due giocatori: maestro di tecnica e dei finali l’uno, spesso molto votato all’attacco l’altro. Ma in tutto questo un ruolo importante lo sta giocando anche la psicologia. E la quarta partita ne è un ulteriore esempio.

Andiamo a vedere nel dettaglio qualche elemento. Ad esempio, la scelta dell’apertura: Nepomniachtchi ha utilizzato la Difesa Russa, l’arma vanamente utilizzata tre anni fa da Fabiano Caruana per cercare di scardinare le difese del Campione del Mondo. Tuttavia, Carlsen era preparato. Questo perché, nella preparazione, aveva notato come il russo l’avesse usata nel Torneo dei Candidati, contro Wang Hao. E se è vero che poi si rientrò in una linea della Difesa Francese, è ugualmente vero che tale confronto fu determinante per i destini di “Nepo”: era il 12° turno e, in quello successivo, si sarebbe qualificato matematicamente per il match mondiale.

Fino alla quindicesima mossa, tutto è andato nella direzione di una partita del 2017, giocata tra Maxime Vachier-Lagrave e Caruana al Norway Chess, torneo diventato tra i migliori per campo partecipanti negli ultimi anni (e un indubbio ruolo lo ha anche l’attuale numero 1 del mondo). Carlsen, però, sperava di sorprendere Nepomniachtchi con 18. Ch4, linea diversa anche da alcune partite per corrispondenza giocate con sequenza fino alla 17a mossa.

18. Ch4 è una mossa che assume numerose valenze: significa lasciar andare il pedone passato del Nero sulla colonna a, ma anche cercare di manovrare per rimettere in gioco un pezzo fino a quel momento rimasto fuori. Del resto, è più mobile il Cavallo bianco di quello nero, rimasto ancora indietro in quel momento. L’idea di Carlsen si collega a 18… g6 19. g4, che libera g2 per portare il citato Cavallo, nel giro di due mosse, in e3, attaccando il pedone nero d5.

La successiva 20… Tfc8 del Nero ai motori non piace, ma, come hanno riferito diversi Grandi Maestri, suona più umana. Il Campione del Mondo l’ha spiegata così: “Ci sono linee complicate in un modo insano. L’approccio che Ian ha scelto non è il solo che il Nero può utilizzare, e in altre varianti le cose sono tremendamente complicate e molto, molto rischiose”.

Successivamente, anche a costo di pensare molto a lungo, il detentore del titolo ha cercato di inserire qualche tattica con piccole trappole all’interno della partita (ad esempio, dopo 27. d5 se il Nero avesse catturato di Torre molto semplicemente l’avrebbe persa per via di 28. Cf6+ con forchetta). Alla trentesima, poi, ha riflettuto per oltre 34 minuti, ma più passava il tempo e meno pareva convinto di scegliere altra via che il perpetuo. Il tutto data la mancanza completa di una continuazione in grado di portarlo direttamente alla vittoria.

Si dice che i match mondiali si giochino anche sulla psicologia, e questo è vero. Esistono numerosissimi esempi nella storia, alcuni anche molto famosi: dal crollo di Lasker contro Capablanca cent’anni fa con annesso ritiro alla vera e propria guerra di nervi di Bobby Fischer a inizio sfida con Spassky nel 1972, passando per Karpov. Il nome basta, perché fu protagonista di due tra i più chiacchierati match di sempre: quello di Bagujo, nel 1978, in cui con Viktor Korchnoi se le diedero di santa ragione sia sulla scacchiera che (per interposte persone) fuori, e nel 1984, nella sfida infinita con Kasparov.

Questa, durata 48 partite, vide l’allora campione andare quasi subito sul 4-0 (vinceva chi arrivava per primo a 6 vittorie), infilare una serie di patte prima del 5-0 e poi rimanere inchiodato su molti mezzi punti dal nativo di Baku. Il quale, nel frattempo, colse la prima vittoria, poi seconda e terza in successione nella 47a e 48a. Erano tutti e due esausti, ma Karpov molto di più: sembrava ormai provato del tutto e col rischio di essere rimontato. Intervenne la FIDE, o meglio il presidente Campomanes, che interruppe il match d’arbitrio a febbraio 1985 per convocarne uno nuovo a novembre dello stesso anno con nuove regole. Nessuno dei due contendenti la prese bene, ma dalla fine di quell’anno Kasparov regnò. E nel momento in cui rischiò di perdere il titolo, nel 1987, s’inventò una maestria con pochi eguali.

Ma la psicologia può anche essere molto sottile: si parla spesso di preparazione in apertura da distruggere, di situazioni particolari sulla scacchiera che possono portare dall’una o dall’altra parte l’esito del confronto. Nel 2016 Carlsen subì diverse volte l’eccezionale difesa di Karjakin fino a spazientirsi ed andare sotto nel punteggio nell’ottava partita, ma rimontò vincendo la decima e poi trionfò agli spareggi. Da russo a russo, Nepomniachtchi sta riuscendo a giocare anche sul piano mentale questa sfida con notevole vigore. Il norvegese ha provato a innervosirlo all’inizio, dandogli quasi della wild card rispetto a Caruana e Ding Liren, ma non se n’è curato. Sulla scacchiera non ha mai tremato, anzi ha avuto lui l’occasione finora migliore, e pur non avendo ancora potuto disporre pienamente del suo stile di gioco si è finora molto ben distinto. In molti ritenevano proprio la tenuta mentale il suo punto debole, visto il suo storico di occasioni perse e relativi cali di rendimento, ma finora non ce n’è stata traccia.

Foto: FIDE / Eric Rosen