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Ciclismo, tra dubbi, spettri e paure. Il caso Froome scuote un mondo che, a fatica, era ripartito dagli scandali del passato

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Assunzione volontaria, involontaria, concentrazione nelle urine, microgrammi, effetti anabolizzanti, cura per l’asma. Tante parole che nell’ultima settima settimana sono state associate al mondo del ciclismo: i valori anomali riscontrati in un test antidoping di Chris Froome, assieme a Sagan il corridore più forte e rappresentativo al mondo, hanno scosso l’intero mondo del ciclismo, che pensava, o sperava, di aver lasciato certi discorsi alle spalle e invece si ritrova tutto d’un tratto stordito da un colpo durissimo.

È Chris Froome il nuovo mostro? Innanzitutto, quella del britannico non si tratta di una “violazione delle regole antidoping”, e infatti non è stato sospeso dall’Uci, l’unione ciclistica internazionale. Al momento si parla solo di “valori anomali”: la squadra e il corridore hanno diritto di dimostrare che nonostante i valori elevati non c’è stata una violazione del regolamento antidoping. Fino ad allora, è difficile prendere una posizione, in quanto nessuno meglio di un tribunale competente può fare luce su quanto avvenuto in un unico controllo alla Vuelta a España. Per ora, sarebbe probabilmente meglio non eccedere con i giudizi affrettati e attendere il verdetto, che in ogni caso si annuncia, anche in caso di squalifica, piuttosto soft: 6-9 mesi, difficilmente di più.

Non c’è dubbio, però, che la questione sia spinosa, soprattutto dal punto di vista dell’immagine di uno sport che stava provando a ripartire dopo che una parte della sua storia è stata cancellata, con 7 Tour de France consecutivi che non sono stati assegnati dopo l’ammissione di Lance Armstrong di essersi dopato durante la sua carriera. Stiamo parlando della stessa cosa? No. Si tratta di Salbutamolo, non di Epo, ormone della crescita, trasfusioni e via dicendo. Ora come ora, il doping è più sottile, come dimostrano anche prestazioni inferiori a quelle di alcuni anni fa nonostante nonostante mezzi meccanici, metodi di allenamento e conoscenze scientifiche sempre migliori per portare un atleta a dare il massimo quando è in corsa. Il caso Salbutamolo potrebbe essere solo la punta di un icebrg sommerso su cui però è difficile fare luce, e di certo non è compito nostro.

Il messaggio che possiamo provare a dare, però, è il seguente: niente isterie, niente caccia alle streghe, niente leoni da tastiera via social del “ah ma io lo sapevo. Niente accanimento, ingiustificato quantomeno fino ad una sentenza definitiva, che potrebbe risolversi con un’assoluzione o una condanna per negligenza, senza il dolo di aver superato le quantità stabilite dal regolamento antidoping. Come dichiarato dal CT della nazionale italiana Davide Cassani, questo caso non deve per forza favorire l’associazione tra ciclismo e doping e anzi, è la dimostrazione che qualsiasi irregolarità viene alla luce grazie ai tanti controlli cui i corridori si sottopongono durante l’anno.





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Foto: © Unipublic/Photogomez Sport

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