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Atletica, morto l’ex-presidente della Iaaf Lamine Diack: coprì casi di doping degli atleti russi

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È deceduto a Dakar all’età di 88 anni il franco-senegalese Lamine Diack, controverso ex-presidente della Federazione Internazionale di atletica leggera (Iaaf). Eletto successore di Primo Nebiolo nel 1999 rimase in carica per ben 16 anni prima di essere sospeso dal CIO nel 2015 in seguito all’accusa di corruzione che pendeva sul suo mandato.

All’epoca si sarebbe intascato una corposa tangente da duecentomila euro per coprire le positività ai test antidoping degli atleti russi, servendosi dei figli Khalil e Papa Massata e dell’amico Habib Cisse (da lui assunti in ruoli cardine della Federazione). Aveva inoltre avviato una fitta rete di sponsorizzazioni con il paese che gli garantiva ulteriori cospicui introiti.

Fu condannato nel 2020 a quattro anni di carcere ed al pagamento di una multa da mezzo milione di euro, ma si sottrasse all’esito della sentenza presentando ricorso. L’anno prima era stato incriminato per un altro episodio di corruzione relativo alle assegnazioni delle due ultime rassegne olimpiche e dei Mondiali di Atletica di Pechino 2015.

Il conseguente divieto di lasciare la Francia fu revocato in seguito al pagamento di una cauzione stellare da cinquecentomila euro, il cui importo venne parzialmente coperto dallo Jaraaf de Dakar, squadra di prima divisione senegalese di cui Diack fu presidente. La società mise in vendita i suoi terreni per aiutare il connazionale a completare il versamento, garantendogli così il ritorno in patria.

Lamine Diack lascia la moglie e ben quindici figli, alcuni tuttora invischiati nei processi di corruzione del padre. Prima di iniziare la sua, umanamente parlando, fallimentare carriera da presidente della Iaaf era stato un discreto saltatore in lungo, capace di imporsi ai Campionati Nazionali Francesi nel 1958.

Foto: Lapresse