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Giordano Bortolani, basket: “In Nazionale mi sono divertito. Interruzione? Non c’erano altre soluzioni. In A2 dovrebbero esserci meno squadre”

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Uno dei nomi italiani di maggior spicco nella stagione di Serie A2 che si è forzatamente conclusa anzitempo è stato senza dubbio quello di Giordano Bortolani. 19 anni, siciliano, ha assunto quest’anno il ruolo di guardia titolare a Biella, nel girone Ovest, dopo un percorso tra le giovanili dell’Olimpia Milano e Legnano. La chiamata di Meo Sacchetti lo ha portato in azzurro, dove si è regalato la tripla conclusiva di Italia-Russia, la prima gara delle qualificazioni agli Europei ormai del 2022. Lo abbiamo raggiunto per un’intervista in cui ci ha raccontato, tra le altre cose, la sua annata e l’approdo in Nazionale.

Com’è stato interrompere il campionato in questo modo?

“Doveva succedere, non c’erano altre soluzioni. È stato inaspettato, ma non c’erano alternative. Ovviamente non siamo stati gli unici, si è bloccato tutto”.

Per l’A2 si stava peraltro avvicinando la fine della stagione regolare e l’inizio della fase a orologio incrociata tra i due gironi.

“Sarebbe stata la parte più importante della stagione, ma ormai non si può fare più niente”.

In campionato Biella stava anche andando mediamente bene, era nel gruppo delle quinte.

“Eravamo partiti forte all’inizio, eravamo primi, poi siamo calati e scesi, e ci siamo ritrovati nella lotta per i playoff fino a quando il campionato è andato avanti seriamente. Ed era comunque molto combattuto”.

Come del resto lo è sempre l’A2, che è campionato in cui non ci si può fermare perché le squadre sono sempre pronte a dare l’assalto alla testa.

“Il nostro girone era molto equilibrato fin dall’inizio. Ci sono state molte partite combattute, come si è visto dalla classifica che era molto corta”.

E i valori si erano per certi versi ribaltati rispetto alla scorsa stagione: se Rieti aveva confermato la propria permanenza in zona playoff, Capo d’Orlando e Bergamo, lo scorso anno in alto, quest’anno erano nei bassifondi.

“Questo è vero, ed è anche il lato strano di questo campionato, perché le squadre si stravolgono sempre. Per questo è una stagione diversa da quella passata”.

Biella era una squadra che stava facendo, al di là del calo, buone cose con un roster giovane, che aveva in Lorenzo Saccaggi ed Eric Lombardi i perni di esperienza.

“Esattamente, ma alla fine sul campo conta la sintonia che c’è con i compagni e la nostra era più che buona. Poi se si gioca bene tutto passa in secondo piano”.

Tu fin dall’inizio eri riuscito ad avere un ruolo di primo piano, e non solo per le statistiche (15 punti di media).

“Ero partito molto bene, poi purtroppo sono andato in calando per tanti motivi, e alla fine il mio andamento è stato un po’ quello della squadra. Inizio decisamente buono, poi un periodo magari non buio, ma comunque di calo. Alla fine il basket è uno sport di squadra, poi se c’è un momento negativo lo accusano un po’ tutti. Però è stata una stagione positiva”.

A febbraio c’è stata la chiamata in Nazionale, con la ciliegina sulla torta della tripla.

“Bei momenti di sicuro, tutto fa esperienza, a maggior ragione quando le cose vanno bene. Mi sono trovato bene, mi sono divertito, che poi è la cosa più importante. Poi c’è stato pure il canestro, quindi…”

I compagni erano quasi tutti di A1, tranne Francesco Candussi che gioca nel girone Est e Matteo Spagnolo che gioca al Real Madrid. Come ti sei trovato nell’ambiente azzurro?

“È stato bello, perché alla fine eravamo in una settimana dove dovevamo preparare due partite e quindi si cerca sempre di star bene, tranquilli, non ci sono pressioni. Alla fine è stato anche un raduno, un momento anche di ritrovo dove ci siamo divertiti, quindi non ci son stati problemi o pressioni, visto che è stata una settimana”.

Come ti sei trovato con coach Meo Sacchetti?

“Bene. Anche se poi, come ripeto, l’esperienza è stata breve. Lui era un po’ il simbolo della tranquillità che c’era, ci faceva giocare e divertire”.

Il tuo percorso delle giovanili ha poi trovato uno sbocco verso Bernareggio in B.

“Lì ci sono arrivato perché c’era un progetto fatto nel momento in cui sono rimasto all’Olimpia Milano, lo facevano da anni nel portare i migliori Under 18 all’interno della squadra di B a Bernareggio. Infatti se uno va a vedere il roster di Bernareggio è fatto di ragazzi dell’Olimpia o che ci avevano giocato anni prima. Quindi è stato un progetto per far crescere i giovani con il doppio tesseramento”.

Poi sei andato a Legnano in una situazione strana: nei precedenti anni aveva fatto buone stagioni, con i playoff. Quell’anno sembrava di ricostruzione, con dei fari d’esperienza come Anthony Raffa e altri che avevano un vissuto diverso.

“Legnano ha segnato la mia prima vera stagione a livello professionistico, quindi è stata un po’ una cosa nuova, il primo anno fuori da Milano. È stata una stagione con tanti problemi, che però alla fine sono passati in secondo piano visto che l’obiettivo era quello di salvarsi, e sul campo è successo e quindi abbiamo centrato lo scopo che ci eravamo prefissati”.

In quella stagione l’inizio era stato veramente difficile, e alla fine fu trovata la giusta quadratura per fare due imprese ai playout che non molti pronosticavano.

“Siamo stati bravi a gestire la situazione. Sapevamo che ci aspettava la salvezza tramite i playout. Siamo stati bravi ad allenarci nel modo giusto, con i ritmi giusti, arrivando freschi per quel momento”.

Chi ricordi con maggior piacere di quella squadra?

“In realtà un po’ tutti, perché sul campo eravamo un bel gruppo. Fuori non c’è mai stata tanta possibilità, come quest’anno a Biella, di vederci, però ho legato con il capitano Federico Maiocco, con Michele Ferri, Davide Bozzetto, Sebastiano Bianchi, lo stesso Raffa, Gabriele Berra, con tanti. Praticamente tutti”.

Quanto è stato importante per te Giancarlo Sacco?

“Mi piacerebbe dire qualcosa di più perché purtroppo è stato veramente poco, un mese. Però lui sicuramente aveva una grandissima voglia di farmi giocare e di allenarmi, ancora più di quanta ne avessi io di essere allenato da lui (e non era poca), nel senso che lo voleva davvero. Poi purtroppo è stato un periodo brevissimo”.

Il tuo percorso con le Nazionali giovanili è stato breve.

“Sì, purtroppo ho fatto veramente poco, gli Europei Under 18. Non ho rimpianti in realtà, penso che l’importante sia giocare nel club. La prima vera esperienza in Nazionale che mi ha portato veramente qualcosa è stata quella di Napoli”.

Hai già avuto modo di pensare al futuro, al prossimo anno?

“No, ancora non ci ho pensato. Ora è presto. Ovviamente l’obiettivo che ho in testa è quello di fare un salto di qualità, poi dipenderà da cosa arriverà”.

Com’è stata vissuta dalla squadra l’interruzione, e cosa pensi del fatto che ci siano state delle discussioni prima di chiudere tutto?

“A livello sportivo non c’era modo di continuare. È anche ovvio che si tratta di un’emergenza che viviamo giorno per giorno e non sappiamo nemmeno come sarà tra una settimana, quindi ognuno dice la sua. Poi magari un modo per finire il campionato lo trovi sempre, però in questo caso fermarsi era d’obbligo perché non era giusto per i giocatori, che comunque sarebbero rimasti fermi a casa per un mese e mezzo. Alla fine è giusto così”.

Cosa pensi del fatto che abbiano spostato la Coppa Italia di A2 a settembre-ottobre, con il cambiamento dei roster relativo?

“La Coppa Italia a Biella ce la siamo guadagnata noi, l’anno prossimo invece non so la squadra come sarà. Non ne capisco molto il senso”.

Quali sono stati gli allenatori che ti hanno dato maggiormente l’impronta?

“Sicuramente Paolo Galbiati, però se devo dire la verità non dovrei parlare di un allenatore specifico, ma di tutto il sistema dell’Olimpia come educazione, attitudine. Anche i terzi allenatori sono stati utili, io non ho mai avuto rimpianti di esser stato allenato da qualcuno, perché non ci sono stati anni che ho buttato via o che sono stati inutili a livello di club. Di certo Galbiati è stato uno di quelli che mi ha allenato di più, quindi anche per questo sono più legato a lui”.

I giocatori con cui sei riuscito a trovarti meglio fino ad oggi?

“L’anno scorso a Legnano Ferri mi ha aiutato molto, mentre quest’anno a Biella non ce n’è stato uno che sia valso di meno. Son stato bene con tutti, bella squadra. Con le giovanili di Milano c’è stato poi anche qualcosa di più di essere compagni di squadra, amicizie e anche bei legami, gente che vedo ancora. In breve, sono contento per ora delle persone che ho incontrato e non ho mai avuto problemi con nessuno”.

Secondo te come dovrebbe essere riformata la Serie A2, non solo alla luce della situazione attuale?

“Penso che ci siano troppe squadre in A2. Il fatto di averne di meno sarebbe un’ottima idea, poi sono gli altri che devono decidere”.

La situazione, poi, fino a due stagioni fa, era difficile anche da comprendere: 32 squadre, una sola promozione. C’erano poche squadre che costruivano per la promozione e altre che, in certa misura, si accontentavano.

“Infatti più squadre ci sono e più squilibrato rischia di essere il campionato, perché ci sono budget diversi con ambizioni diverse. Se il campionato fosse più compatto, con un unico girone, ci sarebbe più competitività, tutte le squadre magari potrebbero davvero puntare allo stesso obiettivo”.

Quali sono i giocatori che ti ispirano di più?

“I miei due preferiti sono Kobe Bryant e Allen Iverson. Poi mi piace vedere il basket in quanto tale, però loro sono stati i miti. Quando è morto Kobe è stata una cosa terribile. Quello che rimane a noi è il suo gioco, quello che possiamo ancora guardare”.

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Credit: Ciamillo

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