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Rugby, All Blacks: Ian Foster e quella panchina che ora scotta

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Due sconfitte consecutive sono qualcosa di non abituale per la Nuova Zelanda, tornare dal tour autunnale in Europa con uno score passivo è qualcosa di quasi unico. Eppure gli All Blacks in questo novembre hanno vinto (senza convincere) contro l’Italia per poi cedere contro l’Irlanda a Dublino e la Francia a Parigi. E ora le critiche colpiscono duramente Ian Foster, il coach.

Poco conta che in questo 2021 la Nuova Zelanda abbia vinto la Rugby Championship, in Patria i due brutti ko subiti nelle ultime due settimane hanno lasciato il segno. Perché gli All Blacks hanno giocato oggettivamente male (anche quando hanno battuto l’Italia) e perché sia l’Irlanda sia, soprattutto, la Francia hanno dato una vera e propria lezione di rugby ai tuttineri. E se a ciò si aggiunge che molti sono poco convinti della scelta di Ian Foster come ct fin dalla sua nomina, è chiaro come mai ora ci sia lui sulla graticola.

L’ex assistente di Steve Hansen, infatti, ha l’appoggio della squadra e della Federazione, ma molti lo vedono come un comprimario, non certo come un leader che possa guidare gli All Blacks fino ai Mondiali 2023 (cioè alla scadenza del suo contratto). E su di lui aleggia il fantasma di Scott Robertson, l’allenatore dei Crusaders e l’uomo che molti immaginavano come l’ovvio sostituto di Hansen dopo i Mondiali 2019.

Robertson è più giovane, è più carismatico, ha dominato l’Emisfero Sud con i suoi Crusaders per anni e ha una visione più moderna del rugby. Finita la stagione, come ogni anno, la Federazione neozelandese farà il punto della situazione e Ian Foster sarà al centro dell’attenzione. Le review di fine anno in casa All Blacks sono durissime anche al termine di una stagione esaltante, quindi è facilmente immaginabile come la tensione sarà altissima dopo due pesanti ko. In Patria scommettono sulla conferma di Foster (anche perché sarebbe il primo ct degli All Blacks esonerato nella storia), ma nessuno ci mette la mano sul fuoco.

Foto: LaPresse