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Nuoto, Mondiali 2019: Fabio Scozzoli e la fame di un ragazzino. Classe ed esperienza per tentare l’ennesimo colpaccio

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Siamo ancora qua, eh già” parole e musica di Vasco Rossi nell’interpretazione di Fabio Scozzoli che, a otto anni dal suo dirompente debutto in una competizione iridata a Shanghai 2011 con la doppia medaglia d’argento nei 50 e 100 rana, torna in Estremo Oriente per lanciare un segnale in vista di Tokyo 2020. Il ranista romagnolo, da quel 2011, ne ha passate di tutti i colori: dalla delusione olimpica, a quella mondiale di Barcellona (quinto posto per due centesimi), all’infortunio, al difficile percorso di risalita che premia uno su mille.

Fabio Scozzoli, ora si può dire, è quell’uno, capace di stabilire i suoi primati personali di una carriera tutt’altro che da comprimario, a 30 anni sui 50 e a quasi 31, poco più di un mese fa, nei 100 rana. Un’impresa non da poco se si pensa che in tanti lo avevano già bollato come “finito” dopo l’infortunio e l’infausta scelta di ripartire dall’Austria. Nella “sua” Imola Fabio Scozzoli si è ricostruito a livello personale e sportivo e ora vuole giocarsi fino in fondo la chance di disputare un’altra finale olimpica dopo quella di Londra 2012 che lo vide chiudere al settimo posto quando tutti, lui per primo, si interrogavano sul colore della medaglia e sul gradino del podio da salire.

Il fuoco sacro olimpico ha spinto Scozzoli a ripartire quasi da zero per arrivare dove non era mai arrivato prima e l’impressione è che il ranista azzurro non voglia fermarsi qui. A Gwangju l’obiettivo principale è ripetere l’exploit di Budapest 2017 quando riuscì fra lo stupore generale a guadagnarsi un posto in finale nei 50 rana. Quest’anno l’obiettivo si allunga perchè il lavoro svolto negli ultimi mesi da Scozzoli assieme al suo allenatore Casella è rivolto soprattutto ai 100, distanza olimpica. Il percorso dell’esperto ranista romagnolo è in questa fase un “work in progress”: non più così performante come nelle ultime stagioni sui 50, non ancora perfetto, nella distribuzione dello sforzo, nella capacità di recupero sui 100. Ecco, la sfida di Gwangju sta proprio qui: riuscire ad essere protagonista nonostante questa sia per lui una tappa di passaggio verso il bersaglio, non si sa quanto, finale di una carriera straordinaria.

La “sfortuna” di Scozzoli è quella di gareggiare in una specialità che negli ultimi due anni ha visto un miglioramento medio generale enorme. L’arrivo del fenomeno Peaty, la sua nuotata mix di ritmo e potenza, ha portato tutti gli specialisti da ogni parte del mondo, tecnici, assistenti, a uno studio accurato di come il britannico riuscisse ad essere così efficace e veloce e la scienza applicata all’acqua su atleti di buon livello ha portato ad un innalzamento generale del livello, per cui a Gwangju per centrare le semifinali potrebbe servire addirittura mezzo secondo meno nei 100 rana di quanto servì due anni fa a Budapest e per le medaglie non si potrà andare sopra al 58″7, con un altro mezzo secondo di range rispetto alla scorsa edizione della rassegna iridata. Questo Scozzoli lo sa bene e sta lavorando per arrivare da quelle parti. E’ ancora qua e vuole restarci ancora a lungo.

 

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Foto: Diego Gasperoni

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