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Calcio femminile, Mondiali 2019: l’Italia conquista i quarti di finale e il pubblico. Tutti sul carro delle vincitrici

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La Nazionale italiana di calcio femminile fa la storia. A Montpellier (Francia) si è assistito a qualcosa di mai visto. Due anni fa, di questi tempi, ci si leccava le ferite per un Europeo con tante criticità ed ora si è tra le prime otto squadre del mondo. Le protagoniste di questa impresa sono diverse e tutte con la loro importanza.

In primis, giusto partire dal CT Milena Bertolini, riferimento di questa compagine, che con le sue scelte ha saputo costruire un gruppo solido, tornando a disputare dopo 20 anni di assenza i Mondiali ed ottenendo per la prima volta nella nostra storia un successo nella fase ad eliminazione diretta. Non esistono formule magiche ma solo tanto lavoro. L’allenatrice ha saputo trasmettere sicurezza e consapevolezza alle calciatrici, desiderose di dimostrare anche ai più scettici che il movimento delle donne è degno di considerazione e non di ghettizzazione.

La vetrina iridata ha permesso e sta permettendo alle azzurre di mettersi in evidenza: Sara Gama e Elena Linari stanno facendo vedere qualità e leadership in difesa; Manuela Giugliano tratta il pallone con creatività; Valentina Giacinti corre e aggredisce l’area da vero Bomber di razza e “Iaia” Galli ha un calcio da fuori da stropicciarsi gli occhi. Sono queste le icone del successo di ieri contro la Cina, che ha permesso all’Italia di qualificarsi al prossimo turno, dove ad attenderla ci saranno le campionesse d’Europa in carica dell’Olanda (29 giugno).

Festa grande quindi e italiani che iniziano ad appassionarsi sempre di più ad una squadra che fino a pochi giorni fa neanche conoscevano. La forza dei risultati sta trascinando il pubblico e la speranza è quella che vi sia una sorta di fidelizzazione affinché la doppia partita che le atlete stanno affrontando abbia riscontri positivi. Non si parla, infatti, solo di campo ma anche di pari diritti. Chiedere il professionismo è uno dei temi. La contrarietà si origina dalla legge 91 del 23 maggio 1981 all’articolo 2 che stabilisce che: “Sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso, con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal Coni e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal Coni per la distinzioni dell’attività dilettantistica da quella professionistica“. 

Al momento le ragazze del Bel Paese non godono di uno status professionistico e sarebbe un loro diritto. Nella maggior parte dei casi, in Italia, una calciatrice deve per forza avere un secondo lavoro e quindi non può concentrarsi al meglio delle proprie possibilità sul suo miglioramento tecnico, non potendo guardare in prospettiva ad un futuro migliore. Ecco che l’effetto “tutti sul carro dei vincitori” potrebbe essere un traino positivo proprio per dare un’accelerata decisa, a livello federale e politico, rispetto ad un tema così delicato. In buona sostanza, tutto può essere utile per la diffusione di questa pratica in maniera tale che le future generazioni, piuttosto che avere come idoli Alessandro Del Piero o Francesco Totti, possano ispirarsi a Cristiana Girelli o a Barbara Bonansea.

 

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Foto: LaPresse

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