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Ciclismo femminile, un movimento che il Covid-19 e la crisi economica rischiano di mettere in ginocchio

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L’UCI, il CPA, gli organizzatori degli eventi appartenenti al circuito UCI Women’s World Tour, e tutte le squadre femminili, si stanno unendo per risollevare, pezzo dopo pezzo, il movimento rosa delle due ruote. Non si sa ancora quando riprenderanno le corse, e a maggior ragione, c’è la necessità di darsi una mano a vicenda, unire le forze, e trovare delle soluzioni per superare, in qualche modo, la crisi legata alla pandemia da Coronavirus nella miglior maniera possibile, per salvare il salvabile di questo 2020.

Circa un terzo del calendario internazionale UCI rischia il rinvio o la cancellazione, e sa già è stato martoriato il settore maschile, figuriamoci che, ad oggi, le donne hanno portato a termine soltanto una delle ventidue prove del calendario Women’s World Tour, ossia la Cadel Evan Great Ocean Road Race. Teniamo poi conto del fatto che la prova italiana del Trofeo Binda di Cittiglio (Varese) è già stata posticipata al 2021; e che, al momento, l’inattività forzata è stata estesa almeno fino all’1 luglio, e per il calendario World Tour all’1 agosto. Al momento l’UCI e tutte le parti interessate, in accordo con i vari Paesi e le autorità sanitarie, vista la condizione di ogni Nazione, la possibilità di per disputare una corsa oppure no, e i vari spostamenti delle atlete, verranno prese mano a mano queste decisioni:

  • L’incontro di un gruppo di lavoro con la missione principale di proporre un nuovo calendario UCI Women’s WorldTour 2020, ristrutturato, in linea con i recenti impegni dell’UCI e delle parti interessate. Questo gruppo è composto da rappresentanti dell’UCI, dell’AIOCC, dell’UNIO, delle CPA Women e della Commissione atleti dell’UCI.
  • La revisione delle regole di partecipazione e del numero di corridori ammessi per squadra alle gare del calendario strada internazionale UCI 2020 femminile (comprese le gare del WorldTour).
  • L’attuazione dell’accordo quadro stipulato tra l’UCI e i rappresentanti dei corridori e le squadre. Questo accordo consente ai team che si trovano ad affrontare gravi difficoltà finanziarie nell’attuale contesto della pandemia di adottare le misure necessarie per la loro sopravvivenza preservando i diritti dei loro corridori e del personale. Questa misura era già stata introdotta per il ciclismo professionistico maschile.
  • I membri del gruppo di lavoro hanno concordato di incontrarsi regolarmente per seguire da vicino la situazione sanitaria mondiale e il suo impatto sul ciclismo professionistico su strada anche femminile e per adottare le misure appropriate nell’interesse del nostro sport. L’obiettivo del gruppo di lavoro, che terrà il suo primo incontro già questa settimana, è di annunciare entro il 15 maggio una nuova versione del calendario UCI Women’s WorldTour.

Ebbene sì, soltanto tra undici giorni si saprà, più o meno, come verrà revisionato il calendario femminile 2020 che, a differenza di quello maschile, in questo momento non ha neanche una piccola bozza certa, una piccola speranza per le sue atlete. Ad oggi gli uomini, salvo ulteriori problemi sanitari legati alla pandemia in corso, sono a conoscenza della rimodulazione della stagione in corso, mentre le colleghe donne no. Se già il ciclismo è uno sport in grave difficoltà, il settore femminile lo è ancora di più, come se fosse un Dio minore, come se fosse in secondo piano. E forse è proprio così. Una battaglia eterna per avere i medesimi diritti, e le medesima tutela dei colleghi uomini.

E se si mette di mezzo anche una crisi di questa entità, se si continua a viaggiare nell’incertezza, nonostante i tanti movimenti che si stanno mobilitando per tutelare le atlete, la situazione si fa ancor più seria. Quello che manca, e che ci auguriamo vivamente che si posa muovere il prima possibile, è la parità tra un settore e l’altro sotto ogni punto di vista; a maggior ragione adesso, con la problematica che stiamo affrontando. Sono stati sottovalutati i problemi che affliggono il ciclismo femminile, parlando soltanto delle crisi di quello maschile, che guida l’economia di questo sport. Ma se teniamo conto degli stipendi delle donne, delle risorse delle squadre, ci possiamo accorgere che i problemi sono ancora più gravi. Il Coronavirus è stato il definitivo grido di allarme di questo settore che ora più che mai ha bisogno di riposte certe, e celeri per salvarsi da una crisi senza precedenti.

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lisa.guadagnini@oasport.it

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Foto: Valerio Origo

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