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Rugby, il problema degli equiparati. Non sempre l’Italia ‘seleziona’ stranieri all’altezza dei palcoscenici internazionali

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Viviamo in un mondo sempre più globale e, così, da anni le Nazionali di molti Paesi hanno iniziato a riempirsi di giocatori con cognomi non proprio tipici. In molti casi questo è dovuto al flusso migratorio, si tratta dei figli di chi è emigrato in quel Paese e che sono ormai cittadini a pieno titolo. A volte, però, questi giocatori sono veri e propri “stranieri”, cioè sono sportivi arrivati sono in età adulta nel Paese che ora rappresentano a livello di Nazionale. Sono i cosiddetti equiparati, cioè stranieri che per matrimonio o per residenza possono vestire la maglia della loro “nuova” nazione.

Nel rugby l’utilizzo degli equiparati è assai diffuso, anche se spesso a prima vista si confondono questi ultimi con gli oriundi, cioè rugbisti i cui genitori sono originari del Paese che rappresentano. Per fare alcuni tra gli esempi più noti, oriundi sono Sergio ParisseMartin CastrogiovanniJake Polledri. A volte, però, se è la madre di origine italiana le due cose si confondono, così nel recente passato erano oriundi, e non equiparati, Luke McLean, Craig Gower e Ramiro Pez. Anche l’Italia ha avuto i suoi equiparati, cioè stranieri veri e propri che hanno rappresentato i colori azzurri. E non sempre le scelte sono state, diciamo, azzeccate.

Se nessuno, oggi, può contestare le prestazioni di Braam Steyn con la maglia azzurra in Giappone, diversa è stata l’esperienza della meteora Kelly Haimona, mediano d’apertura neozelandese gettato in azzurro dopo una carriera non proprio da stella. Arrivato in Italia in Serie A (la serie cadetta) con i Lyons Piacenza, è passato al Calvisano e, da lì, eccolo in Nazionale e alle Zebre. 11 presenze passate per lo più inosservate. Percorso simile, cioè Calvisano e Zebre, per la terza linea Jimmy Tuivaiti, approdato in Nazionale nonostante le tante alternative nel suo ruolo. Per lui un paio di caps, la convocazione per i raduni in vista di Giappone 2019, poi il ritorno a Parma.

Non hanno certo cambiato le sorti dell’Italia neppure giocatori come Samuela Vunisa, Jaco Erasmus o Tobie Botes, discreto mediano di mischia, ma certo non un giocatore che poteva risolvere l’annoso problema della mediana azzurra. Nella storia dell’Italrugby gli equiparati non sono stati tantissimi, tra loro spiccano Scott Palmer, Rima Wakarua, Paul Griffen, Roland De Marigny, Kaine Robertson, Manoa Vosawai, Quintin Geldenhuys, Cornelius Van Zyl o Dries Van Schalkwyk. Quanti di loro hanno realmente fatto la differenza, sono diventate colonne portanti della Nazionale e sono stati un vero guadagno per il movimento?

Si possono quasi contare sulle dita delle mani. Paul Griffen, senza dubbio, Kaine RobertsonQuintin Geldenhuys. Cioè giocatori che hanno avuto anche una lunga carriera in azzurro. Gli altri? Meteore o poco più, incapaci di far fare il salto di qualità alla Nazionale. Insomma, l’Italia fatica a formare i propri campioni, ma non sempre fa le scelte migliori anche quando si parla di pescarli già formati.

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Foto: Luigi Mariani LPS

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