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Wimbledon 2019: la testa, la determinazione e la freddezza di Novak Djokovic hanno prevalso sul talento di Roger Federer

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Inevitabile avere ancora negli occhi la bellissima finale del singolare maschile di Wimbledon 2019 tra Novak Djokovic e Roger Federer, durata 4 ore e 57 minuti, la più lunga nella storia del torneo. Al termine di questa partita romanzesca Djokovic ha alzato per la quinta volta il trofeo più prestigioso del mondo del tennis annullando due match point che probabilmente Roger Federer si sognerà di notte per tutta la vita.

Prima cosa da sottolineare: nessuno aveva mai vinto il singolare maschile dei Championships annullando match point in una finale dell’Era Open, cioè dal 1968 in avanti. Poi, il serbo si porta a quota 16 Slam vinti, due in meno di Rafael Nadal e quattro meno dello stesso Federer, e a cinque Wimbledon, eguagliando nientemeno che Bjorn Borg, che inanellò un pokerissimo consecutivo tra il 1976 e il 1980, ma Nole li ha totalizzati in otto anni, 2011, 2014 e 2015 (entrambe le volte ancora con Federer), 2018 e 2019, centrando quindi la seconda doppietta. Inoltre, il 32enne di Belgrado ha un record al quinto set spaventoso sui prati londinesi: nove partite vinte e una sola persa, negli ottavi del 2006 contro il croato Mario Ancic, mentre con Federer da oggi è a quota 4-0 al quinto set, 10-6 negli Slam e 26-22 nei precedenti totali.

Due particolari note di merito per Nole: ha giocato tutto il match col pubblico che, non diciamo che lo osteggiasse (a Parigi e a New York è già successo e succederà ancora), ma che tifava apertamente per Federer, quindi giocava fuori casa, come del resto gli accade su tutti campi del mondo quando affronta lo svizzero, così come gli capita quando deve affrontare Nadal, e lui questa popolarità minore rispetto agli altri due big three la soffre moltissimo, ma oggi è riuscito a farsela scivolare addosso senza conseguenze e senza comportamenti irrispettosi, tranne una racchettata al seggiolone dell’arbitro nelle fasi finali del match che gli è costata un warning.

L’altra nota di merito è che, grazie al suo storico coach Marjan Vajda, tornato suo capoallenatore dall’anno scorso dopo essere passato in secondo piano rispetto a personaggi molto carismatici ma ben più improbabili come coach come Boris Becker, che si è preso tutti i meriti dei trionfi di Nole nel 2014 e nel 2015, e Andre Agassi, Djokovic è tornato ai vertici del tennis mondiale, tanto da vincere quattro degli ultimi cinque Slam, dopo i problemi e l’operazione al gomito che gli avevano fatto saltare tutta la seconda parte del 2017 e i primi mesi del 2018, tanto da aver pensato addirittura al ritiro.

Per finire, guardando la finale di oggi, le statistiche sono tutte o quasi a favore di Federer: 25 ace a 10, 6 doppi falli a 9, 218 punti vinti a 204, 94 vincenti a 54, la percentuale delle prime di servizio in campo e i punti vinti sia con la prima che con la seconda, 51 punti a rete vinti a 24. E allora perché ha vinto Djokovic? L’unica statistica favorevole al serbo è quella degli errori gratuiti, 52 contro 62, e una spiegazione sta sia in questo sia nel fatto che Nole ha giocato sempre al meglio i punti che contavano, a differenza di Roger, che sull’8-7 40-15 del quinto set ha commesso tre errori sui successivi quattro punti e sul secondo match point il suo avversario lo ha infilato con un passante di dritto.

Insomma, più del fisico, visto che entrambi hanno dimostrato, se ce n’era ancora bisogno, di essere degli atleti straordinari, ha fatto la differenza la testa e la freddezza nei momenti decisivi, che hanno ancora una volta premiato Djokovic, mentre Federer ha dovuto giocare una partita quasi sempre oltre i suoi limiti in cui ha evidenziato tutto l’enorme talento di cui dispone, ma ha speso un’enorme quantità di energie mentali e, come quasi sempre gli è capitato in un quinto set lottato, nei momenti decisivi è mancato all’appuntamento con il successo.

 

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Foto: LaPresse

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