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Tennis, Gianluigi Quinzi: “Pressione e aspettative mi hanno fregato. Sono sulla strada giusta. Più cattiveria come ai videogiochi”

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Gianluigi Quinzi è stato eliminato dalle Next Gen ATP Finals che si stanno disputando a Milano ma il tennista italiana si è ben espresso nei due incontri giocati, un paio di fiammate che sembrano averci restituito il piccolo fenomeno elogiato qualche anno fa e poi purtroppo sparito dai vertici del movimento internazionale. Il marchigiano, che nel 2013 vinse Wimbledon juniores, sembra essere tornato e ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport.

La pressione e le aspettative mi hanno fregato. Ero diventato quello che doveva vincere tutto, che tirava il dritto con lo stesso movimento di Nadal e non ho saputo gestirlo. Per carattere, se le cose non vanno, tendo a tirarmi indietro“.

In quattro anni ha cambiato 11 allenatori e questo potrebbe essere proprio dovuto alle difficoltà spiegate: “In parte sì. Alcune volte non mi sono proprio preso con il coach, altre volte loro si sono presentati male, altre volte è stata anche colpa mia che ho deciso troppo in fretta. I cambiamenti un po’ mi spaventano e se non portano risultati mi fanno perdere fiducia“. Ora si allena a Foligno con Goretti: “E’ l’ambiente ideale, idee chiare e tanto lavoro. Soprattutto nel gruppo non c’è invidia e allenarsi ogni giorno con Fabbiano e Travaglia è uno stimolo, perché sono giocatori di livello. Da junior spesso mi è mancato il confronto, nelle Accademie sei tu il più forte e non hai il metro di paragone“.

La partita persa con Rublev al quinto set ha dimostrato un Quinzi che può competere ad alti livelli: “So di essere sulla strada giusta, però lo ammetto: con Rublev non pesavo di vincere. In realtà non pensavo di vincere con nessuno, perciò mi sono detto “Gian, fai la tua partita”. Non è un problema tecnico, non mi sento inferiore agli altri 7, ma come intensità di gioco e resistenza atletica sono ancora lontano. Ma questo torneo può essere una svolta. Nei punti importanti io faccio ancora cavolate e loro no“.

Il 21enne ragiona anche in prospettiva: “Voglio solo migliorare. Se fai le cose giuste, alla fine vinci le partite. O comunque non hai rimpianti. Certo, io ho imparato anche ad accettare le sconfitte, dovrebbe farlo anche l’ambiente dello sport: non è che se perdi sei scarso per forza, magari hai solo bisogno di tempo. Mi pongo degli obiettivi realisti. Sarebbe importante, ad esempio, arrivare in fretta nella top 200 perché con quella classifica puoi pensare a una programmazione diversa. E non mi pesa di immaginare di raggiungere il livello che voglio a 27-28 anni, ci sono tanti esempi di giocatori maturati tardi“.

E sul futuro è abbastanza chiaro: “Mettere nel tennis la stessa cattiveria che ho nelle sfide di videogame di guerra contro mio fratello“.





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