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Rugby, l’età dell’oro azzurra (in termini mediatici) è alle spalle. Disillusione e calo di pubblico: pesano le sconfitte seriali

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Tre anni senza una vittoria al 6 Nazioni, l’ultima volta che gli azzurri hanno conquistato due successi nel Torneo continentale è nel lontano 2013. E l’entusiasmo dei tifosi e la curiosità attorno al rugby azzurro ha raggiunto il suo apice ben 12 anni fa, nel 2007, quando arrivarono per la prima volta due successi. Da allora, però, la bolla mediatica è andata lentamente spegnendosi.

Diamo un po’ di numeri. Nel 2007 la sfida con l’Inghilterra sfiorava il milione di spettatori, che diventano addirittura 1,7 milioni due anni dopo, nel novembre 2009, quando a San Siro sbarcarono gli All Blacks, il momento più alto dell’interesse per la palla ovale italiana. Poi, però, il 6 Nazioni passa su Sky, perde il pubblico generalista, e si attesta su circa 300mila spettatori.

Nel 2014 si torna in chiaro, su Dmax, ma i numeri non tornano a essere quelli tra il 2007 e il 2009. Nel 2018, per esempio, Italia-Inghilterra ha raggiunto i 446mila spettatori, cioè meno della metà della stessa partita nell’edizione 2007. E anche all’Olimpico non va meglio, con lo stadio romano che nelle ultime edizioni fatica a fare il tutto esaurito, anzi, mentre si torna a vedere molto più pubblico ospite rispetto a quello italiano. E dopo l’exploit di San Siro, organizzato da Rcs, la Federazione decise di organizzare da sola i test match di novembre, con il risultato che la Rosea ha decimato lo spazio a disposizione.

Perché questo tracollo? In primo luogo, ovviamente, c’è un problema di risultati. In Italia gli sport cosiddetti minori vivono momenti di boom mediatico in concomitanza con l’arrivo di grandi campioni (vedi Alberto Tomba con lo sci) o di squadre vincenti (vedi la pallavolo di Julio Velasco). E il rugby non vince da troppo tempo e, se lo fa, sono risultati sporadici, seguiti da nuovi tonfi (vedi la vittoria con il Sudafrica nel 2016 seguita dal brutto ko con le Tonga una settimana dopo). Poi, va detto, il boom mediatico ovale era stato dopato.

Arrivava, infatti, dopo lo scandalo del calcio nel 2006 e oltre alle vittorie ottenute nel 6 Nazioni aveva avuto una grande presa sul pubblico l’idea dello sport pulito, dei valori, quello del terzo tempo. Uno storytelling che si è riproposto anno dopo anno, diventando però oggi stantio. Così il rugby è lentamente scomparso dai giornali generalisti, fatica a trovare spazio anche sui quotidiani sportivi e in tv non va oltre alla nazionale. Dove, comunque, si è faticato anche a trovare un broadcaster per i Mondiali che si stanno disputando in Giappone (la Rai ha firmato all’ultimo e solo per una manciata di partite) e non si sa cosa succederà quando finirà il contratto che lega Dmax al 6 Nazioni.

E, a proposito di Mondiali, in Giappone i giornalisti italiani al seguito del torneo si contavano praticamente sulle dita di una mano. Certo, il Giappone non è dietro l’angolo e gli orari delle partite non hanno facilitato l’interesse, ma solo nel 2011 in Nuova Zelanda, le distanze non differiscono granché, i giornalisti accreditati erano una ventina almeno. Ma gli editori non sono più interessati a pagare per avere sul posto un giornalista se, poi, non c’è interesse. E, così, il rugby si allontana sempre di più dai media.

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Foto: Alfio Guarise- LPS

1 Commento

1 Commento

  1. Fabio90

    24 Ottobre 2019 at 10:05

    Non sono del tutto d’accordo, premesso sia normale che i risultati incidano sul seguito dell’atleta o Sport in questione, ma che non debba essere l’elemento predominante, perchè lo Sport viene prima del campione; devo sottolineare come su Sky ci sia il campionato neozelandese e forse anche un altro il cui nome non ricordo, e su Dazn vi è il campionato in cui gareggiano anche le due squadre italiane, oltre ovviamente al 6 nazioni che troverà sempre spazio in tv, non mi pare ci sia poco interesse, anzi.
    Nel caso specifico del Mondiale,purtroppo acquisito dagli incapaci della Rai, credo che il sorteggio avesse delineato palesemente un Mondiale senza pepe per l’Italia e dunque ognuno avrà fatto i suoi conti aziendali,ma alla fine un Mondiale di Rugby troverà sempre spazio in tv.

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