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Ciclismo, allarme per gli incidenti stradali: 44 vittime in Italia nel 2021. Il bilancio drammatico e i dati
Nel primo trimestre del 2021, in Italia, sono decedute ben 44 persone mentre si trovavano in sella alle loro biciclette. Questo è il drammatico bilancio dell’Asaps (Associazione sostenitori e amici polizia stradale), presentato all’interno del suo “Osservatorio Ciclisti”. Ogni due giorni, in media, c’è purtroppo una vittima in strada e i numeri sono in crescita rispetto agli ultimi anni (37 nel 2019, 33 nel 2018, mancano ancora i dati del 2020). Nello specifico ci sono stati 13 decessi a marzo, 17 a febbraio, 14 a gennaio. Tra l’altro in questo trimestre c’erano diverse limitazioni alla circolazione a causa dell’emergenza sanitaria.
Si segnalano ben 11 casi in Emilia Romagna; 6 in Lombardia; 5 in Piemonte; 4 in Puglia; 3 a testa in Campania, Lazio, Abruzzo, Sicilia; 2 in Veneto e in Toscana; 1 nelle Marche e in Friuli Venezia Giulia. I veicoli che hanno investito i ciclisti tra gennaio e marzo sono soprattutto autovetture (29), poi 9 autocarri e un motociclo. 21 vittime avevano più di 60 anni, due i minorenni (uno aveva appena 14 anni).
Giordano Biserni, Presidente di Asaps, ha spiegato a Repubblica: “L’emergenza “coronavirus” e l’introduzione delle limitazioni alla mobilità non hanno avuto particolare effetti sui ciclisti, e anche per questa utenza debole permangono gravissimi comportamenti come quello della pirateria stradale. Da inizio anno sono ben 6 gli episodi con fuga degli autori del sinistro e con le vittime lasciate sul posto, ogni sette sinistri mortali con il coinvolgimento di ciclisti, l’autore fugge almeno in un caso“.
Repubblica ha chiesto un parere a Roberto Sgalla, attuale Presidente della Commissione nazionale sicurezza della Federazione Ciclistica Italiana: “Purtroppo un numero così alto di decessi nei primi tre mesi di ciclisti trova una sua spiegazione anche nello sviluppo della mobilità dolce: non dimentichiamo che in estate i negozi di bici hanno venduto tutto anche grazie agli incentivi. Ma se vogliamo puntare ad una vera mobilità dolce (vedasi le scelte di Parigi) e non creare timori e paure nei ciclisti con il rischio che ritornino all’uso dell’auto privata, dobbiamo creare le condizioni perché gli utenti si rispettino. E fare in modo che i conducenti delle auto la smettano di distrarsi alla guida, che le infrastrutture ciclabili specialmente quelle urbane siano ben costruite e non spezzoni che non si sa dove nascono e dove finiscono con parcheggi e segnaletica congrua. Infine è giunto il momento di rendere obbligatorio il casco“.
Foto: Lapresse
