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Basket, NBA: anello o fallimento. L’obbligo e la paura dei nuovi Golden State Warriors

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Steph Curry, Kevin Durant, Klay Thompson, Draymond Green. Un quartetto che probabilmente neanche nei videogiochi si riesce a mettere insieme, ma è quello che invece faranno in questa stagione i Golden State Warriors. Una delle più incredibili e “pazze” free agency degli ultimi anni in NBA ha portato in dote ai vice campioni in carica l’ex stella degli Oklahoma City Thunder. Una possibilità nata grazie agli stipendi ancora non altissimi dei giocatori degli Warriors e alla volontà di KD di cambiare squadra per provare a vincere quell’anello che finora gli è sempre sfuggito.

Warriors costruiti dunque per vincere, per dominare, per conquistare il secondo titolo in tre anni. Una formazione semplicemente stellare con due dei giocatori più forti degli ultimi dieci anni e probabilmente anche tra i più forti di sempre. Adesso il compito più difficile è quello di Steve Kerr, perchè dovrà unire le caratteristiche di Curry a quelle di Durant, ma nello stesso tempo non si potrà dimenticare anche di Thompson e dello stesso Green.

Partire con l’obbligo di vincere per forza è sicuramente una pressione che Golden State ha messo in chiaro fin dal momento della firma di Durant. La scelta del 27enne di Washington è sicuramente discutibile, perchè c’è la forte probabilità che lui sia solo il secondo violino di una squadra che un proprio leader lo ha già ed è Steph Curry. KD non riuscirà mai a superare Steph in questo ruolo e anche se dovesse vincere quel fatidico anello verrebbe quasi sempre dipinta come una vittoria non propriamente sua, ma per merito di altri.

Proprio la convivenza tra tutte queste stelle è la vera incognita della stagione dei Warriors: i quattro citati sopra sono giocatori che amano avere tanto il pallone in mano, sono grandi accentratori e spesso finiscono per giocare in isolamento (ovviamente Green meno di tutti). La palla alla fine è comunque una sola e Kerr dovrà assolutamente trovare alternative valide al gioco di Golden State, anche perché Durant porterà sicuramente delle variabili diverse in attacco rispetto al partente Harrison Barnes.

Tanti leader nello stesso spogliatoio forse non aiutano e l’ingresso di KD potrebbe anche scombinare un assetto costruito in maniera dettagliata negli ultimi due anni. Curry numero uno e Durant numero due, ma dalle parole di Klay Thompson, rilasciate poco prima dell’inizio delle Olimpiadi, lui non è certo quello che vuole sacrificare dello spazio in favore del nuovo arrivato: Mi sembra una mancanza di rispetto sentir parlare di “sacrificio, è qualcosa che non concepisco nella nuova squadra. Il nostro obiettivo è quello di vincere e l’anno prossimo vogliamo tornare campioni, non snatureremo il nostro gioco, non sarebbe giusto. La nostra forza è anche quella di poter decidere la partita con giocate singole, questo non cambierà. Sono pronto a dare il mio contributo come ho sempre fatto”.

Golden State super favorita per vincere l’anello? La risposta è sicuramente si, ma dall’essere campioni nei pronostici ad esserlo sul campo c’è ancora molta strada, anche perché c’è sempre una certa Cleveland e un LeBron James che vogliono bissare il titolo dello scorso anno. Inoltre James potrebbe nutrire ancora maggiori stimoli dalla presenza della coppia Curry/Durant tra le fila della loro principale rivale e la sensazione è quella che si possa ripetere per il terzo anno consecutivo la stessa finale.

Mettere insieme, però, tanti campioni ha aiutato a vincere, ma non sempre tutto ha funzionato alla perfezione. Gli stessi Miami Heat di James, Wade e Bosh hanno dovuto aspettare un anno per vincere il loro primo titolo, ma non hanno mai dominato come forse avrebbero dovuto fare. A Boston il trio Pierce/Allen/Garnett ha regalato un solo anello, i Lakers di Bryant, Nash e Howard sono miseramente naufragati. 

Tutti contro Golden State, questo il film della stagione. Una trama, però, che è già iniziata e che ha cominciato la sua esposizione già nei mesi estivi, dove le critiche a Durant o i dubbi sugli Warriors non sono mancati. “Non avrei mai potuto giocare nei Lakers con Magic” dichiara Larry Bird. “Kevin ha fatto una scelta che non condivido. Ha lasciato una squadra come Okc per andare in una più forte pesando che così sarà più facile vincere, ma non è detto che funzionerà”, sostiene Danilo Gallinari.

Golden State ha comunque tutto da perdere. La vittoria sarebbe solo la normale conseguenza di una squadra quasi irreale, ma il rischio più grande è quello di creare il più grande fallimento della storia della pallacanestro americana.

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