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Miglior allenatore 2021 – Oscar OA Sport: Mancini titanico, La Torre rivoluzionario. Il cuore di Fefé, il carisma di Sirena

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L’Italia può contare su validissimi allenatori ed è anche per merito loro se il nostro Paese ha ottenuto risultati superlativi nel corso del 2021. Leader in campo e nello spogliatoio, uomini e donne che hanno saputo trascinare i propri atleti e le proprie Nazionali verso i massimi traguardi in una stagione davvero indimenticabile. Grinta, carisma, tenacia, capacità tecnica, agonismo, doti nel tenere insieme i propri elementi e tanti trionfi portati a casa. OA Sport assegna l’Oscar 2021 al migliore allenatore dell’anno: di seguito la nostra top-10.

OSCAR OA SPORT 2021, MIGLIOR ALLENATORE:

PRIMO POSTO – ROBERTO MANCINI: 

L’Uomo della Provvidenza. Ricopre uno dei ruoli più scottanti alle nostre latitudini: Commissario Tecnico della Nazionale di calcio maschile. In un Paese di 60 milioni di allenatori, Roberto Mancini siede sullo scranno più ostico e scomodo. A maggior ragione dopo che il suo predecessore ha mancato la qualificazione agli ultimi Mondiali e ha fatto sprofondare il movimento in un precipizio profondo come la Fossa delle Marianne. Deve ricostruire una cattedrale dalle fondamenta, trovando il materiale giusto e cercando quell’amalgama fondamentale per tenere in piedi l’edificio. Missione complicata. 

Passo dopo passo, adagio e senza proclami, rigenera e tempra una squadra di grande spessore. L’Italia torna a essere temuta dagli avversari e getta la maschera della cenerentola avvolta in un tunnel di ombre angoscianti. La nostra Nazionale si presenta agli Europei sulle ali dell’entusiasmo, con il vantaggio di poter giocare la fase a gironi allo Stadio Olimpico di Roma e con la convinzione di avere a disposizione tutti i mezzi per fare bene. L’obiettivo è quello di sfatare il tabù continentale, che ci ha visti trionfatori soltanto una volta e che ci vede digiunare da 53 anni. 

Roberto Mancini si comporta da autentico condottiero, è un vero e proprio leone in panchina, incarna alla perfezione la mansione del capobranco che trascina i suoi lupi in battaglia in campo aperto. Ha la personalità per non mollare nell’insidioso ottavo di finale contro l’Austria deciso ai tempi supplementari, imbastisce una bella tela per uscire vittorioso dalla semifinale ultra tattica contro la Spagna ai calci di rigore, non trema al cospetto dell’Inghilterra padrona di casa nell’atto conclusivo. Per due volte consecutive supera indenne la roulette del dischetto ed entra nella leggenda con in mano la Coppa tanto bramata. 

CT dell’Italia che risveglia l’Italia. Campione d’Europa. CT, cuore tenace, coraggio temerario, caparbietà tagliante. Sul tetto del Vecchio Continente. Peccato poi per la sconfitta contro la Spagna nella semifinale di Nations League a San Siro, ma soprattutto per non essere riusciti a vincere il girone di qualificazione ai Mondiali 2022: bisognerà passare dal doppio insidioso turno di playoff a marzo, sperando di non doversi bagnare il viso con cocenti lacrime di delusione come contro la Svezia… 

SECONDO POSTO – ANTONIO LA TORRE: 

L’atletica leggera si è rivelata la grande sorpresa per l’Italia alle Olimpiadi. Tornare a casa con cinque medaglie d’oro sembrava oggettivamente una follia marziana. Se qualcuno lo avesse pronosticato alla vigilia delle gare gli avrebbe dato del matto, a ragion veduta viste le premesse. L’Italia era reduce dal pesantissimo zero di Rio 2016 e da un solo bronzo raccolto a Londra 2012, mentre l’ultimo metallo prezioso risaliva a Pechino 2008. I Mondiali 2019 erano stati tutt’altro che esaltanti e si pensava di presentarsi a Tokyo giusto per offrire buone prestazioni e salvare la faccia. 

Invece la formazione guidata dal CT Antonio La Torre si è rivelata vincente: cinque titoli, ovvero la metà di tutti quelli conquistati dal Bel Paese nell’intera rassegna a cinque cerchi. Si tratta di trionfi decisamente pesanti perché l’Italia può fare affidamento sull’uomo più veloce del mondo (Marcell Jacobs), sull’uomo che salta di più (Gianmarco Tamberi), sulla staffetta più rapida (4×100) e sui due migliori marciatori del Pianeta (Antonella Palmisano e Massimo Stano). Alle spalle c’è tanto lavoro, che ha prodotto risultati oggettivamente insperati. 

Ad Antonio La Torre va il merito di avere permesso un cambio di approccio nella struttura tecnica della Federazione, di avere portato più rigore, di avere garantito un lavoro ai vertici più controllato e più calibrato, senza dispersione di risorse ed energie. Il Professore ha saputo fare la differenza con pacatezza e con una rivoluzione gentile, che non si ferma con l’apoteosi nel Sol Levante: c’è ancora tanto da fare per riportare in auge settori al momento in grossa difficoltà e per mantenere questa Italia ai vertici (record di ori ai Giochi e secondo posto nel medagliere alle Olimpiadi, alle spalle soltanto degli USA). Senza dimenticarsi del secondo posto in Coppa Europa, a un passo da un sigillo che sarebbe stato decisamente prestigioso. 

TERZO POSTO – FEFÈ DE GIORGI: 

Mentre a Tokyo si sta consumando una cocente eliminazione ai quarti di finale delle Olimpiadi, il tecnico pugliese è al lavoro in Italia per plasmare i primi pezzi della sua nuova Nazionale di volley maschile. Mentre l’Italia sta perdendo amaramente al tie-break contro l’Argentina, il ribattezzato Eroe dei due Mondi inizia a costruire il gruppo del futuro, pronto a subentrare a Chicco Blengini. 

Il palleggiatore della Generazione dei Fenomeni, che in inverno era stato esonerato da Civitanova dopo aver vinto letteralmente tutto, si getta a capofitto nella nuova avventura da Commissario Tecnico. Fefé De Giorgi ha il compito estremamente complesso di avviare il ricambio generazionale e di lanciare giovani arrembanti, provando a creare una Nazionale che sappia emergere negli eventi di punta. 

Si pensa che siano necessari degli anni e invece nel giro di un mese si ritrova sul tetto del Vecchio Continente insieme ai suoi ragazzi. L’Italia torna a vincere gli Europei dopo addirittura sedici anni di digiuno, imponendosi in Polonia al termine di una cavalcata palpitante culminata con la vittoria al tie-break contro l’arcigna Slovenia. Giovani, forti, talentuosi e subito vittoriosi: Alessandro Michieletto, Daniele Lavia, Giulio Pinali, Yuri Romanò, Gianluca Galassi, Fabio Balaso si consacrano fiancheggiati dai veterani Simone Giannelli e Simone Anzani. 

Fefé De Giorgi ha saputo creare un gruppo all’urlo di “Noi, Italia”. Una formazione che crede nei propri mezzi, fondata non soltanto sulla bravura tecnico-tattica ma anche sul carisma, sulla forza dei rapporti interpersonali, sullo spogliatoio e sul sostegno reciproco tra i vari attori, tutti protagonisti in egual misura e capaci di regalarci un sogno di fine estate. 

QUARTO POSTO – MAX SIRENA: 

C’è la sua grande mano dietro alle eccellenti prestazioni di Luna Rossa in America’s Cup. Non possiamo considerarlo un allenatore nel senso letterale del termine, ma lo skipper del sodalizio italiano è determinante alla guida dell’equipaggio targato Prada-Pirelli. L’esperto velista romagnolo è un eccellente tecnico, è un comunicatore nato, è un istrione che riesce a tenere sotto controllo una truppa di circa cento persone dall’altra parte del mondo e la fa filare che è una meraviglia. 

Un leader sui generis, capace di fare gruppo e di creare quel “clima squadra” fondamentale per emergere in campo internazionale. Non soltanto gli undici uomini a bordo, ma tutta l’equipe a terra tra progettisti, ingegneri, team legale, maestranze di ogni genere. Max Sirena si è dimostrato ancora una volta un coordinatore encomiabile, il gestore perfetto di una campagna durissima, durata tre anni: prima a Cagliari, poi ad Auckland dove Luna Rossa ha fatto sognare l’Italia intera regalando delle notti (nel senso letterale del termine) davvero magiche. 

Max Sirena ha avuto il merito, insieme a chi lo ha affiancato (leggasi Vasco Vascotto e compagnia), di inventare il doppio timoniere (James Spithill e Francesco Brunieri), di sfruttare le doti di Pietro Sibello come trimmer randa, di generare e infondere la giusta grinta per vincere la Prada Cup (demolendo American Magic e Ineos Uk) e per poi tenere testa a Team New Zealand. Sul 3-3 si credeva nell’impresa di conquistare il trofeo sportivo più antico al mondo, poi i Kiwi hanno operato lo strappo e hanno difeso il titolo, ma la cavalcata del sodalizio tricolore è stata a dir poco esaltante per tutto l’inverno.  

QUINTO POSTO – FRANCO CATTANEO: 

Il Direttore Tecnico della Nazionale Italiana di canottaggio non è mai stato appariscente e il suo nome non è sicuramente sulla bocca di tutti. Il campano è il classico uomo che preferisce i fatti alle chiacchiere, che fa valere i risultati, che è abituato a portare l’arrosto caldo in tavola e non a propinare fumo inconcludente. Era così anche quando saliva in barca in prima persona (portando a casa tre medaglie iridate), non è cambiato neanche quando ha preso le redini del movimento tricolore dopo aver compiuto una meritata scalata, raggiungendo il timone con bravura e competenza. 

Le Olimpiadi di Tokyo 2020 sono la perfetta sublimazione della sua metodica e della grande profusione lavorativa. Ha avuto la lungimiranza di insistere sul settore femminile, troppo spesso bistrattato, e ha avuto pienamente ragione perché Federica Cesarini e Valentina Rodini hanno conquistato una storica medaglia d’oro ai Giochi, la prima per il nostro settore in rosa nella rassegna a cinque cerchi. 

Non soltanto l’apoteosi del due di coppia pesi leggeri, ma anche due bronzi con gli uomini: lo sfortunatissimo 4 senza di Matteo Castaldo, Matteo Lodo, Marco Di Costanzo, Giuseppe Vicino che ha dovuto scontare la positività al Covid-19 di Bruno Rosetti poco prima della partenza, senza dimenticarsi di un finale controverso dove sono stati anche potenzialmente ostacolati; il due di coppia pesi leggeri degli inossidabili Stefano Oppo e Pietro Ruta. 

SESTO POSTO – DAVIDE MAZZANTI: 

Metodico e sempre all’avanguardia. Mai banale e sempre pronto a sperimentare. Preciso e puntiglioso. Innovatore e sempre disposto ad alzare l’asticella. Ha dato una marcia in più alla Nazionale Italiana di volley femminile e, forte di una rosa di elevatissimo spessore, si presenta ai nastri di partenza con grandi obiettivi, a maggior ragione dopo l’argento conquistato ai Mondiali 2018. 

Le azzurre sono tra le grandi favorite per la conquista della medaglia d’oro alle Olimpiadi, ma la trasferta di Tokyo si rivela un fallimento: pessimo cammino nella fase a gironi, incrocio con la bestia nera Serbia ai quarti di finale, netta sconfitta per 3-0 e si resta giù dal podio a cinque cerchi. La maledizione del podio a cinque cerchi non viene sfatata, Paola Egonu e compagne sono affrante e ricevono critiche da più parti.  

Davide Mazzanti è bravo a ricompattare il gruppo e a fare ritrovare la giusta motivazione alle proprie guerriere, fornendo l’occasione immediata per un pronto riscatto. Gli Europei, che l’Italia non vinceva dal 2009. Questa volta il sestetto tricolore risulta impeccabile, ritrova il bel gioco, è incisivo in attacco e granitico a muro, abile in difesa e solido in ricezione: la cavalcata è perfetta fino all’atto conclusivo, dove la Serbia viene presa a pallate di fronte ai 20.000 spettatori della Stark Arena di Belgrado. Un nuovo capolavoro del CT, al primo vero trionfo azzurro dopo tanti podi. 

SETTIMO POSTO – MARCO VILLA: 

Il demiurgo che ha contribuito alla rinascita del ciclismo su pista. Eravamo spariti dai radar internazionali fino a pochi anni fa, poi l’esplosione totale e ora il nostro movimento è diventato un caso di studio per i Paesi stranieri. Alla base un lavoro metodico e certosino, fatto non soltanto di tante tabelle prestazionali e di allenamento ma anche di ottime doti comunicative e di convincimento. Il tecnico lombardo è stato bravo a instaurare un rapporto di fiducia con gli atleti e con le squadre, dimostrando con i fatti che la doppia attività strada-pista era assolutamente fattibile e che anzi garantiva dei vantaggi agli stessi ciclisti e alle loro formazioni. 

Ci si è concentrati sulla base, si è plasmato il vertice, si è insistito con caparbietà e ormai Marco Villa è un vero e proprio faro del panorama sportivo internazionale. Il quartetto dell’inseguimento a squadre ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi e ai Mondiali, merito di una cilindrata di categoria superiore come Filippo Ganna e dei suoi compagni che hanno alzato incredibilmente il rendimento individuale e hanno trovato la giusta alchimia lungo i quattro chilometri.  

Ai Giochi si è distinto anche Elia Viviani con il bronzo nell’omnium (dopo il titolo di cinque anni fa), in campo iridato ben quattro sigilli (oltre all’inseguimento anche Viviani e Letizia Paternoster nell’Eliminazione, Martina Fidanza nello Scratch). Tutto questo nonostante l’atavico problema di impiantistica nel Bel Paese che non va mai dimenticato e che andrebbe risolto in tempi rapidi. 

OTTAVO POSTO – CESARE BUTINI: 

Il Commissario Tecnico della Nazionale di nuoto può festeggiare un’annata decisamente soddisfacente. Alle Olimpiadi è mancato l’alloro di pesante, ma la nostra Nazionale ha conquistato ben sette medaglie. Gregorio Paltrinieri, in condizioni fisiche non ottimali a causa della mononucleosi affrontata poche settimane prima, si è messo al collo l’argento sugli 800 stile libero e nella 10 km di fondo. 

La 4×100 stile libero maschile ha fatto saltare il banco con l’argento; Nicolò Martinenghi è esploso con il bronzo sui 100 rana; Federico Burdisso si è consacrato col bronzo sui 200 farfalla; Simona Quadarella si è consolata col terzo gradino del podio sugli 800 stile libero; la splendida staffetta 4×100 misti maschile è stata terza. Una sequela di risultati di elevato spessore, a cui purtroppo è mancato soltanto l’oro luccicante. 

Cesare Butini è stato abile, nel corso degli anni, a gestire un movimento sempre più profondo e prolifico: non ci sono soltanto le punte di diamante che impreziosiscono i medaglieri, ma tanti atleti in grado di mettersi in luce, di qualificarsi per le finali, di piazzarsi, di esprimere un nuoto davvero di elevato spessore. L’Italia si è ritagliata con grande sagacia un posto di riferimento nel panorama internazionale, tra le grandi potenze storiche, e riesce sempre a fare bella figura. 

Non vanno dimenticati i risultati nelle competizioni di contorno: 27 medaglie (5 ori) agli Europei di maggio (terzo posto nel medagliere); 35 medaglie (7 ori) e terzo posto nel medagliere agli Europei in vasca corta di novembre; 16 medaglie (5 ori) e terzo posto nel medagliere ai Mondiali in corta di dicembre (record assoluto).

NONO POSTO – ENRICO CASELLA: 

Il Guru indiscusso che ha stravolto le logiche della ginnastica artistica femminile alle nostre latitudini. Fino a una ventina di anni fa, l’Italia era una mera comparsa a livello internazionale e si faticava anche soltanto a qualificare un’atleta in una finale di specialità ai Mondiali. Il tecnico bresciano ha preso le redini della Nazionale e ha saputo rivoltare come un calzino l’intero movimento, portandolo a toccare picchi insperati. L’ingegnere ha saputo creare, rafforzando la base e lavorando tantissimo sul vertice: l’Accademia di Brescia, la volontà di lavorare con un gruppo plasmato fin dai primi passi, la gestione delle ragazze in ogni aspetto della vita quotidiana e sportiva. 

Il miracolo di Vanessa Ferrari e l’esplosione delle Fate sono per larga parte merito suo (al netto del talento delle atlete, chiaramente). Enrico Casella ricorderà a lungo questa stupenda annata agonistica, coincisa con l’apoteosi della sua pupilla per eccellenza, arrivata a conquistare la tanto agognata medaglia olimpica (argento al corpo libero) dopo mille vicissitudini e dopo aver superato una moltitudine indicibile di ostacoli. In aggiunta Vanessa Ferrari ha conquistato anche il bronzo agli Europei, la squadra capitanata dalla bresciana è stata quarta alle Olimpiadi (a una manciata dal terzo posto) e infine Asia D’Amato si è messa al collo l’argento iridato al volteggio 

DECIMO POSTO – DAVIDE GIULIANO: 

La banalità non è di casa, al CT della Nazionale Italiana di football americano piacciono le cose difficili e vuole metterci un autografo di rilievo, giusto per rimanere nella storia e portarsi a casa un pezzetto di immortalità sportiva. Che fosse sulla strada giusta si era già intuito nel 2019, quando gli azzurri riuscirono a stendere la Svizzera e soprattutto la quotata Austria nelle qualificazioni. La pandemia ha fermato tutto, ma l’Italia ha sempre serbato l’idea di mettere le mani su qualcosa di concreto. 

Dopo la semifinale vinta a tavolino contro la Francia in estate, bisognava fare l’ultimo passo per consacrarsi. In trasferta, contro la Svezia, nella tana di Malmoe. Il ribattezzato Blue Team domina e vince gli Europei. Uno show assoluto inscenato da parte degli azzurri, apparsi decisamente di una forma superiore agli scandinavi e meritevoli del terzo titolo continentale della storia.  

Dopo le affermazioni del 1983 e nel 1987 arriva una nuova gioia per i nostri portacolori. Davide Giuliano era in campo agli storici Mondiali del 1999, nel 2023 bisognerà alzare l’asticella per essere protagonisti anche durante la rassegna iridata. In un’annata memorabile per lo sport tricolore, anche l’universo del football americano ha avuto la sua gioia, per mano anche di un eccellente selezionatore che ha saputo fare leva sulla qualità e sul carisma di uno spogliatoio splendidamente gestito.

Foto: Lapresse