Nuoto
Nuoto, Mondiali 2019. Italia: analisi di un trionfo. Progetti e avanguardia tecnica per crescere ancora in vista di Tokyo 2020
Un trionfo. Non c’è definizione migliore da legare al bilancio dell’Italia del nuoto in piscina ai Mondiali di Gwangju. La migliore spedizione di sempre, per medaglie conquistate, per finali ottenute, per risultati cronometrici e piazzamenti. Un tesoro di cui lo sport Italiano deve andare orgoglioso perché frutto di una crescita costante, generalizzata e non di exploit di pochi atleti ma di risultati dell’intero movimento, con tante luci e poche ombre che andranno analizzate e sulle quali si dovrà lavorare per un futuro ancora più radioso.
E’ vero, gran parte delle medaglie d’oro arriva dai fuoriclasse (Paltrinieri e Pellegrini) ma il ricambio generazionale sta funzionando alla grande. Se tre anni fa chi seguiva il nuoto guardava spaesato un futuro senza i punti di riferimento che hanno accompagnato l’Italia, in particolare senza Federica Pellegrini, vera icona del nuoto azzurro nel mondo, ora l’Italnuoto sembra pronta a raccogliere il testimone e ad essere protagonista anche quando (dopo Tokyo?) la Divina lascerà l’attività agonistica.
Per quantità e qualità di medaglie conquistate, questa è stata la migliore edizione di sempre dei Mondiali per l’Italia ma a dare l’idea di cosa sia diventata la squadra azzurra ci sono anche i 23 posti finale conquistati (sette in più rispetto alla migliore edizione di sempre fino a dieci giorni fa, Melbourne 2007), ci sono i piazzamenti, tanti, ai piedi del podio di nuovi protagonisti del panorama nazionale, c’è una Simona Quadarella che, a 20 anni, entra di diritto nell’elite mondiale del mezzofondo, c’è un panorama di raniste da podio iridato, c’è un movimento floridissimo di mezzofondisti al maschile, composto non solo dai Gemelli Diversi Detti e Paltrinieri, destinati a divertirsi e a divertire ancora per tanti anni, ma anche da una splendido gruppo di specialisti dei 200 che ha fatto sognare, da Di Tullio e Acerenza che alla corte di Stefano Morini sono cresciuti esponenzialmente fino a toccare vertici mondiali insperati, ci sono due farfalliste coi fiocchi e due ranisti da finale, oltre ad un giovanissimo come Burdisso che è già nell’elite dei 200 a 18 anni.
Insomma, quasi tutte le caselle sono coperte e su quelle vuote (velocità femminile e misti in particolare) o giù di lì andrà fatto qualche ragionamento perché l’Italnuoto, con questi risultati, ha dimostrato di aver creato un modello, migliorabile certo, ma che sta dando frutti insperati, dato che era emerso già un anno fa a Glasgow. I campioni arrivano da ogni angolo dell’Italia e coordinare atleti che si allenano a Torino e a Taranto contemporaneamente non deve essere affatto facile. C’è voluto tempo per capire come agire, quali interventi servivano e quali non servivano da parte dello staff della Nazionale azzurra capitanato da Cesare Butini, quali erano i criteri giusti di selezione ma oggi si può dire che il progetto Italia sta dando i frutti sperati.
A dare un’idea di cosa possa significare programmazione basta prendere l’esempio della 4×200 stile libero: quattro anni fa l’Italia era ai margini del mondo di questa che è una specialità tradizionalmente favorevole ai colori azzurri. Si è progettato, costruito, si sono scelti atleti e tecnici giusti per far crescere un gruppo, ci sono stati interscambi, interventi tecnici e alla fine è nata una squadra da corsa che se la gioca alla pari con i più forti.
I Centri Federali sono il fulcro di questo progetto (da Verona e da Ostia arrivano i risultati più importanti) ma non solo: si lavora bene quasi ovunque perché c’è interscambio di informazioni tra gli allenatori e chi resta al margine di questo meccanismo alla fine raccoglie meno di quanto vale: senza fare nomi e cognomi, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Non importa dove ci si allena, l’importante è farlo con chi ha un rapporto diretto con i vertici tecnici federali e sia pronto a seguire le linee guida e ad accettare critiche e consigli da chi vince e convince. I risultati non possono essere che questi quando in tre punti diversi dell’Italia lavorano tecnici del valore riconosciuto a livello mondiale come Stefano Morini, Matteo Giunta e Christian Minotti, si aggiungono altri allenatori che hanno dimostrato di saper lavorare molto bene, a testa bassa senza troppi proclami, come Gianni Leoni, Cesare Casella, Simone Palombi, Vito D’Onghia, Antonio Satta, Paolo Palchetti, Fabrizio Bastelli, Mirko Nozzolillo, tanto per fare qualche nome (non ce ne voglia chi abbiamo tralasciato, sono davvero tanti).
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